Regi Lagni, quando un vanto diventa vergogna

Il corso dei Regi Lagni dopo la bonifica effettuata da Borbone (foto: web)

C’era una volta il Clanio, un fiume di 1100 chilometri che attraversa la Campania tra Napoli e Caserta. Un fiume, un tempo, prolifico e oggetto di grandi osservazioni storiche. Il Clanius, un tempo, non era solo un fiumiciattolo che scorreva imperterrito fino a Lago Patria, ma anche una linea di confine naturale dopo gli scontri tra Greci ed Etruschi. Nel tempo, il Clanius si trasformò da corso d’acqua prolifico a problema principale di inondazioni per i campi circostanti. Prese anche il nome di Lanius, appunto Lagno, come significare un corso d’acqua putrido e paludoso. Il vice regno spagnolo cercò di sistemare il problema affidando l’incarico a Giulio Cesare Fontana, architetto e ingegnere romano già attivo in Campania per i progetti della Dogana Nuova e del Duomo di Amalfi.
Fontana apportò una prima bonifica del Lagno nel 1610 per poi sprofondare il fiume da cinque a otto palmi dai ponti di Napoli. In seguito deviò e incanalò il fiume da cinque a nove chilometri a Nord di Napoli per farlo sfociare direttamente nel mare Domiziano concludendo i lavori nel 1616.
Un opera all’avanguardia che fermò il costante problema della inondazioni, ma non è tutto. Carlo III di Borbone, nel 1661, apportò nuovi restauri e la realizzazione di vari ponti indicando il Lagno come punto favorevole per l’agricoltura. Fu così che nel 1661 una nuova opera coinvolse il fiumiciattolo con un reticolo di canali artificiali, bacini e fosse artificiali utili per la raccolta dell’acqua piovana e l’irrigazione dei campi. L’opera prima, in Italia, per fronteggiare il dissesto idrogeologico fino a trasformare in qualità ciò che per i paesi di Acerra, Nola, Afragola e Pomigliano d’Arco era la fonte primario del disastro. Il nome Clanio sparì definitivamente per far posto ai Regi Lagni, in onore dei reali, che per il controllo dei bacini istituì un servizio di guardia al fine di regolamentarne la pesca e supervisionare su eventuali abusi e atti vandalici. Un vanto sia per servizi che per tecnologia, regolamentato e controllato costantemente, utile alla pesca e all’irrigazione.
Nel 1799 i Regi Lagni furono anche teatro di violente battaglie tra l’esercito rivoluzionario francese e i contadini della zona. Nel 1855, dopo la restaurazione e il ritorno dei reali Borbone sul trono di Napoli, Ferdinando II apportò una nuova bonifica e sostituì la guardia supervisionale dei canali con un sistema di Polizia utile a garantire protezione verso molti cittadini che, proprio nei Regi Lagni, effettuava scampagnate e battute di pesca. Ma gli anni d’oro erano ormai arrivati a conclusione con l’unità del 1861 poichè, da quel momento in poi, una serie di nuovi restauri riuscirono a trasformare l’acqua limpida e pescosa in un corso inquinato e putrido. Tra il 1900 e il 1950 furono molteplici gli interventi effettuati con colate di cemento sui bordi e sul fondo dei torrenti che ne deteriorò la funzionalità. Con il tempo, i canali divennero utili per scarichi di rifiuti e dal 1970 in poi sono diventati canali per la raccolta di acque reflue da scaricare direttamente in mare per un danno ambientale incalcolabile. Chiaramente vanno aggiunti versamenti di rifiuti tossici e industriali che completano la vergogna. C’era una volta un fiume che divenne opera ingegneristica prima di trasformarsi nella più ignobile vergogna del prodotto italiano…
 

Fabio D’Alpino