Papa Francesco si comunica …

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Papa Bergoglio ha reso una lunga e importante intervista a “La Civiltà Cattolica”, la rivista ufficiale dei Padri Gesuiti, che ha avuto una risonanza mondiale.
Emerge, in modi articolati e in un discorso di ampio respiro, una visione che rafforza l’immagine che ormai caratterizza questo papa che viene da lontano.
È un’intervista lunga e corposa di ben sei ore di colloquio, svoltesi in più giorni: il 19, il 23  e il 29 agosto, dove ha affrontato diversi aspetti del suo pensiero.
L’immagine che suggerisce questo Papa di sé è molto forte. Né poteva essere altrimenti, se la Chiesa Cattolica di Roma vuole continuare a misurarsi con i giganteschi problemi del mondo contemporaneo in modo protagonista.
L’eredità di Papa Wojtila si è ormai completamente dissolta. Giovanni Paolo II è stato il Pontefice che ha traghettato vittoriosamente  la Chiesa dal durissimo conflitto col Socialismo Reale, cioè con l’URSS e i suoi satelliti, anch’essi definitivamente dissolti, alla modernità.
Ma era una modernità tronca. Perché il sistema di valori e di visioni che animava la concezione di Chiesa del Papa polacco era sostanzialmente all’interno di quel conflitto tra ateismo di Stato propagandato dall’Urss e la difesa ad oltranza  dei valori tradizionali, per niente aperti al confronto con quelli  ispirati al dialogo postconciliare, visti anzi nel loro insieme come una subdola manovra ideologica dei “comunisti”.
Perciò spesso, i valori di riferimento erano  i più retrivi possibili, perfino con inquietanti ritorni di antisemitismo – non da parte di Papa Woytila – che avevano però forte richiamo identitario, tali da salvaguardare la resistenza all’aggressività di quella cultura ufficiale.
Né questo Papa profetico ha sentito il bisogno di precisare – se non in chiave tradizionalista – i capisaldi dottrinari del suo porsi: molto pervicace, ad esempio, è stata la sua offensiva dottrinaria contro la Teologia della Liberazione.
E così è stato che è diventata, suo malgrado, la cornice ideologica dell’attacco portato dagli oltranzisti repubblicani USA contro l’Iraq e il mondo islamico nel marzo 2003: anche se è stata la Chiesa Cattolica che ha dato vita alle uniche importanti manifestazioni di massa nel mondo occidentale contro la guerra.
Ed ha lasciato uno spazio eccessivo, nella gestione amministrativa e politica della Chiesa, alla Curia romana, che è diventata un” potere nel potere”, di fatto autoreferenziale.
Il successore di Woytila Benedetto XVI doveva rappresentare la continuità col precedente, essendone stato l’ascoltato consigliere. Ma si era reso conto dell’inanità, limiti e condizionamenti della sua azione, rispetto alla complessità della situazione: da qui le dimissioni l’11 febbraio 2013.
Il Papa argentino, fin dai primi atti e fin dal nome che si era imposto, Francesco, mai usato prima nella pur plurisecolare storia del papato, ha inteso dare una forte ed evidente discontinuità d’immagine.
Più attento al “Popolo” che alla gestione amministrativa del potere, sta comunicando di sé, e quindi della Chiesa cattolica,un diverso ruolo: di confronto con la modernità, con le sue sfide.
Innanzitutto, egli dà un nome alle contraddizioni, alle sfide del mondo attuale: povertà, sottosviluppo, dignità della persona; le affronta, nell’ambito della ortodossia e della coerenza con la dottrina della Chiesa, amplificando aspetti che prima erano più tenuti in ombra.
Come per esempio il concetto di misericordia, di dialogo e di discernimento interiore, da lui spesso citati, ispirati al ”Mémorial” del  Gesuita da lui ammirato e studiato Pierre Favre (1506-1546), e associati alle pratiche dello “stare nel mondo”, mantenendo la fede e la morale stabilita come criterio principale di giudizio.
La sua è una corrente di pensiero, che pur non avendo la sublime ricchezza umana e sottile complessità di Carlo Maria Martini, il grande Arcivescovo di Milano, si rifà all’attuale ricca tradizione dei Gesuiti, cui apparteneva anche Martini.
È un’elaborazione che tiene conto del fatto che il Mondo ha avuto un’accelerazione drammatica di problemi che non può essere né vista né colta appieno nella sua urgenza dal chiuso delle stanze del potere vaticano.
Se la Chiesa deve svolgere la sua missione primaria, che è di evangelizzazione spirituale, non è pensabile né può esistere che la banca che si rifà alla Santa Sede, lo IOR (Istituto per le Opere Religiose) possa essere, in buona o cattiva fede, invischiata o sospettata di esserlo con la finanza malavitosa internazionale.
O che la Gerarchia della Curia di Roma s’interessi e s’immischi nelle vicende politiche dell’Italia, manifestando aperte preferenze per questo o quello schieramento di potere: è un gruppo di potere secolare e di pressione  che ne sostiene un altro per riceverne ulteriore rafforzamento, non per affermare una propria vocazione spirituale.
Papa Bergoglio sa che sono pratiche di potere che indeboliscono la capacità della Chiesa di avere una visione realmente universale.
Non è solo una difformità di toni espressivi rispetto ai suoi predecessori, ma un’elaborazione autonoma di linguaggi, adeguata alle sfide che si stanno ponendo.
Non si tratta di rivoluzionare, ma di cogliere all’interno del vasto e composito mondo cattolico, quelle energie e capacità progettuali e propositive per affrontare la modernità, dando delle risposte adeguate alle prove che essa oggi sta imponendo.

Francesco “Ciccio” Capozzi