‘O fucarazzo ‘e Sant’Antuono

Svariati materiali combustibili vengono sapientemente accatastati con tecniche antiche e o’ fucarazzo ‘e Sant’Antuono torna a bruciare il prossimo 17 gennaio in occasione delle celebrazioni per la festa di Sant’Antonio Abate.
Antuono, per distinguerlo dall’altro Santo omonimo, Antonio da Padova
Una tradizione secolare che si ripete ogni anno e che vede la costruzione del grandissimo falò conclude i festeggiamenti del Santo con la sua accensione la sera del 17 gennaio, un misto di religiosità, folklore, tradizioni e partecipazione.
L’iconografia di S. Antonio Abate lo raffigura vicino ad un fuoco, bastone col campanello e circondato da animali; tra questi l’immancabile maiale che simboleggia il male, che, sconfitto dal Santo, fu condannato da Dio a seguirlo sotto spoglie suine.
Dal momento che il maiale è sempre con lui la sagacia popolare ha coniato  un detto: Sant’Antuono s’annammuraie d’o puorco, volendo indicare la sorta d’attrazione esercitata dal male e dal brutto sul buono e bello.
La tradizione probabilmente invece è nata dal fatto che l’ordine dei Monaci Antoniani allevavano maiali da cui ricavavano il grasso che serviva come unguento per curare le lesioni dell’Herpes zooster, la dolorosa afflizione virale detta ‘o fuoco ‘e Sant’Antuono.
Un’iconografia prettamente rurale, eppure Sant’ Antonio Abate veniva detto  sant’Antonio il Grande, sant’Antonio d’Egitto, sant’Antonio del Fuoco, sant’Antonio del Deserto, sant’Antonio l’Anacoreta: insomma, tutto era all’infuori che contadino.
Così ogni anno, il 17 gennaio, si festeggia la ricorrenza del Santo con l’accensione d’o fucarazzo, un’abbondante fiammata di fascine, ramoscelli e roba vecchia. In uno spiazzo si appronta la catasta da bruciare con un’apertura alla base, perché il fuoco viene acceso in basso.
La festa cade all’inizio dell’anno: così quando si dice Sant’Antuono n’ora bbona s’intende che il giorno guadagna un’ora di luce.
Il rituale del fuoco diviene elemento apotropaico ovvero propiziatorio e allontana il male, è il passaggio dall’inverno alla primavera.
Se il falò è stato preparato a regola d’arte ecco che subito si leva ‘a vampata.
Purificatrice. Taumaturgica. Fecondatrice.
Capace di scacciare il male con la roba vecchia facendo spazio al nuovo.
Il mucchio si consuma lentamente trasformandosi in brace, poi in cenere; anticamente se ne raccoglieva un po’ per portarla in casa: preservava dal male.
Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco sono sotto la protezione di Sant’Antonio, che è anche il protettore degli animali domestici: il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle.
Lo spirito della festa di Sant’Antonio Abate è parte di un patrimonio ancestrale da tutelare, conservare e tramandare nei valori e nei significati più profondi.
La festa del fuoco si celebra in diversi luoghi del Paese, da Nord a Sud; racconta l’identità culturale di territori contadini, di radici che affondano in tempi antichissimi, tanto antichi che esiste il detto; s’arricorda ‘o cippo ‘e Sant’Antuono quando ci si riferisce a qualcosa di estremamente datato.
Un evento unico e carico di simboli che si muovono tra sacro e profano.
I festeggiamenti legati al Santo sono oggi molti e diversi ma il falò è il fulcro comune a tutti.
Ancora oggi si fa a gara per realizzare il falò più grande e più bello, che faccia salire ‘a vampata più in alto possibile.
Ovunque per la festa di Sant’Antonio Abate si accende un rogo propiziatorio, in cui buttare oggetti vecchi, biglietti con su scritta una richiesta di grazia o trarre buoni auspici dal modo in cui s’innalzano le fiamme.
Molto suggestiva e degna di nota è la festa di Macerata Campania, che quest’anno parte il 12 gennaio; è una manifestazione che rientra nelle feste popolari più importanti della Regione.
La domenica successiva si ripete al Comune di Portico di Caserta, che dista da Macerata solo alcuni chilometri.
In onore del Santo i fedeli costruiscono carri detti ‘a sfilata d’e vinte battuglie ‘e pastellessa, spesso costruiti imitando barche, in omaggio alla tradizione che vuole che Sant’Antonio fosse arrivato per mare.
Alla festa di Sant’Antuono partecipano oltre 1000 giovani che percuotendo botti, tini e falci accompagnano canti popolari in onore al Santo.
Quello che è diventato un vero e proprio modo di fare musica trae origine dagli artigiani che fabbricavano gli oggetti: durante le fiere contadine armati di ferri e mazze percuotevano i loro manufatti così da attirare eventuali compratori e nello stesso tempo dimostrarne la loro solidità … ma soprattutto per assordare gli spiriti maligni per scacciarli e augurarsi un buon raccolto.
I cosiddetti Bottari danno vita ad una sonorità ancestrale divenuta fenomeno culturale detto pastellessa, dal nome del tipico impasto di castagne secche.
Un rituale pagano confluito nella festa religiosa in onore di Sant’Antonio Abate, patrono degli animali e Santo protettore dalle avversità del fuoco.
(Fonte foto: web)

Tonia Ferraro