Pietrarsa:150 anni dopo l’eccidio


Era una calda estate del 1863; appena due anni dopo l’unità d’Italia le commesse di quello che era il Real Opificio di Pietrarsa, tra i primi in Europa, dove si costruivano ed esportavano locomotive all’estero, vedeva diminuire drasticamente le commesse, con la conseguente perdita di posti di lavoro.
Una situazione che  peggiorava progressivamente, tanto che  gli operai di Portici cominciarono a mettersi in agitazione.
Fino al 1860 le maestranze di Pietrarsa erano 1050, quando l’Ansaldo di Genova non ne  contava  nemmeno 500 e la Fiat di Torino non esisteva ancora; il 31 luglio del 1863 gli operai di Pietrarsa erano scesi a 458 con ulteriori prospettive di riduzioni.
La protesta arrivò al culmine il giorno 6 agosto: gli operai si radunarono nel cortile dell’opificio, determinati a non muoversi per difendere il posto di lavoro.
La produzione della fabbrica non andava certo male: avere la capacità di produrre locomotive a quei tempi era come produrre computer ai giorni nostri.
L’opificio di Pietrarsa fu affossato per una precisa volontà politica: tutto, dalle tecnologie alle commesse, fu trasferito al nord; è da allora che il settentrione divenne sempre più ricco e il meridione sempre più povero.
La manifestazione degli operai di Pietrarsa quel 6 agosto era più che mai compatta e per sgombrare il cortile i nuovi dirigenti si rivolsero al questore di Napoli, all’epoca Nicola Amore, che inviò le neonate Forze Armate Italiane: Bersaglieri, Carabinieri e Guardia Nazionale con l’ordine di disperdere i manifestanti a qualunque costo.
Gli operai, sebbene disarmati, non si mossero e fu strage. Una strage negata dalle autorità, praticamente ignorata dalla stampa, con morti e feriti innocenti senza nome, senza la dignità della memoria.
Le vittime, da quanto si evince dai registri degli ospedali in cui vennero ricoverate, riportarono ferite da arma da fuoco e da baionetta: fu scatenato un vero e proprio assalto.
Il questore Nicola Amore, responsabile di tutto ciò, in seguito divenne sindaco di Napoli e ancora oggi c’è una piazza a lui intitolata.
L’eccidio di Portici, la portata e la vergogna di quel terribile evento, sta venendo alla luce dopo 150 anni in tutto il Paese.
Anche nella stessa Portici era un episodio poco conosciuto, fino almeno al 1996, quando l’Amministrazione comunale pensò di porre nel cortile di Pietrarsa una lapide commemorativa, opera dell’ artista porticese Bruno Galbiati.
Davanti  a questo tardivo monumento, ogni 1° maggio si ricordano le morti bianche sul lavoro e il 6 agosto si onora la memoria delle vittime di Pietrarsa.
Ecco  l’elenco completo dei morti  (che secondo alcune fonti, invece, furono  9) e dei feriti dell’eccidio di Pietrarsa del 6 agosto1863, rinvenuti negli archivi della Questura e dell’Ospedale dei Pellegrini di Napoli: Domenico del Grosso, Aniello Marino, Aniello Olivieri e Luigi Fabbricini.
I feriti: D’Amato Vincenzo di Resina, Giorgio  Martucci di San Giorgio a Cremano,  Giuseppe Farino, Pietro Canini, Ferdinando Russo di San Giovanni a Teduccio e  Giacomo  Marino, Aniello De Luca, Giuseppe Caliberti,  Domenico Citara, Leopoldo Alti, Alfonso   Miranda, Salvatore Calamazzo, Mariano Castiglione, Antonio Coppola, Ferdinando Lotti, Vincenzo Simonetti.
Tra di loro anche un ragazzo di14 anni, colpito alla schiena mentre evidentemente tentava di salvarsi.
Un secolo e mezzo per ridare dignità a quelle vittime, per ridare dignità alla nostra Terra.