La realtà dell’annosa questione meridionale

emigrazione dal sudPasseggiando per le stradine lastricate illuminate da romantici lampioni  antichi  per il borgo storico di Somma Vesuviana, a ridosso del Castello Aragonese con la giovane Angela, di antica famiglia sommese, il discorso cadde sulle ultime ricerche fatte da entrambi sulle origini della Questione meridionale e dell’emigrazione di milioni di abitanti del Sud tra il 1861 e il 1914 nelle Americhe, in Europa e in Australia.
Un fenomeno nato dopo l’occupazione militare del nord che decretò la scomparsa del Regno delle Due Sicilie. Una vera e propria annessione violenta di uno stato sovrano, di cui vennero distrutte le fiorenti industrie, chiuse per dieci anni scuole e Università. Una spoliazione continua che cominciò con confisca dei soldi ed valuta in oro meridionale, e continuò con abusi, sequestri di giornali, coprifuoco, stati d’assedio, uccisioni di massa, stupri non solo di donne ma anche di bambine …
Un vero e proprio genocidio perpetrato in nome della libertà che sarebbe dovuta venire dall’Italia unita.
E ancora: processi mai avvenuti, false amnistie, torture nelle carceri, fucilazioni di patrioti ribelli costituitisi con la bandiera bianca fidandosi delle nuove autorità, la deportazione di tanta parte della popolazione duosiciliana nel nord Italia e nelle colonie africane umbertine.
Una delle pagine più nere di quella che fu solo una pulizia etnica – altro che unità d’Italia! – fu certamente l’inoculazione del vaiolo e della pellagra nei bambini delle campagne del sud tra il 1870 e il 1895 … Una “pulizia” tanto capillare da provvedere ad inculcare nelle menti degli abitanti del nord parole di spregio e odio ancor oggi indirizzate ai meridionali come «Colerosi, Vesuvio ed Etna lavateli nel fuoco», e così via …
Alla gente del Sud non restò altro che emigrare da queste terre rese desolate dalla ferocia di uomini che avrebbero dovuto essere fratelli, non carnefici.
Dal 1860 al 1864 undicimila italiani del sud furono convinti per loro fortuna, ad emigrare per sempre con le loro famiglie, dall’Italia negli Stati Uniti d’America, di cui 3000 ex garibaldini del sud, poveri e delusi, congedati dopo il 12 novembre 1860 tra Caserta e Napoli dai militari del nord. I vincitori, seppur alleati, li consideravano solo carne da cannone.
Tra gli emigranti della prima ora, vi furono 8mila militari fortunati che scamparono al  massacro perpetuato su circa 32mila soldati e sottoufficiali borbonici prigionieri di guerra dal 1860 in poi e sterminati nell’arco di due anni nel nord Italia, di cui 8mila nel campo di sterminio di Fenestrelle, sulla cui terrificante storia e sugli archivi in parte ancora non visionabili ci soffermeremo in altro momento.
Gli 8mila giovani militari borbonici finirono a combattere con onore e valore nella Guerra di Secessione tra nordisti e sudisti, tra 1861 e 1865, in reparti regolari degli Stati Confederati del Sud. Di questi, una parte di sopravvissuti nel 1865 passò poi il confine con il Messico guadando il Rio Bravo, andando a combattere nell’esercito messicano dell’imperatore Massimiliano d’Asburgo al fianco delle truppe francesi contro i ribelli di Benito Juarez fino al 1867.
Ecco come arrivarono questi soldati a combattere nella Guerra di Secessione americana. Lo statunitense Chatham Roberdeau Wheat , nativo della Virginia negli, reduce combattente della guerra del 1845-48 contro il Messico, dove raggiunse il grado di capitano dell’U.S. army, in congedo a New York conobbe Giuseppe Garibaldi,a quel tempo in esilio per le sue simpatie carbonare e mazziniane.
Wheat combattè poi nel 1850 con una compagnia di volontari americani al fianco dei mille di Garibaldi. Partecipò alla battaglia del Volturno e fu addetto militare U.S.A. sia a Palermo e che a Napoli.
Chiese e ottenne da Garibaldi che i suoi uomini congedati e cosi i giovani soldati borbonici che non avevano voluto né combattere per lui né accettare l’unità d’Italia  sotto il giogo piemontese, si imbarcassero per arruolarsi nelle truppe regolari delle due Confederazioni in vista dell’imminente guerra civile.
Il 13 dicembre 1860, i primi 82 prigionieri di guerra borbonici della battaglia del Volturno, furono imbarcati da Napoli sulla nave da guerra americana Elisabetta per New Orleans. Vennero inquadrati in diversi reparti della Lousiana.
Altri 182 soldati prigionieri a Capua vennero arruolati il 16 febbraio 1861, imbarcati sulla nave americana Olyphant.
Questi soldati duosiciliani vennero riorganizzati nell’esercito sudista del generale Lee, nel Garibaldi Guards Italian Battalion Louisiana della milizia.
Tra febbraio e aprile le navi americane le navi Utile, Charles e Jane, Washington e Franklin, trasferirono con approvazione delle autorità italiane, altri 4mila irriducibili soldati borbonici in gran parte prigionieri in Calabria e a Capua per sfoltire le prigioni militari del sud, dove erano richiusi circa 50mila prigionieri di guerra.
Nel marzo a New Orleans venne costituito per l’armata sudista il X reggimento fanteria detto della Legione Straniera di Lee con soldati di 22 nazionalità diverse. Tra di loro c’erano 25 soldati borbonici, tra cui il soldato Luigi Iorio, il sergente Michele di Iorio, Ciro Improta.
Nell’aprile del 1862 il battaglione Garibaldi Guards Louisiana, composto da tutti ex soldati e sottoufficiali borbonici, a seguito delle proteste dei militari, tra cui il capitano Lucio Senatore di Cava de’ Tirreni, venne innalzato a Reggimento europeo dei sudisti. Il suo motto era Vincere o Morire. Furono i valorosi 1400 ex borbonici che presero poi parte alla difesa di New Orleans l’1 maggio del 1862. Il Battaglione venne sciolto il giorno dopo dai vincitori della Confederazione degli Stati del Nord.
Il X reggimento fanteria della Lousiana nell’aprile del 1862 dopo le gravi perdite subite fu invece riorganizzato con 1500 militari duosiciliani.
Poi arrivarono da Napoli altri 4mila ex prigionieri borbonici e il totale salì così ad totale di 8mila.
La seconda ondata di borbonici irriducibili furono affiancati ai 16mila soldati sudisti del generale Stonewall Jackson nella prima battaglia di Winchester in Virginia occidentale contro 6500 unionisti del Nord.
Il generale Jackson riunì 26mila soldati sudisti in tutto, di cui 6000 erano borbonici. Nella battaglia di Harpers Ferry del settembre 1862 fecero prigioniera l’intera guarnigione nordista di 12mila soldati, rinchiudendoli a Camp Douglas, nei pressi di Chicago, Illinois, Tra di essi c’era il 39esimo Reggimento italiano di fanteria dell’Unione del Nord, formato da 1300 ex garibaldini.
Il generale Lee tributò grandi onori ai soldati duosiciliani. Decorò personalmente Michele Di Iorio di Larino, nato nel 1825 in Molise, che si battè valorosamente contro i nordisti nella campagna della Shenadoah Valley con il generale Early e poi al fiume Appomattox nel 1863, raggiungendo il grado di maggiore delle truppe confederate sudiste. Ai suoi ordini vi erano 25 militari borbonici dell’Abruzzo e del Molise.
Questo ramo della famiglia Di Iorio emigrò in gran parte negli Stati Confederati del Sud e solo dopo il 1865, sotto Abramo Lincoln, passò alle truppe dell’Unione del Nord.
Il valoroso 39esimo Reggimento nella battaglia di Malvern Hill perse il 27% degli effettivi ingaggiati. Altre gravi perdite a Sharpsburg, Chancellorsville e infine a Gettysburg. Tanti caduti duosiciliani, sempre salutati dal maggiore Michele Di Iorio e dagli altri ufficiali sudisti alla sciabola, al grido di «Viva la Confederazione del Sud! Viva Napoli! Viva le Sue sicilie!…»
Degli 8 mila soldati borbonici caddero da eroi 3200 giovani sotto la propria bandiera, quella degli Stati Confederati del Sud con al centro i gigli delle Due Sicilie.bandiera
Vestirono uniformi improvvisate e imbracciarono moschetti antiquati ma combatterono da eroi per l’onore del Sud.
Solo alcuni di loro accettarono di passare nell’esercito vincitore degli unionisti del Nord. Gli altri si integrarono tra i cittadini americani, memori del grande Sud Confederato e delle Due Sicilie.
Dedico queste pagine agli 8mila italiani del sud borbonici che pugnarono da eroi nella secessione sudista, i cui discendenti a  Little Italy a New York anocora dopo un secolo e mezzo celebrano il San Gennaro Day …bandiere

Michele Di Iorio