Migranti


Ancora una volta il mare Mediterraneo si riempie di barconi di profughi, di migranti.
Le migrazioni ben si sa ci sono sempre state da quando l’uomo si è presentato sulla faccia della terra.
I profughi sono figli della guerra, delle carestie: la vergogna moderna, l’insulto all’umano scibile.
Ogni persona ha il diritto di vivere dove è nata con usi e costumi della propria gente d’origine. Dover andar profughi o chiedere la carità, un po’ di dignità per vivere è molto doloroso.
È perciò dovere d’ogni Stato civile dare loro un aiuto, una sistemazione adeguata, un lavoro, un futuro.
Per il migrante, la cosa è ben diversa; anche se fugge dalla realtà del proprio Paese in cerca di fortuna, di migliorare il suo stato, non ha diritto di invadere i confini d’altre nazioni senza prima chiedere un permesso d’entrata, soprattutto in momenti difficili come gli attuali.
Non è detto che debbano per forza essere rifiutati, ma ogni civile società deve avere la possibilità di decidere se e quanti migranti può accogliere ogni anno, pianificando per questo un’entrata organizzata, temporanea o definitiva secondo il momento ed il caso che sia.
Non ci si può prendere a carico vitto, alloggio, istruzione, impertinenze, sopraffazioni di sfaccendati senza arte né parte. Gente che per lo più per sopravvivere si da alla macchia, senza permesso di soggiorno, senza fissa dimora, senza regole, facendo i commerci più disparati in barba a leggi ed anche gabelle che asfissiano i nostri commercianti.
Questo non significa «No ai migranti», vuol dire migranti sì, ma su richiesta indirizzata a lavori utili socialmente ed economicamente, vuol dire no a criminalità, no a carceri strapiene di gente che delinque d’abitudine, vuol dire niente pietosismi infruttuosi, perché la civiltà acquisita si deve mantenere e difendere.
I nostri emigranti dei primi del novecento e quelli attuali a causa della persistente crisi economica, hanno preso la valigia in cerca di fortuna, ma con una richiesta di lavoro preventiva in mano, con una professionalità concreta, sicuri di trovare un lavoro nei Paesi cui rivolgono il loro domani, il loro destino, soprattutto con la volontà di lavorare e di rispettare le leggi e le usanze altrui, apportando benessere e ricchezza a chi li accoglie.
Poi c’è un’altra migrazione, silenziosa e seminascosta.
È la migrazione dei cinesi, che arrivano in sordina, vivono in scantinati o appartamenti poco visibili, sono controllati al massimo dalle loro organizzazioni.
In genere non danno alcun fastidio, quindi sopportati e lasciati in pace dalle nostre autorità.
Pian, piano emergono, acquistano attività pagando in contanti, formano società, commerciano di tutto e di più, producono lavorando 12-14 ore e più al giorno, domeniche comprese; investono in contanti, in barba a leggi e restrizioni e pian, piano si comprano la nostra Italia.
La stanno conquistando senza sparare un colpo, senza fare rumore.
Questa è la nuova migrazione silenziosa, che non provoca dispersi in mare, che non sbarca a Lampedusa con vecchie carrette del mare, che non da problemi di sussistenza, di malattia, di disagio. All’interno di essa però c’è la criminalità ed è organizzata in modo perfetto, per non dare nell’occhio.
È la nuova criminalità che produce, acquista, s’ingrandisce senza però fare frutto allo Stato Italiano che la accoglie.
Vorrei avere a disposizione le buste paga dei lavoratori cinesi e la dichiarazione dei redditi dei loro capo clan …
Ritornando ai profughi, sarebbe opportuno che, dopo averli soccorso ed accertato la loro identità, riconosciuto lo status di profugo con tutti i diritti e doveri del caso, di  ospitanti  ma anche di accolti; sarebbe opportuno, ripeto, fare loro un test attitudinale ed avviarli verso centri specializzati, non fatiscenti all’italiana, ma centri organizzati da personale esperto, serio e qualificato.
Sostenuto da tutta la Comunità Europea, al fine di integrarli con le lingue dei Paesi che andranno ad accoglierli, in seguito alla loro richiesta, con l’insegnamento di mestieri o professioni che attitudinalmente più si adattano a ciascuno.
Si creerebbe così una nuova comunità costruttiva, integrata, che sarà utile al Paese accogliente e soprattutto a loro stessi.
Naturalmente,  espellendo gli individui bellicosi e nullafacenti, svogliati o portati a delinquere, al fine di proteggere la parte sana dei profughi e gli abitanti naturali dei Paesi accoglienti, si eviterebbero continue emergenze, criminalità diffuse e tutte le conseguenze mediatiche, economiche, strutturali improvvisate, che attualmente e da anni colpiscono la nostra Nazione, che è  incapace di prendere decisioni serie e definitive, concordate con i Paesi della Comunità Europea e delle nazioni di là dal mare.
Che non si dica che se nel mare c’è una barca, la Marina Italiana non è in grado di saperlo, perché oggi i mari sono continuamente monitorati da sistemi elettronici modernissimi, satelliti, sonar e quant’altro, e disponiamo fuori Roma di un centro di controllo del mare che sa anche se un tunisino o  un libico, mettono  piede in acqua.
Non si faccia sempre finta di non sapere, per non prendersi la responsabilità del caso.
Chi deve intervenire lo faccia, senza che un Papa Buono debba rimuovere coscienze assopite dal perbenismo dell’interesse personale.
Bello ed umano è stato infatti il gesto di Papa Francesco, andato a Lampedusa a portare conforto e ad onorare i morti del mare che cercavano salvezza in terra italiana.
Si sono imbarcati su gommoni e vecchie carrette, pagando cifre altissime, per un viaggio pericoloso ed infimo, a gente senza scrupoli, delinquenti internazionali che impunemente organizzano le traversate della speranza, della morte.
Meglio e meno costoso sarebbe che una nave militare europea copiasse il loro lavoro, organizzando e discernendo direttamente all’imbarco l’emigrante dal rifugiato politico.
Si eviterebbero morti inutili e spese superflue e sarebbe un vero aiuto a chi ha veramente bisogno.
Così la penso io.

(Foto: web)                                                                                                                                                    Gilberto Frigo, l’uomo del Nord.