L’intervista: Roberto Nucci, in arte Zambrano

PORTICI – Roberto Nucci, in arte Zambrano, è un canta-cabarettista di Portici ma finlandese d’adozione.                                                                                                                                    L’anno scorso fu vincitore del “Trofeo della Lingua Italiana”, nella sezione “Mandami una Canzone”, riservata ai nostri cantautori emigrati all’estero; la commissione, presieduta da Pippo Baudo, assegnò il primo premio a Zambrano per la canzone “Quattro quarti di luna”, un brano dell’album “Rinite allergica”.
Quest’anno Roberto è uscito il suo nuovo cd, “Songbook”, che vede la collaborazione dell’amico cantautore Zorama, di Claudio Sasso, musicista e cantante di “navigata”esperienza, come ama dire Zambrano, riferendosi al fatto che da più di vent’anni suona sulle navi da crociera, e di Micky di Capua, che è anche arrangiatore e produttore artistico del progetto.                                                                                                       Inoltre, la prefazione è di Davide Bellofiore, attore sangiorgese, e contributi di Gloria Navone, Gianluca Fiorenza e Salvatore Ruvituso.
Il progetto musicale “Songbook” comprende 13 tracce e sarà distribuito in digitale da Pirames.
Come mai un porticese si stabilisce in Finlandia?                                          «Mio fratello Paco vive da tanti anni a Turku, l’antica capitale; andai lì per una vacanza e mi trovai catapultato nell’arcipelago di Babbo Natale, un posto bellissimo, pieno di isolette frastagliate, laghetti. Una realtà quasi surreale: d’estate il sole a mezzanotte e una natura stupefacente, così diversa dalla nostra, che diventava fiabesca: m’ispirò tanto che cominciai a scrivere canzoni come “L’arcipelago di  Papà Natale”.
Perché uno dei tuoi album si chiama “Rinite allergica”?
«Per il regalo che mi fece l’aria pulita della Finlandia: quando vivevo a Portici avevo sempre una fastidiosa rinite allergica, che lì mi è completamente passata».
Cabarettista, cantautore, musicista. In quale genere ti collochi?
«In fondo sono un cantastorie che si impegna e disimpegna passando da un genere all’altro, con grande libertà. Sono, comunque, tutte cose che fanno parte della mia natura; passo dalla satira alla poesia, da una dimensione intimista al cabaret, dal pianto al riso. E, allora, sintetizzo queste mie diverse anime, apparentemente contrastanti, definendomi cantastorie. Canto le storie, le favole come metafora di vita; non sono parabole, ma più un’antenna parabolica che capta tutte le diverse sfumature dell’esistenza. Le mie canzoni sono frutto di forti emozioni, di esperienze di vita vissuta».                                                                                                                          
Roberto, come definisci il tuo stile?
«Molti mi accostano a Rino Gaetano, e per me è un grandissimo onore, perché faccio parte del fan club dedicato alla sua memoria. Poi, ognuno si ritrova la voce che ha: la mia è simile alla sua e, pur, ispirandomi a lui, faccio cose originali».
Raccontaci qualcosa di “Songbook”.                                                                    «E’ un libro di canzoni, ma anche uno show irriverente con un mix coinvolgente di generi musicali che vanno dal punk allo ska al disco/funky. Tutti filoni musicali che hanno fatto parte del mio passato e che ho voluto riprendere perché mi sento fortemente legato agli anni ‘80 e ‘90.
In “Songbook” ho portato le mie esperienze di napoletano all’estero con il suo improbabile inglese e del corso di lingua finlandese presso la scuola per stranieri. Non ho tralasciato i luoghi comuni, come il calcio, lo stereotipo del cantante neomelodico di quartiere, e  non manca nemmeno il mio personalissimo punto di vista sulla situazione politica-nazional-popolare italiana.
Per finire, ho inserito un doveroso omaggio a Rino Gaetano, “salvatore” di una Patria ormai allo sbando.                                                                                                          L’intento delle mie canzoni, comunque, rimane sempre lo stesso: far ridere, pensare, sognare, ballare e cantare. E scusatemi se è poco!».

Tonia Ferraro