Le nozze di Carlo II e Maria Amalia

Carlo e Maria AmaliaLa luna piena illuminava il golfo di Napoli, il Vesuvio con il suo pennacchio, la costa dove Sorrento, dove si erano riflettese nelle onde blu le antiche Ercolano e Pompei. Da una barca a lampara si udiva una canzone, una villanella, di un pescatore. Era la sera del 16 giugno 1738, un giovedì.
Quel mattino Carlo III, re da 4 anni, era con il suo seguito a cavallo al confine con lo Stato Pontificio, a Portella sul fiume Fibreno, affluente del Garigliano, a due passi dal villaggio di Brocco, ove furono seppelliti i gladiatori ribelli di Spartaco.
Con il sovrano, l’ambasciatore di Francia, il comandante delle galee dei Cavalieri di Malta, in corteo con centinaio di guardie in grande uniforme. Carlo indossava un magnifico abito di broccato d’argento in stile francese ed una houppelande della stessa stoffa, cappello di castoro con penna bianca e un brillante sopra.
Carlo, 22 anni, andava così incontro a Maria Amalia di Sassonia, di soli tredici anni, figlia di Augusto III, sposata per procura a Dresda il 31 ottobre 1737 con dispensa papale di Benedetto IV Lambertini, zio del principe di Sansevero.
Maria Amalia era una fanciulla alta e bionda con occhi azzurri, abile cavallerizza, e portava una dote di 90mila fiorini. Una moglie ideale, nonostante il carattere severo e geloso.
Dopo due ore di attesa la sposina giunse in carrozza preceduta da araldi in livrea rossa con paramani bianchi e giglio d’argento. Seguivano il cardinale Acquaviva e il duca d’Atri con la scorta d’onore composta da don Gaetano Buongiovanni duca di Sora, Maggiordomo Maggiore della regina, il principe siciliano colonnello Calvaruso, Cavallerizzo Maggiore, il nobile Colonna, Maggiordomo di Settimana, la vedova principessa di Colobruno, Cameriera Maggiore, la duchessa di Calvizzano, Guardia Maggiore. Infine don Manuel de Lazzada, medico personale della regina, che fu sostituito in seguito dal celebre clinico francese Peyrot.
La giovane sovrana s’inginocchiò con una graziosa riverenza per il baciamano. Carlo le prese a volo la mano ridendo e disse al duca di Sora: «Signor duca, mi avete portato una bambina». Al che Maria Amalia rispose pronta: «Maestà, una bambina che saprà farvi felice».
E fu vero, mai unione matrimoniale si rivelò cosi perfetta.
I due coniugi si unirono sul posto nel ben padiglione a pianta quadrata in raso color latte, con ben 6 ambienti foderati con damasco cremisi e oro.
Nei giorni successivi i giovani sovrani cavalcarono per fondi e assistettero al Te Deum solenne nella cattedrale di Gaeta, visitarono il Santuario della Trinità nella cittadina inghirlandata di fiori e di bandiere borboniche, omaggiati dal dono del cardinale, una tazza d’oro del valore di 200mila ducati napoletani.
Carlo e Maria Amalia arrivarono in incognito a Napoli il 22 giugno.
Seguirono giorni di festeggiamenti in onore dell’o sposalizio di Carlo e Maria Amalia. Andarono ad assistere al Te Deum di ringraziamento alla Cappella Palatina e poi parteciparono al pranzo ufficiale con la nobiltà e i sette grandi principi del Regno a Palazzo Teresa, a quel tempo caserma di cavalleria, nella via che nel 1768 sarà chiamata Foria.
Grandi feste anche per le strade: a balconi e finestre lenzuoli e drappi bianchi, bandiere borboniche avevano salutato un corteo reale che sfilava per le vie , aperto da una compagnia di 100 granatieri a cavallo della Guardia Reale con gli ufficiali in gorgiera, la corazza dorata a mezzaluna con al centro il giglio borbonico. Poi 100 guardie del corpo con il loro capitano a cavallo e una carrozza d’avanguardia e gli ufficiali della Corte e Stato Maggiore in altre vetture.
In testa la carrozza reale dipinta dal Solimena trainata da un tiro ad otto partì da via Costantinopoli scortata dagli Alabardieri, poi una seconda carrozza di rispetto con sei tra dame e gentiluomini, tra cui don Raimondo de Sangro. Chiudeva il corteo una compagna di Granatieri della Guardia. Proseguirono fino a Porta Susciella, oggi Porta Alba, e per la zona dello Spirito Santo. Nel pomeriggio giunsero a Palazzo Reale passando sotto luminosi Archi di Trionfo.
Il popolo aveva salutato gioioso per tutta via Toledo. I sovrani passarono davanti la chiesa di San Domenico Soriano ed una fontana sorse improvvisamente in mezzo la strada con getti d’acqua e statue allegoriche.
A Largo di Palazzo i sovrani assistettero alla sfilata dei carri di Piedigrotta, tra cui quello di Bacco o della cuccagna, e dei mercanti di tutte le Corporazioni di Arti e Mestieri. Tutti lanciavano confetti in onore degli sposi. Poi il carro della cuccagna, colmo di ogni ben di dio venne lasciato all’assalto gioioso del popolo …
Un altro giorno sulla spiaggia di Chiaia, davanti la chiesa di San Leonardo a mare, un finto castello, opera dal brigadiere generale del genio Medrano, veniva bombardato dal largo da sessanta galeotte della flotta con cannonate di limoni e di mele.
Il 4 luglio vi fu uno spettacolo di gala al Teatrondel Fondo, dove fu rappresentato “Le nozze di Amore e Psiche” con testo di Giovanni Baldanza , seguito dalla parata militare dell’esercito borbonico. La serata vide anche un finto assalto al forte del Granatello di Portici, con scambi di cannonate e di fucileria a salve e la simbolica resa a re Carlo III.
il 6 luglio 1738 il re e la regina insignirono 60 cavalieri dell’appena fondato Ordine Equestre di San Gennaro, che vedeva il re Gran Maestro. I cavalieri avevano l’obbligo di non accettare duelli e vestivano mantelli con la grande croce e 4 gigli e l’insegna di San Gennaro. Il motto In sanguine foedus era riportato su di una sciarpa cremisi.

Michele Di Iorio