Nevile Reid e i giardini di Parsifal

giardino_villa_rufoloRAVELLO (SALERNO) – A Villa Rufolo, monumento simbolo della città, sono aperti vari cantieri che prima dell’estate consegneranno alla fruizione pubblica un bene totalmente diverso da quello conosciuto fino ad oggi. Il progetto complessivo di restauro e valorizzazione non sta interessando solo i corpi di fabbrica e gli ambienti ma anche il parco e i giardini.
Dopo la realizzazione dell’impianto di fertirrigazione e il completo rifacimento di quello di illuminazione, arriva a completamento anche il restiling dei giardini. Grazie alla collaborazione con il Dipartimento di Agraria della Federico II di Napoli che ha sede nella Reggia borbonica di Portici, la Fondazione Ravello ha fortemente voluto far rivivere quel giardino immaginato e costruito dall’opera appassionata di Sir Francis Nevile Reid, esperto d’arte, botanico e proprietario nel XIX secolo della Villa.
L’idea di verde che portò a Ravello fu quella di un giardino romantico dell’ottocento in cui gli elementi vegetali autoctoni ed esotici venivano accostati ai ruderi classici in modo da creare ambienti ed emozioni diverse ad ogni passo.
Fu qui che Richard Wagner, il grande compositore tedesco nel 1880 soggiornò nel paradisiaco sito. Fu proprio qui che pare ne venisse talmente ispirato da comporvi alcune parti del “Parsifal”.
Un giardino nato senza un progetto predefinito ma che Reid costruiva giorno dopo giorno recuperando la memoria storica del monumento e travasandola nella creazione di un nuovo paesaggio spontaneo, quasi casuale in una nuova visione mediterranea.
Reid, come molti naturalisti in quegli anni, fu attirato dalle sperimentazioni botaniche di acclimatazione di piante esotiche e rare, conosciute nei suoi viaggi o recuperate non solo in Inghilterra ma anche nel resto dell’Europa sulle quali si cimentava con tecniche di innesto, di talee, di semina, di potatura e di concimazione. Il vero filo conduttore dell’intero impianto fu l’amore per questi luoghi e la grande competenza botanica in quello che potrebbe essere sintetizzato “spirito di Villa Rufolo”.
L’incredibile lavoro che portò alla realizzazione di uno dei giardini più belli al mondo, fu reso possibile dalla straordinaria sinergia che si concretizzò fra Reid e un geniale ravellese, Luigi Cicalese. Un rapporto che andò ben oltre il “voi” con il quale il lord si rivolgeva al Cicalese. La copiosa corrispondenza che si sviluppò fra i due lo testimonia.
Attingendo a piene mani a quell’epistolario, alle fotografie d’epoca che lo stesso Cicalese scattava, sono state recuperate indicazioni sulle specie di piante, sui fiori e i frutti che si coltivavano nel giardino, sugli innesti, sulle malattie delle stesse e addirittura sugli scambi con collezionisti e amici di tutto il mondo.
La direzione di Villa Rufolo con il gruppo di botanici universitari del Dipartimento di Svienze Agrarie della Federico II che ha sede alla Reggia borbonica di Portici ha cercato, prima ancora di elaborare un progetto, di ricomporre un team che, almeno in piccolo, potesse riproporre lo stesso percorso e lo stesso abbinamento di amore e competenza.
Un percorso sicuramente ambizioso che altrettanto sicuramente non riuscirà mai ad avvicinarsi ai livelli di raffinatezza e di competenza del team originario ma un percorso non sostituibile ed in ogni caso da tentare. Gli interventi che in questi giorni sono stati realizzati e che seguono quelli già portati a termine, puntano a riportare a Villa Rufolo un’essenza in particolare: la rosa.
Erano sicuramente le rose i fiori più amati dal lord scozzese: «Le rose sono tanto belle, mi fa, come pure alla Signora, una viva pena di non vedere il giardino fiorito», così scriveva Reid nel 1885 al suo giardiniere.
Circa dieci varietà di rose antiche, rampicanti e non hanno ritrovato allocazione nel punto più strategico dell’intera villa: il belvedere. Quelle rampicanti copriranno il pergolato ricostruito, quelle a cespuglio faranno da quinta al panorama mozzafiato che dal belvedere si ammira.
Particolare attenzione è stata posta pure nell’introduzione di nuove essenze nel tentativo di riproporre il variegato esotismo arboreo ricercato da Reid e, in alcuni angoli, anche per riempire qualche vuoto segnato dall’azione devastante del punteruolo rosso, sono state messe a dimora piante di Liriodendron tulipifera, dette alberi dei tulipani, di Banksia integrifolia, di Davidia involucrata dette alberi dei fazzoletti, di Akebia quinata, di Amelanchier canadensis, di Asimina triloba, di Sequoia sempervirens e di Cedrus deodara.
«Non è facile perpetuare l’anima dei giardini di Villa Rufolo così come Reid l’aveva immaginata ma stiamo cercando di andarci il più vicino possibile. – ha detto il direttore di Villa Rufolo Secondo Amalfitano – Il convincimento che non esistono percorsi alternativi e la consapevolezza dell’enorme peso che la storia di Nevile Reid ha, sono state e saranno le muse ispiratrici del lavoro che in tanti stanno profondendo, su tutti un grazie particolare va al professor Riccardo Motti, prima ancora che per le sue competenze, per l’amore che sta riversando in questa avventura».

Francesca Mancini