L’Erasmus partenopeo

erasmus-a-napoli (1)Di Napoli se ne parla sempre, ovunque e in molti modi : Napoli città meravigliosa, Napoli realtà difficile, Napoli camorra, Napoli cultura e arte, Napoli disagio e povertà.
Partenope, ossimoro vivente, è stata crocevia di culture, arte e commercio come oggi è crocevia di disagio e critica e malavita.
È stata vista e vissuta in tanti i modi dagli innumerevoli stranieri di alta levatura che l’ hanno visitata: Gadamer, Stendhal, Leopardi, finanche Goethe, che coniò la famosa frase «Vedi Napoli e poi muori».
Ma oggi, tempestata com’è mediaticamente in tutto il mondo, come viene percepita dagli stranieri che la vivono?
Lo Speaker ha intervistato alcuni studenti del progetto Erasmus +, che promuove un periodo di studio all’ estero nell’ambito del percorso universitario. In questo modo più di 600 ragazzi provenienti da tutto il mondo ogni anno conoscono e vivono Napoli da un’altra prospettiva.
Ozan, uno studente di economia originario della città di Rize in Turchia, racconta: «Mi piace questa città, già prima che venissi qui. Molti miei amici mi dissero che questa città era pericolosa, ma io non lo penso perché quando sono arrivato, mi sono perso e qualcuno mi ha portato a casa con la sua macchina. Mi piace questa città perché le persone sono amichevoli e sociali».
Il giovane, che ha scelto Napoli perché tra le città europee era tra le più economiche, afferma adesso «Vorrei tornare a viverci nel mio futuro perché le persone sono libere e rilassate, questa è la città per me».
Celia Torres Romero, studentessa di restauro di Algeciras, Spagna, dice: «Sapevo che il mio destino era l’Erasmus in Italia perché ho sempre sognato di poter vedere tutte le opere d’ arte che ho studiato a scuola.
Di questa città mi piace il fatto che conserva un po’ di questa essenza italiana antica, come un vino vecchio, mi piace la vita e la cultura di questa città che piano piano si modernizza mantenendo sempre questa essenza».
Non manca però di parlare degli evidenti problemi del capoluogo campano: «Di Napoli non mi piace il traffico e i motorini, non mi piace di notte, fa un po’ paura, è sempre tutto sporco, le strade sono sporche e quasi tutti gli edifici antichi sono distrutti».Cosa che per una studentessa di restauro è decisamente molto grave.
Infine lasciamo spazio alla bella testimonianza di Lucie Boissenin, studentessa di Architettura di Lyon, Francia, che dice di aver scelto Napoli perché voleva una città non troppo lontana dal suo Paese, ma con una cultura diversa che potesse renderla “spaesata”.
«Napoli è una città vivente. Ho fatto lezioni con un professore che ci ha portato in giro e ci ha mostrato come si è trasformata nel tempo. Ci sono tanti luoghi, dove persone hanno aggiunto o sostituito cose sugli edifici. Per esempio ho visto un balcone costruito da alcune persone che attraversa un piccolo vicolo. Direi che Napoli porta le tracce della sua popolazione. Queste cose non si vedono nelle città francesi dove tutto è molto più “saggio”, dove non si toccano gli edifici».
Dall’ altro lato rispetto alla fascinazione Lucie vive il suo disagio perché la città è sempre affollata, non c’ è silenzio e non trova mai un momento di pace.
Tutti i ragazzi convengono sui problemi dell’organizzazione, sull’inefficienza dei trasporti, sulla mancanza di cura dei palazzi e sulla situazione degradata della strade.
Hanno però lodato all’ unisono le università ospitanti. Pare infatti che i professori siano in generale molto disponibili e che i corsi siano molto interessanti per tutti i ragazzi, « …sconfessando lo stereotipo, che studiare a Napoli significa perdere un po’ il proprio livello», cosa che Lucie aveva sentito dire ai suoi amici.
La dimensione universitaria è quindi percepita molto bene, ma anche in essa si evidenziano notevoli disagi di carattere organizzativo.
Gli studenti sono tutti innamorati della città, e si trovano in rapporto viscerale con essa, perché Napoli sa essere più che accogliente, sa essere materna, rendendo ai giovani europei la sicurezza di cui hanno più bisogno nei primi mesi della loro esperienza.
Molto stupore destano inoltre in loro le nostre tradizioni: «Il giorno dell’ Immacolata mi è piaciuto tantissimo perché la città era vivissima», racconta Celia.
Questa celebrazione partenopea è veramente uno spettacolo unico agli occhi di chi lo vive per la prima volta e tutti i ragazzi confermano infatti la potenziale vocazione realmente turistica della città.
Questa Partenope disordinata e un po’ bambina, questa città che non è “saggia”, ha la forza di un popolo aperto e gentile, fiore all’ occhiello riconosciuto da tutti quelli che ci sono passati o che ci vivono in questo momento.
I ragazzi hanno dato un quadro molto poetico della città, pur registrando i problemi che conosciamo già molto bene, ma più di tutto hanno sconfessato un pesante stereotipo del capoluogo campano: «Napoli non è pericolosa, non più di qualsiasi altra grande città».

Irene Campese