Mala Iustitia: il libro di Pietro Funaro al teatro Mediterraneo

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Napoli – Sarà presentato lunedì 4 febbraio alle 17, nella sala conferenze del giornale Il Denaro, che si trova nel teatro Mediterraneo alla Mostra d’Oltremare di Napoli, il libro Mala Iustitia. Colpevoli d’innocenza di Pietro Funaro.

Alla iniziativa interverranno Gianfranco Rotondi, già Ministro per l’Attuazione del programma, Giandomenico Lepore, già Procuratore della Repubblica di Napoli, Alfonso Ruffo direttore del Denaro che ha curato la prefazione, Carmelo Conte,già Ministro per le aree urbane) e l’avvocato Marcello Lala. L’incontro sarà moderato dal giornalista Ermanno Corsi.

Il libro, pubblicato da Spazio Creativo Edizioni, è un lavoro in cui ogni pagina si fa  manifesto di come la giustizia in Italia, ad opera di alcuni giudici, da strumento di difesa dei cittadini è diventata il suo boia, di come ha trasformato innocenti in colpevoli e trascinato i malcapitati in un vero inferno che distrugge la vita.

L’autore pone l’attenzione sul reato di concorso esterno in associazione mafiosa “divenuto un reato autonomo a cui non crede più nessuno” come ha affermato il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Francesco Iacovello. Un “virus giudiziario” creato in laboratorio che ne ha fatti di danni. Nell’ultimo quarto di secolo, questo reato che “non esiste” è servito solo a stroncare carriere e isolare uomini politici – Giuliano Pisapia (1996), Emanuele Macaluso (2000).

Un’arma usata per lo più da pubblici ministeri politicizzati che hanno sbattuto in galera tantissime personalità, nella quasi totalità poi assolte dalla magistratura giudicante che non si è fatta irretire da assurdi teoremi campati in aria. In questo libro se ne compie un’analisi attenta e dettagliata e si raccontano le vicissitudini di Antonio Gava, Carmelo Conte, Calogero Mannino, Carmine Mensorio, Felice Di Giovanni e dell’autore stesso.

Tutti vessati ed incolpati del reato fantasma e tutti assolti con formula piena dopo anni di sofferenze e vite distrutte.

La vera essenza di quest’opera per l’autore è condividere il proprio vissuto, che potrebbe essere quello di qualunque cittadino, e metterlo a disposizione degli altri, in nome di quella giustizia che Seneca chiama la regina delle virtù.