Luciano Martino, il produttore

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Luciano Martino il produttore cinematografico, pensò di stare di spalle rispetto alla voce. Infatti non capiva bene da che parte venisse: e ne cercava la provenienza. Ne era stupito, ma non spaventato.
Si trovava lì in quella landa pallidada quando aveva lasciato il suo contenitore corporeo. Dove c’era luce diffusa, come scintillante e ondivaga; misteriosa e  riflessa, ma non da una fonte evidente. In una dimensione che lui poteva definire solo con un “prima” stava in quell’Albergo-Residence di Malindi e “ora” era lì.
Ma erano, queste indicazioni temporali, generiche e vaghe: “come in un sogno”, si disse. Non sapeva fino a quando sarebbe rimasto così: né, per la verità, dove si trovava.
Ma non che gli importasse: sentiva che era una situazione temporanea e che sarebbe cambiata: non sapeva quando e in che modo; ma sarebbe cambiata in forma questa volta irreversibile e totale. Ma non ne aveva paura.
Ricordava che “prima”, in uno stato che era caratterizzato da quello scorrere incessante, sotterraneo, silenzioso che era il “tempo”, ciò gli avrebbe procurato angoscia. Ma ora no. Era qualcosa che tu “sai” che deve essere.
Tutto era come immobile: ma forse solo enormemente rallentato. Perché il suo pensiero “conteneva” ricordi che lo riguardavano: che davano unità al suo sentirsi presente a se stesso: stava dicendo “vivo”, benché lui sapesse che non era così.
Era ancora concentrato, nel senso di “provvisto di un centro”, che era la sua intelligenza, i suoi ricordi. Ma un pensiero, un’intuizione lo avvertiva che si sarebbe sfaldato: lentamente si sarebbe perso, sarebbe svanito.
«Peccato, – si diceva – tutte le cose che ho visto, toccato …e altro, si sarebbero dissolte come lagrime sotto la pioggia», gli veniva citare il capolavoro di Ridley Scott Blade Runner: ma lui era sempre stato uno spirito poetico, “pratico”, aggiungeva con se stesso, e per lui non era un’offesa, come invece pensava Edwige (Fenech), che voleva quasi rinfacciarglielo, nel lasciarlo per Montezemolo.
E aggiungeva: «Tu sei fin troppo pratico», ma lo pronunziava con quell’affascinante cadenza strana, blesa e aristocratica, che come attrice non aveva mai perso: poco male, perché la rendeva ancora più ammaliante e sensuale.
«Mah, così è … era  la vita – continuò a dirsi… – Io ho continuato a volerle bene e a darle dei consigli: se no, quando si mise a fare la produttrice, sa quante volte l’avrebbero messa sotto …»
«Eh, ma lei lo sapeva»,  si disse compiaciuto: anche pensando al bamboccio co’ li sordi, Montezemolo, e al fatto che l’aveva lasciata, per rimettersi colla moglie.
«E tu che ti aspettavi?», ricordò che le aveva detto, (magari con una punta di cattiveria?) quando glielo venne a confidare: ma sapeva che non sarebbero mai tornati insieme, anche se non c’era più Libera e bello, come chiamava Travaglio l’industriale.
Intanto si mise a seguire con più attenzione la provenienza della voce. Non era consapevole delle motivazioni: ma “sentiva” che era importante. Era come se ritardasse il momento dello svanimento.
Veniva da una specie di pozzo che prima non c’era: da un generico e indistinto borbottio udiva delle parole: Produttore Martino…Produttore Martino…», così voleva che gli altri lo chiamassero, né cavaliere né dottore, anche per distinguersi dal fratello Sergio, che era il “suo” regista.
«Chi sei?», domandò, rivolgendosi alla voce.
«Siamo dei viventi riuniti ad un tavolo, e sto parlando a nome loro …», diceva la voce un po’ strusciando sulle parole.
«Bella l’intonazione», pensò quasi senza accorgersene, da cinematografaro (per lui è quasi una seconda natura…), che subito mira alla resa su pellicola di qualunque evento gli capiti o persona che incontra.
« È morbida e profonda, potrebbe andare in un film horror».
Poi, ad alta voce: «E che volete?», nel tono in cui – pur dall’aldilà – pronunziò queste parole era implicita la diffidenza e il sospetto che, in vita, aveva caratterizzato i suoi rapporti con giornalisti, esperti, critici e di vario genere e intervistatori che l’avevano incontrato.
Era sempre il produttore di film scollacciati, ma che erano diventati dei classici: lui non aveva capito mai bene perché, come “”Quel gran pezzo dell’Ubalda tutta nuda e tutta calda” e “GiovannonaCoscialunga”, tutti con la Fenech, che lui aveva definitivamente lanciato.
E difatti questi “cretini dalla Terra” (così li definì nel suo cuore-anima) proprio questo stavano domandando: «E tutto sto’ casino per chiedermi questa str…?», pensò; ma sapeva che era importante che non fosse dimenticato, se voleva continuare a stare in quel posto senza scomparire del tutto.
E quindi rispose con una quasi-gentilezza: «Mah, sinceramente non lo so: forse perché volevano essere ridanciani senza essere nemmeno troppo corrivi – aveva imparato che usare con quei sedicenti esperti di cinema, di tanto in tanto qualche parola culta  o volgare fa molto bon ton – E poi, come ha detto il mio amico Marco Giusti (un critico di cinema e tv), forse avevamo individuato un desiderio profondo di comicità, rispetto al cinema serioso di quei tempi; e comunque erano storie con personaggi. E spesso prendevamo in giro i potenti: in particolare, allora, l’ipocrisia demo-sacristiale … Va’ a sape’!»
E poi, immancabile come il tuono dopo il lampo, la solita domanda: «E con la Fenech?»
Stavolta, pur consapevole dei rischi cui andava incontro, non ce la fece a sopportare questa manfrina che lo perseguitava pur dopo la vita, volse le spalle alla voce e si scostò.
E la voce che lo chiamava era sempre più flebile e lontana: «Martinoooo … Martinooo Produttore … Dove siete, perché non rispondete? Martino., Martinoooo … »
Il 14 agosto 2013 è morto il produttore-sceneggiatore Luciano Martino a Malindi in Kenia. Da tempo era malato.

Francesco “Ciccio” Capozzi