La montagna del bene e del male

DCIM100MEDIAL’uomo morente – il cancro polmonare lo aveva devastato – dimesso dall’ospedale, nel luglio caldo e afoso del 1983, funzionario dell’Arsenale di Napoli, massone, teosofo, rosicruciano, cataro, albigese, nato a Napoli nel 1919, nome iniziatico Edo Aram era il presidente del cenacolo rosicruciano Eugenio Aram in via Orsi dell’Arenellla, fondato il 24 luglio 1976, con 24 soci italiani. Al secolo era il cavalier Eduardo Nappa.
Era stato allievo di Antonio Ariano e di suo nipote Nicola, amico fraterno di Vincenzo Gigante, Eduardo Geber Petriccione, di Luigi Spartaco, di Giovanni Pica, di Giuseppe Cuccurullo, genero di Lebano, del conte Gian Gastone Ventura, del ragionier Brunelli, di Luigi Ciardiello de Bourbon, tutti membri dell’Ordine Egizio Osirideo Scala, della stessa filiazione di Raimondo de Sangro e di Giustiniano Lebano.
Tutti erano stati i cofondatori dell’Ordine Rosacruciano d’Oro di Caliel, nato a Lucca il 23 settembre 1973, con Luigi Petriccione, Loris Carlesi, Benno, Carlo Gentile.
Tuttavia, il morente Eduardo Nappa quel mattino fece uno sforzo per indicare a tre amici e allievi del cenacolo Aram, Giovanni Pica, Nicola Ariano e Giuseppe Del Noce, la sua biblioteca personale; l’invitò inoltre a farsi avanti per le consegne del Fondo Lebano, portato via da Ariano dalla villa di Trecase nel 1978, in occasione dell’inaugurazione della Loggia Giustiniano Lebano di Boscoreale.
Tra i libri lebaniani c’era una cassettina di legno contente una piccola scatola metallica chiusa con un catenaccio: dentro un volume e un calice, un medaglione di metallo, tutti oggetti personali di Giustiniano Lebano, tutto consegnato per volontà del nappa a Nicola Ariano. Il volume era intitolato La montagna del bene e del male – La vera storia di San Ciro o il saggio Kir.
Il libro parla di Atlantide e della sua distruzione consumatasi in 24 ore durante diluvio causato dalla caduta dell’asteroide Apollo proveniente da una fascia tra Giove e Saturno, avvenuta il giorno 5 giugno dell’anno 8498 a.C.
Il diluvio distrusse anche il continente di Iperborea, provocò drammatici cambiamenti di clima nell’attuale deserto del Sahara e in Siberia e lo spostamento dell’asse terrestre, con la conseguente morte di 54 milioni di atlantidi su 64 milioni di abitanti e di ben 360milioni in tutto su tutta la terra arcaica nei primi 18 giorni di diluvio, attenuatosi solodopo 200 giorni nelle Americhe e 365 in Europa, Asia e Africa.
Su avviso di astronomi, tre giorni prima del cataclisma erano salpate da Atlantide 12 arche giganti grandi quasi come navi spaziali anfibie, con 10 milioni di profughi tra cortigiani, militari, scienziati, sacerdoti, principi reali. Ognuna aveva preso 12 direzioni diverse: Monte Ararat, Medioriente, Inghilterra, Montagna sacra in India, Montagna sacra in Campania, nell’odierna Cuma, Olimpo greco, coste dellaSpagna, Golfo del Messico a largo dello Yucatan, tra le popolazioni olmeche, guidata dal principe reale Ilthar o Ttzamana, figlio di Gadiro, e l’ultima guidata da suo fratello Thot, Gran sacerdote e dai suoi figli Osiride e Seth e le rispettive mogli Iside e Nephitis fino alll’attuale deserto dell’Egitto.
L’Egitto, colonia di Atlantide, si trovò poi in lotta per la successione reale tra i principi Osiride e Seth, il primo spalleggiato da sua moglie Iside, da sua cognata e da suo figlio Horo e infine da suo zio Thot. La razza dei semidei egizi discese da Horo e regnò fino al 5000 a.C.
In seguito il faraone Zoser nominò Imphotet gran sacerdote di Osiride e reincarnazione del dio Thot, Gran Vizir d’Egitto e grande architetto; tramite lui fondò le gilde dei costruttori di piramidi, dei servitori della verità e della giustizia; a Deir el Medineth vicino Menfi fece costruire la piramide del faraone Zoser e il tempio di Osiride ad Abido.
Imphotep morì durante i progetti per la grande piramide di Cheope e si reincarnò nel sacerdote egizio Timotep, gran sacerdote di Eliopolis e poi gran sacerdote di Aton ad Abido, sotto il regno del faraone Ackenaton nella nuova città di Aton; perì durante la feroce guerra civile contri i sacerdoti ammoniti in cui persero la vita il faraone e suo nipote Tutakamon, circa nel 2000 a.C.
Dalla reincarnazione osiridea dei grandi sacerdoti e architetti, si reincarnò Kir il sacerdote medico di Alessandria d’Egitto, famoso erborista, vissuto nel 280 d. C.
16 anni dopo per la vittoria dell’imperatore romano Diocleziano sul rivale Achilleo, furono perseguitati tutti i dotti, medici, sacerdoti, astrologi d’Egitto e Kir si ritirò per prudenza nel deserto lungo il Nilo come medico eremita, conosciuto da tutti come Abba Kir – il saggio Ciro – per la sua taumaturgia.
Nel 298 d.C. giunse da Abba Kir un disertore dell’esercito romano, Giovanni d’Edessa, nato vicino Babilonia, nella cittadina sumera di Kutu; famoso guerrigliero nel conflitto contro il re di Persia e poi arruolato come mercenario tra i romani di Galerio, Giovanni era di stanza ad Alessandria e nel 296 combattè contro Achilleo; incontrò il medico sacerdote e divenne il suo aiutante di studio nella cittadina di Canopo, dove Abba Kir curava poveri e i profughi fenici, viaggiatori greci, e perfino funzionari e ufficiali romani, come il prefetto siriano di Roma.
Kir ospitò e curò in casa sua alcune donne cristiane e per questo motivo venne arrestato insieme a loro e a Giovanni d’Edessa dai soldati della legione di Galerio e mandati al patibolo il 31 gennaio del 299 d.C.
Abba kir fu seppellito insieme a Giovanni nel vicino villaggio della costa egizia di Manute, che in seguito fu chiamato dai cristiano-copti Abu Kir.
Molti egizi di Alessandria, saltimbanchi, giocolieri, attori, indovini, sacerdoti, maghi, astronomi, tra il 67 e il 299 d.C., in due ondate migratorie, si trasferirono per sicurezza a Napoli; qui tutti gli alessandrini formarono una grande colonia, a ridosso del teatro greco romano dell’Anticaglia, decumano romano, a via e a piazzetta Nilo e nella vicina città di Pompei e a Pozzuoli, dove si trova il tempio di Serapide.
Gli alessandrini tramandarono ai greci, sia in Egitto che a Napoli e Cuma, i segreti iniziatici del Libro Egizio dei Morti in un consesso di tre giorni che si tenne nelle cripte ipogee delle Catacombe di San Gennaro, di San Callisto e di San Pietro in Aram.
Queste notizie furono scritte e conservate gelosamente in Egitto dagli arabi e quindi vendute a re Federico II di Svevia; i preziosi documenti nel 1241 furono celati in Castel del Monte e poi trasferiti nel monastero benedettino di Torremaggiore nel marzo del 1308.
Nel 1750 vennero dunque consegnati al principe Raimondo de Sangro; dal 1763 vennero custoditi a Palazzo Capece-Zurlo di via dell’Anticaglia.
Alla morte del principe Giovanni furono trasferiti da sua figlia la principessa Giovanna, che nel 1828 si unì in matrimonio con il principe Gerardo de Sangro; all’estinguersi del ramo napoletano dei de Sangro, le carte passarono in eredità al conte Antonio d’Aquino di Caramanico; arrivarono dunque a Villa Lebano di Trecase, dove furono custoditi dal 1925 al 1948, e infine, nel 1978, a Eduardo Nappa.

Michele Di Iorio