L’avvocato Michele de Iorio


Dedico queste righe a chi definisce terroni, cafoni, sporchi, gretti gli uomini del sud con un razzismo indegno del vivere civile; parlerò della biografia di uno dei tanti cittadini del Sud: l’avvocato Michele de Iorio da Procida, studioso e un grande giurista: ecco chi era.
A questi tratti fondamentale bisogna aggiungere una tipica mente napoletana geniale e un senso giuridico estremamente moderno per l’epoca.
Michele de Iorio, vissuto a Napoli, fu autore di tantissime riforme a livello europeo e mondiale nel settore giudiziario del ‘700  borbonico che gli valsero le lodi unanimi di tutti i colleghi di Giurisprudenza.
Operò a Castel Capuano, collaborando sia col Primo Ministro Tanucci che con il suo successore Guglielmo Acton, in carica dal 1779 al 1799
L’insigne giurista nacque a Procida, la bellissima isola del Golfo di Napoli, il 18 ottobre 1738, da padre Giovanni Antonio, avvocato, e da Teresa Assante, secondogenito dei baroni de Iorio, nobili procidani.
Discendente da un’antichissima famiglia, illustre per uomini di legge, avvocati, notai, giudici, vescovi e cardinali sin dal 1600, di nobiltà risalente addirittura al 980 d.C. come famiglia Iorio derivata dalla gens romana Giorgi del 329 d.C. e trapiantata in parte nel napoletano e in parte negli Abruzzi e in Venezia.
Gli Iorio furono conti di San Giorgio a Cremano e poi conti di Santanastia nel 1081, mentre nel 1164 un ramo si staccò dalla famiglia in forma patronimica indipendente, i de Iorio; da questa poi si staccherà nel 1460 la nuova famiglia dei di Iorio.
I de Iorio furono amministratori feudali privati di molte famiglie nobili del Regno, tra cui la famiglia Caetani; nel 1585 diventarono amministratori privati dei beni dei principi d’Avalos, marchesi di Pescara. Questa loro mansione determino l’insediamento della famiglia a Ischia e a Procida, dove abitarono nell’ex palazzo d’Avalos a Torremurata; furono innalzati al rango di baroni nel 1750 nella persona dell’avv Francesco, fratello maggiore di Michele, da re Carlo III.
Dal 1750 entrambi per volontà paterna si trasferirono a Napoli a studiar diritto presso l’Universita degli Studi “Federico II”, dove lo zio paterno Andrea era docente di Diritto Civile.
Michele de Iorio si laureò brillantemente nel 1756 A e superò i due anni di abilitazione come procuratore legale; fu poi avvocato civile dal 1760 in Napoli.
Nel 1761pubblicò il suo libro sulla storia delle leggi del Regno delle Due Sicilie elogiando re Carlo III per aver introdotto nel 1752 il Codice Civile napoletano, primo in Italia; nel 1763 pubblicò un libro elogiativo delle leggi del granduca Leopoldo di Toscana che riguardavano l’abolizione della pena di morte, con dedica a re Ferdinando IV; è inoltre del 1778 la pubblicazione di un volume sulla storia della Navigazione e Diritto Commerciale.
Suo fratello, il barone e avvocato Francesco, aveva poi pubblicato come professore universitario la storia delle pandette giuridiche dal tempo dei Romani e Bizantini; morto nel 1758 senza figli, il titolo baronale passò a Michele, che nel frattempo era diventato assistente universitario alla Cattedra di Diritto Commerciale.
Re Ferdinando , tramite il Primo Ministro Acton, nominò dunque Michele socio dell’Accademia di Scienze e Belle Lettere di Napoli, incaricandolo di redigere un Codice di Commercio per il Regno.
L’avvocato de Iorio nel 1781 pubblicò dunque il Codice di Commercio e della Navigazione nel Diritto Internazionale, dedicando il volume al re; un certo cavalier Azuni, piemontese, nel 1782 tentò il plagio dandolo alle stampe col suo nome, ma il ministro Acton fece sequestrare le copie e bandire l’Azuni dal Regno, gettando praticamente le basi di quello che sarebbe stato il Diritto d’Autore.
Michele de Iorio ebbe la cattedra universitaria di Commercio, fu socio del Consiglio Supremo della finanza e del Supremo Magistrato di Commercio, e nel 1782 fu anche professore di Diritto Internazionale.
In base ai suoi studi il Governo duosiciliano nel1788 varò le leggi sulla difesa dei non abbienti da parte degli avvocati patrocinanti; sull’istituzione dei giurati nei processi e sulla pubblicazione di tutte le sentenze civile e penali del Regno tra 1773 e 1788; sui diritti internazionali e consolari con l’estero; sul diritto d’albinaggio, ovvero del diritto del Fisco di succedere nelle eredità di persone straniere che muoiono nello Stato senza essere naturalizzati.
Nel 1788 il governo borbonico abolì la manomorta ecclesiastica e distribuì le terre della Chiesa tra i poveri mediante apposita Commissione di Stato; l’anno seguente Michele de Iorio collaborò con Antonio Planelli al Codice di Regolametazione della colonia di San Leucio, famoso modello agrario e setificio, per conto del re Ferdinando IV.
Inoltre fu amico di Gaetano Filangieri e di Antonio Genovesi e corrispondente all’estero di Wolff, di Vattel e di Montesquieu per il Diritto Romano.
Dal 1779 fu avvocato dei poveri presso il Tribunale dell’Ammiragliato; dal dicembre 1783 giudice presso lo stesso Tribunale.
Nel 1790 pubblicò il codice del corallo in difesa dai soprusi dei pirati barbareschi, plaudendo alle azioni di rappresaglia militare navale ispano-napoletana del 1780 e del 1790.
In un procedimento difese in causa giuridica i diritti del Comune di Ponticelli e nel 1782 ne fu eletto sindaco onorario.
Seguì Ferdinando IV nel suo viaggio a Lecce e nel 1797 venne nominato marchese dal sovrano, viste le lodi per la scuola giuridica universitaria e in particolare per de Iorio; inoltre in marzo nel 1798 venne anche nominato dal ministro Acton Presidente del Tribunale dell’Ammiragliato al posto del lucano Mario Pagano, arrestato perché massone e giacobino.
Michele de Iorio e suo fratello Giuseppe, teologo e vescovo, furono arrestati il 5 aprile 1799 dalla guardia nazionale dei repubblicani filofrancesi, agli ordini del capitano Ferdinando Ferri, amante di Luisa Sanfelice, perché sospettati di aver preso parte alla congiura realista dei fratelli Baccher; vennero imprigionati nelle segrete di Castel Nuovo in attesa di fucilazione, ma il 22 giugno, con la piena vittoria dell’Armata Sandefista borbonica del cardinale Fabrizio Ruffo, furono immediatamente liberati e Michele venne reintegrato nei suoi incarichi giuridici.
Anzi, ne ebbe ancora due: nell’agosto fu Vicepresidente del Supremo Consiglio di Stato e nel settembre Protonotaro del Regno delle Due Sicilie.
Nel frattempo continuò a pubblicare libri universitari giuridici sul Commercio e sul Diritto Internazionale e della Navigazione; nel giugno 1802 fu presidente del Regio Consiglio di Stato e della Corona e confermato da Ferdinando IV nei diritti di nobiltà per sé e per i figli maschi di marchese e di nobile in Procida.
Fino alla morte tenne prestigiose cariche pubbliche come quelle di direttore del Banco del Salvatore, assessore al Fondo della separazione dei beni dei lucri, direttore del Pubblico Archivio Generale, membro della Giunta per risollevare il Commercio della Seta, presidente del Real Lotto, Consigliere del Tribunale della Giunta del Corallo a Napoli e Torre del Greco.
Fino alla sua morte rimase comunque titolare della cattedra universitaria di Commercio e si distinse nel favore la politica borbonica contro la tratta degli schiavi; progettava anchel’abolizione dei lavori forzati e della pena di morte per i reati comuni e penali, se non di rango militare o contro la persona del re.
Nel 1804 al funerale in Napoli di suo fratello il vescovo Giuseppe erano presenti la Reale Corte, la nobiltà, i professori dell’Università, il clero, la magistratura; addirittura ebbe l’onore della scorta militare alla presenza di re Ferdinando e del cavalier Acton.
Suo figlio Francesco, ebbe la sfortuna di morire prima del padre Michele: perciò ne divenne erede il nipote Andrea, che divenne illustre archeologo e famoso letterato ecclesiastico.
L’altro figlio Vincenzo seguì le orme paterne e fu avvocato e poi Giudice Regio Vicario e dal 1799 al 1801Regio Visitatore di Stato nella provincia di Avellino.
Michele de Iorio morì il 13 febbraio 1806 a Procida nella casa avita, e la sua memoria fu onorata dai Borbone ma anche dalla Scuola Giuridica Napoletana sotto il Regno di Giuseppe Bonaparte nel 1809 e poi di Gioacchino Murat nel 1814.

Michele Di Iorio