Pensieri e considerazioni sull’immigrazione

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Qualche tempo fa ho letto su Facebook delle considerazioni poco ottimistiche sul tema dell’immigrazione. Avrei desiderato fare dei commenti, subito, prima che la prima impressione fuggisse via, invece ho preferito prendere del tempo, anche perché è mia abitudine far decantare i fatti, le notizie o altro, prima di prenderli in considerazione.
Parlare dell’immigrazione è molto facile, ma è molto difficile parlarne con cognizione di causa.
Il pensiero espresso era, parola più parola meno, questo: “ Gli immigrati vengono nel nostro paese, si imbottiscono di denaro e poi vanno a fare i ricchi nelle  regioni da cui sono venuti “.
Gli immigrati nella nostra Italia sono di due tipi anzi tre tipi: quelli regolari, che lavorano secondo legge con diritti e doveri, quelli clandestini, che dovrebbero essere cacciati via in ogni modo per tutti i danni che arrecano, e quelli sfruttati, direi brutalmente, da una serie di nostri concittadini, delinquenti e non.
Il nostro intendeva parlare certamente degli immigrati regolari che sono in possesso di permesso di soggiorno, lavorano e quindi producono e  poi, quando con immensi sacrifici hanno messo insieme il cosìddetto gruzzoletto, tornano nella loro patria, non dimenticata, e, profittando della differenza di valore fra la nostra moneta e la loro, realizzano i loro sogni, che non sono mai grandi.
Non so se per mio bene o per mio male, sono vissuto in tempi ormai lontani che pochi riescono a ricordare. Certo, non avevo contezza di tutto e di tutti, ma li conoscevo perché mio padre me li raccontava per filo e per segno, soprattutto perché appartenevano alla mia famiglia e, per essere più precisi alla famiglia di mia nonna, di cui erano nipoti. Sto parlando di due cugini di mio padre che, all’epoca, noi ragazzi consideravamo zii …
In patria e particolarmente nel nostro paese non c’era lavoro, se non quello durissimo dei campi che, fra l’altro, non produceva tanto da consentire il mantenimento di una famiglia. Quindi, i due divennero emigranti: l’America avrebbe dato loro il diritto alla vita, la ricchezza, la certezza di considerarsi ancora uomini.
Partirono all’avventura insieme a tanti altri Italiani , ma la realtà fu ben diversa: il lavoro non mancava, ma quello più umile, e pochi furono i fortunati; la dignità di uomo era una parola che non si trovava in nessun vocabolario di lingua americana, tuttavia, i nostri riuscirono a mettere insieme il famoso gruzzoletto e tornarono ricchi, uno con l’asma bronchiale che negli anni lo consumò del tutto, l’altro ingobbito dai lavori pesanti.
Erano ricchi, direi di tutto, meno che del diritto alla vita.
Se l’amico col quale sto dialogando avrà la possibilità di leggere queste mie poche righe, che forse meriterebbero di  essere ampliate e arricchite da altri mille particolari, penso che cambierà idea sul “ritorno dei ricchi”.
Ciao caro amico, tuo

Sante Grillo