Luisa Sanfelice, eroina per caso

Luisa_Sanfelice_in_carcereNAPOLI – È l’11 settembre 1800. Il silenzio della folla è intriso di pietà mentre assiste all’esecuzione capitale in piazza Mercato. La condannata sale sul patibolo. È in attesa di ricevere il taglio fatale. Il silenzio viene rotto dal colpo di fucile accidentale di un soldato. Il boia perde il controllo e la scure cade sulle spalle della giovane. Solo con un coltello da caccia il carnefice può tranciarle la testa.
Le sue membra vengono poi raccolte e deposte nella chiesa di Santa Maria del Carmelo. Si è così conclusa tragicamente la vita di Luisa Sanfelice.
Maria Luisa Fortunata de Molina nacque a Napoli il 28 febbraio del 1764 da Pietro, ufficiale dell’esercito borbonico e da Camilla Salinero. Giovanissima sposò Andrea Sanfelice, suo cugino, del ramo cadetto dei duchi di Agropoli e Lauriano. Dalla loro unione nacquero Gennaro, Giuseppa ed Emmanuela.
Lo stile di vita dissipato della coppia richiamò più volte l’attenzione del re Ferdinando IV di Borbone che separò i due coniugi, disponendo che fossero trasferiti nel salernitano in due località diverse. Andrea venne condotto in un monastero di Nocera, mentre Luisa nel conservatorio di Montecorvino Rovella.
Presumibilmente a seguito di una fuga i due coniugi s’incontrarono a Salerno e Luisa rimase incinta. Per punizione la giovane venne riportata al conservatorio di Montecorvino Rovella. Dopo una nuova fuga, il 7 marzo del 1794 Luisa e Andrea ritornarono nella loro dimora napoletana di palazzo Mastelloni,‘o llargo ‘a Carità. Il marito sembra avesse ricevuto un mandato di cattura dalla Vicaria per debiti, ma la situazione parve risolversi solo in parte.
Non sono certe le infedeltà coniugali che vengono attribuite a Luisa, ma certamente fu una donna molto corteggiata nei salotti  politici e mondani che frequentava. Tra i suoi spasimanti esponenti della Repubblica Napoletana Vincenzo Cuoco e Ferdinando Ferri e il monarchico Gerardo Baker (o Baccher) appartenente ad una famiglia di banchieri svizzeri.
Nel 1799 Napoli arrivarono i francesi e sulla scia dei princìpi rivoluzionari giacobini nacque la Repubblica Napoletana. I Borbone tentarono di riappropriarsi del potere grazie ad una cospirazione guidata proprio dai Baker. Gerardo dette un salvacondotto a Luisa. La donna temendo per la vita di Ferdinando Ferri lo consegnò a quest’ultimo, che segnalò la congiura al governo dando così modo di sventarla. Luisa divenne quindi eroina e “Salvatrice della Repubblica”.
Eleonora Pimentel Fonseca, patriota elogiò profondamente il gesto della giovane sul suo periodico “Monitore Napoletano” del 13 aprile 1799. Monti congiurati, tra cui i Baker vennero arrestati e fucilati il 13 giugno 1799 a Castel Nuovo, giorno in cui la Repubblica Napoletana tramontò dinanzi all’armata sanfedista capitanata dal cardinale Fabrizio Ruffo.
Ferdinando IV riprese il potere ordinando l’arresto e l’eliminazione di un grande numero di repubblicani, tra cui la Sanfelice e Vincenzo Cuoco. Luisa venne quindi arrestata, processata e condannata a morte, mentre Cuoco e Ferri furono condannati solo all’esilio.
La difesa, per dimostrare l’innocenza della donna, argomentò che non vi era legge che « …condanni a morte chi scopra congiure a quel governo sotto di cui si trova». La condanna non fu sospesa, la difesa pertanto si appellò ad un dispaccio reale che prevedeva di rivolgersi al re circa « … le condanne che si pronunziano prima di dare loro esecuzione». La condanna venne temporaneamente sospesa, ma poi confermata dalla risposta pervenuta dal re.
Tuttavia ci fu un nuovo rinvio dell’esecuzione perché la Sanfelice dichiarò di essere incinta. Infatti secondo una legge risalente agli Svevi, l’esecuzione delle donne incinte doveva essere rimandata a quaranta giorni dopo il parto. La gravidanza fu un inganno per evitare la pena: venne dimostrata da medici pietosi. Il re la fece sottoporre a visita da medici di sua fiducia, scoprendo la verità circa il suo stato. In seguito Ferdinando emanò un indulto, ma per Luisa non ci fu speranza.
Nel frattempo Maria Clementina, nuora del re, partorì un maschio. La legge le consentiva di chiedere tre grazie e la donna chiese solo la salvezza di Luisa Sanfelice. Tuttavia il re non cedette, condannando definitivamente Luisa al patibolo.
La sua vicenda ha ispirato il romanzo di Alexandre Dumas “La Sanfelice”, il film di Leo Menardi “Luisa Sanfelice” del 1942, l’omonimo sceneggiato televisivo di Leonardo Cortese del 1966 e la miniserie tv dei fratelli Taviani del 2004.

 Tiziana Muselli