Pasolini ed Eduardo in un film mai fatto

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Pier Paolo Pasolini fu brutalmente assassinato la notte del 2 novembre 75. Come fu detto dai giudici fin dal primo Processo, fu vittima di un complotto: non furono “beghe tra froci”, come proclamò la stampa di allora, in  primis “Il Tempo” di Roma.
Stava preparando un libro, poi pubblicato postumo col titolo di  Petrolio, in cui affrontava anche il delitto Mattei, il presidente dell’ENI misteriosamente morto nel 1962, che voleva affrancare l’Italia dalla dipendenza dalle “Sette Sorelle” del petrolio; forse per questo Pasolini, “scomodo” e irriducibile, entrò nel mirino, come già il giornalista De Mauro.
Stava comunque lavorando anche su un film, il cui titolo era arrivato ad essere “Teo-Porno-Kolossal”, il cui protagonista sarebbe dovuto essere il grande Eduardo, nelle vesti un atipico Re Magio dei nostri giorni, Epifanio, che andava da Napoli, insieme ad un suo paggio, Romanino, ad ossequiare il Cristo nato.
Ma arrivano troppo tardi: era già nato, aveva già compiuto il sacrificio di Sé e tutti l’avevano dimenticato.
Il Re Magio affranto muore; il Romanino, che è un Angelo, lo accompagna in Paradiso: ma pure quello non c’è più…
Quello che segue è il fanta-report di uno dei colloqui intercorsi tra De Filippo e Pasolini.
«Sì, quale ragione ti ha portato a scegliere un vecchio attore di teatro come me? », riprende Eduardo, dopo avere ascoltato in silenzio buona parte del soggetto.
Pasolini era venuto a trovarlo in tournée a Roma, e ora erano seduti ad un tavolino in disparte dell’importante Hotel dove era alloggiato, mentre i pochi clienti, tutti vip o aspiranti tali, passavano via senza disturbare: era disdicevole per loro presumere di riconoscere, ossequiandola, gente di successo, senza che “loro” fossero riconosciuti per primi.
Era questa l’impressione che aveva avuto Pasolini guardandosi intorno: politici, manager di Stato, alti burocrati; oppure, aveva pensato, erano proprio lui che volevano evitare…
«Ma tu “sei” Napoli: la Napoli che ha fatto a Storia, che ha vissuto tutte le stagioni della nostra contemporaneità…Che rappresenta la complessità, la prodigiosa infelicità di essere parte di un organismo che non riesce a contenere i popoli che abitano questa città …».
«Che fai? Ti citi? “Le tribù che abitano Napoli”.. Così hai definito gli abitanti…».
«Esatto! I napoletani non sono mai stati “Cittadini”, perché la loro peculiarità era di essere presenti e nello stesso tempo concentrati sulla loro storia, le loro tradizioni che è qualcosa di intrinsecamente presente e differente da tutte le latre città italiane … Perciò io scelsi il grande Totò per “Uccellacci e uccellini” (1966): la sua disarmata, ma anche astuta diversità era credibile nell’affrontare le contraddizioni della società in una fase matura del Miracolo economico italiano di quegli anni».
«E ora? Quale sarebbe il mio ruolo? In effetti, anche se ne parlo, il mio rapporto con l’attualità non è così stringente come il tuo …».
« È profondamente vero … Ma tu sei il cuore antico di questa città: e a me serve un occhio che venga da lontano, in grado di capire: anche di partecipare, ma senza mai perdere il senso di ciò che accade: almeno fino a quando un senso ce l’abbia … ».
De Filippo riflette in silenzio.
Guarda il suo interlocutore con quegli occhi apparentemente slavati, in un’espressione che, come al solito sembra distaccata: ma tutti coloro che hanno lavorato con lui, sanno che è il momento di massima concentrazione.
Pier Paolo sostiene il suo sguardo: ma non cessa di guardarsi intorno, percepire distintamente i rumori di fondo, osservare il movimento, la gente.
Camerieri, clienti, passanti, coglierne il ritmo: come regista è diventato un suo secondo occhio, una seconda parte di sé autonomamente al lavoro…
«Sì, ma che ci faccio a Gomorra, la città del sesso etero, che sarebbe Milano, e poi a Sodoma, del sesso omo, che sarebbe Roma? A proposito, perché sono invertite? Dovrebbe essere geograficamente il contrario» – riprende Eduardo.
«Perché è delle grandi civiltà riuscire a convivere, a comprendere pur senza perdersi, nel cosiddetto vizio; checché ne dicano gli iper-moralisti catto-comunisti quando attaccano i miei film; da una parte.
Dall’altra, qui si parla della disperazione che viene dalla perdita di ogni orizzonte di senso: Heidegger, parla di narrazioni che la crisi del novecento ha portato ad esaurimento. Non solo il Nazismo, e tutte le culture basate sulla repressione dei Diritti sia umani che democratici (dittature, imperialismi, ecc), ma anche il Comunismo dell’Urss, che è diventato un’insopportabile dittatura, insieme al consumismo hanno distrutto radicalmente ogni possibilità di cambiamento: ne siamo troppo invischiati.
E la rappresentazione dell’eccesso di vizio è una specie di luogo narrativo diffuso di questa discesa a Numanzia, Parigi, dove si conclude il viaggio in quanto tale.
Qui lo scontro tra assedianti e assediati è tra le varie forme di cultura contemporanea: ma esse si equivalgono. Nessuna è portatrice di salvezza: e l’intellettuale scampato, ma che si fa fucilare per una discussione sui vini, è volutamente grottesco, nella sua insensatezza.
Il loro giungere troppo tardi alla terra estrema, dove Cristo è già nato, indica una speranza “Già passata”, andata via …».
«Ma non c’è troppo pessimismo in tutto ciò? ».
«L’intellettuale accompagna con attenzione e compassione tutti i percorsi che potevano portare la speranza e il cambiamento: perché il partecipare al dolore degli altri, passa attraverso la comprensione anche dei cosiddetti eccessi, cui non è estraneo lo stesso Re Magio. Ed è Epifanio stesso e i suoi doni che vengono “sperperati” tra tutte queste persone che chiedono sollievo alle proprie ossessioni: ma questo è qualcosa che, ti debbo dire, riguarda anche me…».
«Beh, si l’avevo pensato…Ma allora anche tu sei frastornato dall’incredulità che un qualche cambiamento possa venire? ».
Pasolini guardò il Maestro in modo molto concentrato: «No. Credo invece che solo parlandone in modi chiari e approfonditi, ma anche poeticamente vivi, si possa aiutare ad essere lucidi sui comportamenti sia dei nostri politici che dei mindmakers, i manipolatori del nostro pensiero, anche se oggi spesso si ammantano di “sinistrità”.
Io non ho intenzione di perdere, in alcun momento della mia esistenza, la fiducia nella ragione e nell’approccio critico …».
(Foto: web)

Francesco “Ciccio” Capozzi

Nota dell’Autore: Pasolini il Museum Of Modern Art, il prestigioso MoMa di New York ha curato una importante retrospettiva, dal 13 dicembre 2012 al 5 gennaio 2013; per l’occasione la Cineteca di Bologna, che insieme all’Istituto Luce\Cinecittà, il Fondo Pasolini, Graziella Carcossi, cugina ed erede del regista, ha curato la rassegna, ha pubblicato il libro “P.P. Pasolini My cinema” , nelle cui Appendici sono pubblicati integralmente, e per la prima volta, la lettera a De Filippo e il soggetto del film.