Totò, il Maestro


La scuola napoletana nel corso dei secoli ha annoverato tra le sue fila grandi pensatori, figure eccelse della musica classica, teatrale ed ermetica, come il musicista Domenico Cimarosa, come i filosofi Della Porta, Campanella e Giordano Bruno, pittori come il Caravaggio, grandi scienziati come Raimondo de Sangro, fino ai giorni nostri con lo scrittore e giornalista Ciro Formisano, il famoso Kremmerz, Matilde Serao, Eduardo Scarpetta, gli scrittori Antonio e Nicola Ariano, Eduardo Nappa.
Non si può però tralasciare una figura cara a tutti i napoletani, una persona che ha scritto un libro ricco di insegnamenti, pieno di umiltà, un uomo religiosissimo che adorava tutte le creature viventi, umane, vegetali e animali.
Il libro è ‘A livella, e naturalmente vogliamo parlare del suo autore, il principe Antonio de Curtis, in arte Totò.
Ed è con somma commozione che affrontiamo l’argomento per raccontare di quest’uomo, maestro di vita, dell’attore nobilissimo, della sua religiosità, del grande amore che portava al popolo di Napoli. e dell’iniziato, un aspetto della sua vita che conoscono in pochi: Totò rappresenta in senso metaforico e in senso letterale l’immortalità della Napoli di ieri, oggi e domani.
Uomo cattolicissimo e sensibilissimo all’arte, estremamente legato agli usi partenopei,Totò si esprimeva poliedricamente attraverso il teatro, il cinema, la storia della lingua e letteratura napoletana.
Generoso, caritatevole, attento ai problemi altrui, il principe Antonio de Curtis era anche legato alla tradizione più misteriosa e artistica di Raimondo de Sangro, che seguì attraverso Pasquale Del Pezzo, il medico Giuseppe Cucurullo, genero di Giustiniano Lebano, i porticesi Eduardo Petriccione e Luigi Spartaco, Nappa e gli Ariano.
Nel 1944 entrò a far parte della storica loggia Libera Muratoria italiana di piazza del Gesù a Roma, nell‘Officina Palinginesi, dove rincontrò il suo grande amico e fratello, l’attore Gino Cervi.
Nel giugno 1945 a Napoli raggiunse il livello di studi n.18 nella loggia Fulgor della riviera di Chiaia, con il suo maestro spirituale iniziatico Antonio Ariano.
Ariano e Totò ebbero un rapporto più che stretto; il 3 febbraio 1948 con lui andò a Roma per visitare la tomba poeta inglese Shelley; sempre con lui nel 1949 presenziò a Napoli all’inaugurazione del Museo della Cappella Sansevero.
Negli anni si susseguirono innumerevoli incontri, tra una visione commossa del Cristo velato e una sfogliatella della famosa pasticceria Scaturchio, che sorgeva nel palazzo Casacalenda ove nel 1770 vi era un’altra gloriosa pasticceria, Startuffo.
Ritornato a veder più volte a Napoli , nel 1953 dopo una fugace visita al chiostro maiolicato del Monastero di Santa Chiara, si soffermò davanti alla carrozza anfibia dei fratelli Vaccaro, cui Raimondo de Sangro s’ispirò per la sua successiva invenzione del 1770.
Antonio de Curtis stesso, una volta arrivato al livello di studi n. 30, fondò a Roma l’Officina Fulgor Artis, un cenobio di artisti, poeti, scrittori, commediografi, attori cinematografici, scenografi, registi non solo al servizio dell’arte ma anche dell’umanità intera.
Oggi a Napoli nel rione Sanità, il suo quartiere, nel palazzo detto d’o Spagnuolo, la costruzione del 1759 del Vanvitelli con le caratteriste statue spengitorcia del portonee l’imponente scala interna, ha sede il Museo celebrativo di cotanto maestro di vita, fortemente voluto dalla figlia Liliana e da numerosi intellettuali.
Totò considerava la morte come parte della filosofia umana; la grande mietitrice, simbolo della terra e archetipo di rivelazione e di introduzione – putrescat ut resurgat; era il passaggio dal piombo del corpo fisico alla luce di Dio, bianca e dorata,verso il nominato e l’innominabile Maestro Supremo l’unico vero Dio vivente.
Totò passò oltre il velo della materia fisica finendo in un oriente di leggenda immortale all’alba del 15 aprile 1967, tra il cordoglio della stampa, del cinema, del teatro, della nobiltà, della letteratura internazionale.
Dopo l’esequie di Roma fece l’ultimo viaggio per la sua Napoli, tra gli applausi commossi della sua gente che riconosceva in lui l’uomo che aveva inciso a caratteri indelebili il suo pensiero … ‘A livella

Michele Di Iorio