L’intervista: Vincenzo Tafuri

Vincenzo-TafuriSALERNO – Una vita di parole e di metafore, è quella che vive ogni giorno il poeta Vincenzo Tafuri.
Dopo il riconoscimento del Premio Alfonso Gatto per la sua prima opera La costiera addormentata, Tafuri ritorna a raccontare: una società senza poesia non vive.
Il suo nuovo lavoro letterario Voli di colomba, ed, Tullio Pironti, avrebbe meritato dagli antichi romani l’aggettivo gravitas per indicare un’opera di sostanza: poesie che descrivono i pro e i contro della società, strofe che denunciano e protestano in modo delicato, parole che si guardano come si guarda una stanza appena vi entri.
È la stanza dell’anima in 129 pagine. Ma in che modo la poesia può salvare la società? L’abbiamo chiesto con tanta curiosità a Vincenzo Tafuri durante una chiacchierata avvenuta in uno studio pieno di libri.
Che cos’è la poesia per lei?
La poesia è una sorta di malattia che non ti lascia, uno scenario entusiasmate, un vortice che ti cattura per sempre.
Nell’era del Social, dove ogni esperienza diventa mediatica, quale contributo può dare la poesia?
La poesia può contribuire alla formazione dell’uomo anche nel quotidiano attraverso i social network dando un risvolto di sensibilità che spesso manca alla nuova generazione. È uno stile di vita, quindi deve essere presentato e condiviso. I sistemi tecnologici ed economici mondiali stanno lanciando una guerra senza difesa distruggendo l’identità di ognuno di noi, cercando di aggredire la famiglia, elemento principale della tessitura sociale.
Quindi a suo avviso, la poesia salva la persona?
No, la poesia salva l’individuo, lo crea. La persona è una maschera che assumiamo per conformarci agli altri e che tal volta siamo costretti ad indossare. È la  poesia e l’arte in generale che spingono all’interiorità; l’interiorità a sua volta partorisce l’individuo.
Nel concreto, in che modo la poesia può aiutare la società e la famiglia a progredire in un processo di formazione?
Il cuore parla al cuore, da sempre, ma necessitiamo di un’adeguata comunicazione che faccia da filtro attraverso una selezione di informazioni.
La poesia da un punto di vista psicologico, secondo lei, colma i vuoti interiori che gli uomini e le donne possono avere?
Sì, è un sedativo mentale, una confessione a sé stessi.
A quale poesia è più legato del suo nuovo lavoro letterario Voli di colombe?
“Compleanno”.
Perché?
È dedicata a mio figlio che ha una personalità molto fragile. Lui ha 45 anni e fin da adolescente ha manifestato delle vere e proprie crisi d’identità. La sua incapacità di adattamento fa soffrire lui ed anche me. La cosa che conta di più per un padre è la felicità di suo figlio, quando non riesci ad aiutare chi ami è un po’ una sconfitta, una grande ferita.
In questo contesto familiare, emotivo e difficile, la poesia ha salvato anche lei?
Sì, mi ha donato un angolo di rifugio, un oasi di pensiero, un senso di serenità nelle disfatte psicologiche quotidiane.
 
Dopo la chiacchierata con il poeta Tafuri mi rendo conto come con semplicità, in modo quasi  automatico, come può essere un’idea e una poesia da qualcosa di astratto: siamo arrivati a parlare della vita.
Poesia e società viaggiano spesso insieme se si spalanca l’orecchio per ascoltare testimonianze e storie. Raymond Carver, uno dei padri della scrittura creativa, fece sua la citazione di Rainer Maria Rilke «La poesia è esperienza». Anche Vincenzo Tafuri, a suo modo, l’ha fatta sua. 

Lucia Cirillo