Shoah: Corri, ragazzo, corri

corri_ragazzo_corriLa storia porta nel cuore squarci profondi che mai si rimargineranno. Forse il dramma più perverso e brutale è stato quello del genocidio ebreo ad opera dei nazisti durante le seconda guerra mondiale. Non è possibile stimare quante sono state le vite umane recise brutalmente o con lenta bestialità nei campi di sterminio.
Uno dei più grandi fu quello di Auschwitz, in Polonia. Alle porte del suo cancello una sarcastica scritta: Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi.
Il 27 gennaio 1945 i soldati dell’Armata Rossa, in marcia verso Berlino, arrivarono ad Auschwitz, liberandola. Questo giorno è stato scelto nel 2005 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite  come giorno della memoria delle vittime dell’Olocausto, in ebraico shoah, affinché non cada l’oblio su quanto è avvenuto.
In occasione della commemorazione della Shoah, dal 26 al 28 gennaio  nelle sale cinematografiche  è in corso la proiezione del film “Corri, ragazzo, corri” di Pepe Danquart distribuito dalla Lucky Red.
La pellicola racconta la storia di Skrulik un bambino ebreo di nove anni che vive nel ghetto di Varsavia. Per sopravvivere allo sterminio è costretto a fuggire abbandonando la sua famiglia.
«Dimentica il tuo nome. Ma anche se dimenticherai tutto, perfino me e tua madre, non dimenticare mai che sei ebreo»: le ultime parole del padre saranno il sostegno per la sua corsa che durerà tre anni, fino alla fine del conflitto mondiale.
Il ragazzo muterà il suo nome in Jurek fingendosi un orfano cattolico polacco. Un film intenso, toccante, duro, dall’emozionante colonna sonora. Un bambino solo dinanzi al Male.
Jurek non conosce la sua meta, ma sa che deve proseguire e lo fa con determinazione e con coraggio. Dormirà sugli alberi e imparerà a cacciare per nutrirsi. Nel bianco gelido dell’inverno polacco chiederà ospitalità alle case vicine, contraccambiandola con manodopera.
Ci saranno persone disposte ad aiutarlo pur rischiando la vita ed altre che lo tradiranno, ma Jurek non perderà mai la forza e la fiducia nel proseguire il suo viaggio.
La fuga del bambino rappresenta il popolo ebraico sofferente defraudato del suo diritto ad avere un posto nel mondo. Un popolo umiliato, violato, ma ancorato alla sua dignità, costretto a nascondersi, ma non ad annientarsi.
Jurek è il simbolo della vita in un oceano di distruzione, della speranza che prevarica ogni ragione, ogni orrore. Sorretto fortemente solo dal dolce e doloroso ricordo degli affetti e degli insegnamenti familiari. Un bambino che pur nascondendo la propria identità non la perde perché la stringe forte nell’anima.
La pellicola è ispirata alla storia realmente vissuta dall’ebreo Yoram Fridman, raccontata nel libro di Uri Orlev, importante scrittore anch’egli sopravvissuto alla Shoah.
Il regista, vincitore del Premio Oscar come Miglior Cortometraggio contro il razzismo, racconta: «Sono stato a lungo in cerca di materiale che fosse emotivamente potente e ricco di significato storico da far battere il cuore solo leggendo la sceneggiatura, che fosse una storia straordinaria e commovente, storicamente accurata, raccontata da un punto di vista inedito. Un film meritevole di qualsiasi sforzo e di qualsiasi rischio da correre».
E continua osservando: «Come opera di finzione la storia sembra perfino troppo assurda per essere vera. Ma quel ragazzino è sopravvissuto e ancora oggi racconta la sua storia a chiunque abbia voglia di ascoltarla. Con il mio film voglio far conoscere questa storia a coloro che non l’hanno ancora sentita perché chiunque vedrà il viaggio di Jurek non potrà non emozionarsi. Avranno paura, saranno pieni di ammirazione per lui, soffriranno e piangeranno con lui. Come è successo a me quando ho letto il libro la prima volta».
“L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”  (Primo Levi)
Auschwitz

Tiziana Muselli