La scomparsa di Majorana

majoranaLa vicenda di Ettore Majorana rimane un inestricabile canovaccio pirandelliano, di quelli che si trascinano all’infinito, nonostante che abbiano tentato di risolverlo in mezzo secolo di storia circoli di occultisti, ufologi,,squadre di poliziotti, servizi segreti tra cui quello italiano di Mussolini, giornalisti e scrittori, tra cui Leonardo Sciascia.
Majorana nacque a Catania il 5 agosto 1906 alle ore 20,15, sotto il segno astrologico del Leone e ascendente nel segno dei Pesci, da una famiglia di grande genialità. Il nonno paterno Salvatore era economista e giurista, nonché simpatizzante di Garibaldi, più volte ministro. Lo zio Angelo dottore in Legge, titolare di tre cattedre universitarie a Catania. Lo zio Quirino a 21 anni si era laureato in Ingegneria e a 21 anni in Fisica e Matematica. Lo stesso padre di Ettore, Fabio, si laureò a 19 anni in Ingegneria e tre anni dopo in Fisica.
Ettore Majorana a 4 anni era un enfant prodige e risolveva a mente calcoli di radici quadrate e cubiche. A 7 anni fu campione nel gioco degli Scacchi.
A 16 anni prese a leggere con avidità le biografie di Leonardo da Vinci, Newton, Keplero, Mozart, Beethoven, Saint Germain, Cagliostro, appassionandosi particolarmente alla figura dello scienziato e letterato napoletano Raimondo de Sangro principe di Sansevero e alla teoria della reincarnazione.
A 17 anni conseguì la maturità scientifica e s’iscrisse alla facoltà di Ingegneria. Poi seguendo due amici di corso, Edoardo Amaldi e Emilio Segre, passò alla facoltà di Fisica, dove si era appena laureato Enrico Fermi.
Majorana si laureò su presentazione di Fermi, di cui nel frattempo era diventato allievo, con 110 e lode con tesi sulla sua teoria quantistica dei nuclei radioattivi.
Timido, introverso, qualche battuta fulminante e le immancabili sigarette Macedonia, Ettore fu uno dei ragazzi di via Panisperna, dove c’era l’Istituto di Fisica. Che bella gioventù: Rasetti, Pontecorvo, Segre, Amaldi e naturalmente Fermi.
Majorana leggeva di tutto e si dedicò anche a calcoli e studi egizi. Scriveva i suoi appunti su ogni tipo di carta, anche su quella igienica. Aveva una venerazione per Albert Einstein, per il fisco e matematico illuminista d’Alembert, per sir Alexander Fleming, massone e scienziato come il d’Alembert, cosi come Antonio Meucci, l’ingener Avery Brundage, e infine il suo corrispondente da Napoli il docente di Matematica Pasquale del Pezzo duca di Campodisola.
Gli studi di Fermi potenziati da Majorana portarono anni dopo nei laboratori di Los Alamos a Chicago alla realizzazione della bomba atomica e alla formulazione della teoria di quella termonucleare, l’uso del laser e la teoria della vita parallela o terra parallela in filosofia matematica, al viaggio oltre il tempo e lo spazio.
Nel 1933 Fermi lo propose la borsa di studio dell’Accademia dei Lincei e lo spinse ad andare in Germania, a Lipsia. Qui conobbe il fisco Heisemberg. Con lui discuteva di tutto: fisica nucleare, di radioattività, di laser, di matematica e fisica quantistica, ma anche di reincarnazione, di lune e terre parallele, dei Rosacroce, della santa Vehme, della misteriosa energia del Vrill …
Majorana scriveva ai genitori, dichiarandosi neutrale e non interessato al nazismo. Dalla Germania partì alla volta della Danimarca per incontrare Niels Bohr, padre della fisica moderna.
Prese a soffrire di disturbi gastrici di origine nervosa e rientrò a Roma quell’autunno.
Nel 1934, fortemente colpito dalla morte di suo padre, si chiuse in casa a studiare.
Nel 1937 vinse il concorso per la cattedra universitaria di Fisica dell’Università di Napoli, ove arrivò nel gennaio del 1938, andando a vivere all’Hotel Bologna. Fece diverse escursioni agli scavi archeologici e visite a musei e pinacoteche, a Cappella Sansevero, sempre più affascinato dagli studi del de Sangro.
A questo punto iniziò il mistero della sua scomparsa.
Il venerdì 25 marzo 1938, dopo aver scritto una lettera al professor Carrelli dell’istituto di Fisica di Napoli, dove annunciò la sua decisione di sparire nel nulla. Dopo aver riscosso in banca 4 stipendi, s’imbarcò alle 10.30 sul postale per Palermo. Il giorno successivo scrisse una seconda lettera a Carrelli dal Grand Hotel Sole di Palermo per comunicargli che sarebbe rientrato a giorni a Napoli. Inviò anche una lettere alla madre. In seguito si scoprì che aveva ritirato il passaporto.
Dopodiché più nulla. Non diede più notizie di sé.
Allarmati, la madre,gli amici , madre, i colleghi allertarono la polizia nella persona del capo Antonio Bocchini. Vennero interessati i servizi segreti italiano, tedesco, inglese e americano, danese, francese. Si pensava fosse fuggito in USA o in URSS, ma non se ne trovò alcuna traccia. Si effettuarono ricerche anche in Nordafrica. Si setacciò tutta l’Italia, ma niente: nessuno lo vide o sentì più.
Una vicenda per molti risvolti degna di Pirandello. In seguito ne scrisse ammirato Leonardo Sciascia nel suo libro “La scomparsa di Majorana”.
Le ipotesi sulla sparizione di Ettore Majorana furono molte, anche fantasiose: c’era chi diceva fosse stato rapito o fuggito su ufo, o in Israele … Qualcuno riferì invece che fosse rientrato clandestino dalla Tunisia nel 1943, rifugiandosi prima nel Duomo di Monreale e poi tra i monaci certosini di Mazara del Vallo fino al 1945.
 
Pare infatti che se ne sia trovata traccia a proprio a Mazara, dove venne segnalato il caso di un uomo profugo italiano dalla Tunisia, alto un metro e settanta, veloce di andatura, sigaretta sempre in bocca, con un bastone a verga con incise le iniziali E. M., una cicatrice sulla mano destra, una profonda cultura scientifica. Aveva documenti intestati a Tommaso Lipari.
Taciturno, dignitoso, quest’uomo dormiva in strada come un barbone, non chiedeva mai elemosina e si cibava di rifiuti come un cane randagio.
Aiutava dei ragazzi a studiare gratuitamente per le strade di Mazara e veniva tollerato dalla polizia locale.
Quando apprese dello scoppio dell’atomica in Giappone nel 1945 ne fu molto colpito, esprimendo un dolore strano …
Nel 1963 i fratelli Romeo cercarono di fare amicizia con lui avendo notato la grande somiglianza con Majorana, ma l’uomo rimase distante e non affermò mai nulla.
Morì sui gradini della statua di san Vito con l’ultima sigaretta tra le dita all’imbrunire del 9 luglio del 1973.
Il sindaco di Mazara del Vallo organizzò per lui con i fratelli Romeo un solenne rito pubblico con banda musicale e bandiere tricolori nella fastosa cattedrale normanna.
L’intera popolazione partecipò alle esequie. Tutti dicevano che era morto lo scienziato Ettore Majorana.

Michele Di Iorio