La chiesa di Sant’Antonio dispensa arte e cultura

DCIM100MEDIAPORTICI – Dopo il grande successo del precedente incontro, nell’ambito della 14esima edizione di Giugno al chiostro il 21 giugno si è ripetuto l’evento Visita guidata al Convento di Sant’Antonio e alla Cappella Reale di Portici,
Giugno al chiostro, organizzato dai frati Minori del Convento di Sant’Antonio e promosso dall’associazione Onlus La Cetra Angelica, che ha sede presso la comunità religiosa, è una manifestazione realizzata in onore del Santo di Padova con  ingresso libero e gratuito.
La visita ai tesori storico-artistici del luogo è stata guidata con grande competenza, chiarezza e scioltezza dalla dottoressa Roberta Avilia; vi hanno partecipato circa 30 persone, informati tramite social-network o perché fedeli del distretto conventuale.
È stato presente anche Raffaele Cuorvo, assessore comunale alla Cultura, che ha commentato soddisfatto: «Queste sono iniziative che meritano».
Il convento è la chiesa più antica di Portici. La sua costruzione risale alla bolla papale dell’11 marzo 1337 con la quale il papa Benedetto XII autorizzò il ministro generale ad accettare «… una chiesa con dormitorio per dodici frati ed orto, che il nobiluomo napoletano Gualtiero Galeota vuol costruire e donare ai frati minori in una villa, che egli possiede nel luogo detto Portici, nei dintorni di Napoli».
L’edificio fonda su lava vesuviana e si trova sopraelevato rispetto alla strada; la chiesa originaria era orientata orizzontalmente, con l’ingresso ad ovest rispetto a quella attuale, e si accedeva attraverso una scalinata e sotto vi si trovava il piccolo borgo e il porticciolo.
Nei secoli il complesso edilizio si è esteso, effettuando inoltre restauri relativi ai dipinti in esso custoditi, e subendo anche saggi esplorativi allo scopo di scoprire eventuali reperti romani presenti al di sotto delle pavimentazioni. Raggi radar hanno rilevato la presenza di una probabile piccola cappella.
secondo pozzoIl convento è legato alla storia di due pozzi: il primo, come narra la leggenda, è legato al miracolo di San Francesco, che con un bastone colpì la pietra lavica da cui scaturì l’acqua; il secondo a quello di Sant’Antonio che salvò un bambino che vi cadde dentro.
Sul portone d’ingresso – ora restaurato – è raffigurato il simbolo francescano che rappresenta il braccio di Dio e di San Francesco che s’incrociano; le borchie del portale risalgono al ‘600.
Il nome originario della chiesa era dedicato alla Madonna della Grazia, a San Francesco e a San Giovanni Battista.
Nel ‘700, sotto Carlo III di Borbone, la chiesa mutò il nome in quello di Sant’Antonio, di cui il sovrano era devoto.
Carlo fece costruire a monte del Convento la sua Reggia, destinata ad essere una residenza estiva; essa si apriva sulla strada per consentire ai sudditi di attraversarla.
 
giardino conventoIl Convento assunse grande importanza proprio per la vicinanza con il Palazzo Reale: la presenza dell’ameno giardino dei frati con discesa a mare, in cui soleva passeggiare il re, dove affacciava la Reggia, divenne il simbolo dello stretto legame con i Borbone.
Entrando nella chiesa, nella navata laterale destra si ammira il dipinto secentesco di autore anonimo Madonna del Rosario con i 15 misteri
La Vergine è al centro, ed è rappresentata anche un’insolita Santa Caterina d’Alessandria in abiti nobiliari e la raffigurazione in basso degli eventi più importanti della sua vita e la Madonna del Carmine, mentre intorno al quadro sono ritratti i 15 misteri. Questo dipinto probabilmente indica che all’epoca nel Convento vi era una confraternita legata al Rosario.
Nella navata laterale sinistra si trova la pala di San Francesco che dispensa il cordiglio francescano, risalente al 1590 circa, di autore anonimo. Si nota il particolare della presenza sul capo di Antonio della colomba dello Spirito Santo e di Dio, esplicito riferimento alla S.S. Trinità.
Questo dipinto dimostra l’esistenza di un’ulteriore confraternita, composta non da frati ma da persone che conducevano vita francescana e ne godettero i benefici, come quello di ricevere l’indulgenza plenaria in determinate festività religiose.
Poco distante, è presente il fonte battesimale del ‘300, che insieme alla copertura in bronzo e alla fine scultura, è state restaurato in parte.
volta del presbiterioNella navata centrale, al di sopra dell’altare, si ammira il polittico raffigurante la Madonna della Grazia con il Bambino in trono, e ai lati, San Francesco  e San Giovanni, con in basso un contorno di predelle effigianti le immagini dei primi otto martiri e santi francescani. Il dipinto è opera di Stefano Sparano e risale al 1513.
Inoltre, sulla volta del presbitero è affrescata La gloria di Cristo insieme ai quattro evangelisti, di Angelo Mozzillo, datata 1793 circa.polittico Madonna col Bambino in trono
Di fronte all’abside c’è il maestoso organo risalente anch’esso al ‘700,  mentre in fondo alla chiesa, sulla destra, c’è la cappella dedicata al Sacro Cuore: essa ha una volta che riporta ornamenti e motivi floreali rococò.
organo convento
 
In quest’ambiente, Roberta Avilia ha mostrato diapositive raffiguranti ciò che si trova al di sotto della struttura conventuale: una cappella dedicata all’Immacolata Concezione eretta durante il ‘500, cripte, ossari e vasche di sepoltura.
Ciò prova l’antica esistenza di una Confraternita devota all’Immacolata Concezione, presso la quale il concetto della morte era molto sentito e si dava grande importanza all’accompagnamento nel momento del trapasso. Lo dimostrano gli affreschi che preparavano all’atmosfera mortuaria, come la lastra dei frati incappucciati, nonché la splendida deposizione di Cristo, gli angeli della morte ed immagini di scheletri e crani.
Il re le concesse il titolo di Reale arciconfraternita, ma per il carattere estivo della reggia, che evocava un’atmosfera più leggera, la confraternita fu trasferita nella chiesa dell’Immacolata Concezione in via Addolorata, sempre a Portici.
Uscendo dalla cappella del Sacro Cuore, si trova la sagrestia, con l’apertura su un cortile ove erano ubicate le vecchie stanze dei frati. Qui è esposta la statua dorata in legno di Sant’Antonio con in una  mano la Bibbia e nell’altra il giglio – questi ultimi in bronzo – risalente al ‘400.
La porta del refettorio, che da accesso alle antiche camere dei frati, priva di restauro, risale al 1785; su di essa è posto il simbolo francescano.
All’interno del convento, dove ora ci sono le stanze attuali dei frati, denominata zona di clausura, il cui accesso era vietato alle donne,  sorge una lapide che attesta il passaggio di Papa Pio IX, che fu terziario francescano.
Vi è anche una lapide che ricorda il santo Frate Salvatore Iovino intorno a cui si sviluppa l’intera esperienza della comunità dei Frati Minori Conventuali.
Il secondo piano, destinato ad altre celle per i nuovi frati, è sorto successivamente; inoltre vi è anche un ulteriore piano.
Sul secondo piano si trova un altare portatile, quasi una piccola cappella ove era solita pregare la regina Maria Amalia di Sassonia; il messale che la correda, meravigliosamente intatto, risale al 1879.
Vi è poi una Biblioteca, i cui libri più antichi sono quelli dedicati ai canti gregoriani.
Nell’uscire, si ammira sul corridoio la pala dell’Immacolata Concezione dove la Vergine schiaccia il serpente, mentre intorno ci sono i simboli delle litanie lauretane; in alto c’è Dio Padre, sotto S. Francesco e Sant’Antonio in atto di adorazione e vi è scritto Opus factum villa Porticus. La scritta dimostra che l’opera venne realizzata a Portici; l’autore è probabilmente Fabrizio Santafede, l’anno il 1593.
Sul piano ci sono altri dipinti non restaurati del ‘700 e dell’ ‘800. Un particolare di grande rilievo è una stanza in cui sono conservati tutti i paramenti sacri antichi, alcuni risalenti al ‘500, segno che a Portici vi era un’industria manifatturiera antecedente all’epoca borbonica, nata e sviluppatasi pertanto prima di quella di San Leucio.
I tessuti sono pregiati, ricamati in oro e gemme preziose ; è conservato anche il paramento che papa Pio IX indossò durante la sua visita al Convento per officiare la Santa Messa.
Nel 1981 la chiesa di S. Antonio divenne Parrocchia.
Dopo la visita alle magnificenze del Convento, i visitatori appagati sono rimasti però amareggiati: tanti tesori della chiesa non possono essere esposti e valorizzati, o restaurati come dovrebbero a causa della mancanza di soldi che la Sovraintendenza ai Beni Culturali lamenta.
Cappella RealeLa Cappella Reale è a pochi passi, sul lato di fronte al Convento. L’apertura delle porte dell’edificio sacro svela il lusso degli arredi e la superba raffinatezza delle statue.
Fatta costruire nel 1738 dallo stesso re Carlo, inizialmente era destinata a teatrino di corte della Reggia, come si può notare dal palco riservato al re e alle regina, dalla presenza di altri palchetti laterali e dalla tipologia della pavimentazione; è probabile che  all’epoca il re e la regina andassero a messa nella chiesa di Sant’Antonio.
È possibile che all’interno della cappella ci fosse un accesso per raggiungere direttamente il Palazzo Reale.
Nel 1758 il piccolo teatro divenne cappella e fu corredata di bellissime sculture di San Carlo Borromeo, San Gennaro, Santa Rosalia e Sant’Amalia, distribuite lateralmente. Al centro, dietro l’altare, c’è la statua dell’Immacolata Concezione interamente dorata con una corona di 12 stelle, forgiata  con i bronzi ricavati dalla fusione degli oggetti non considerati esteticamente gradevoli rinvenuti negli scavi di Herculaneum,  cui diedero il via gli stessi Borbone.
Una lettera di Mozart datata 1770  testimonia la sua presenza alla cappella palatina dove pare sonasse il pregiatissimo organo positivo opera del 1750 di Tommaso De Martino , con due campate ciascuna di nove canne e cassa decorata con volute e motivi floreali. Fu posto nella cappella  nel 1755.
A conclusione della visita guidata, il Rettore della Cappella, nonché presidente di La Cetra Angelica e Superiore del convento, padre Bernardino Fiori, ha dichiarato con malcelata amarezza: «Abbiamo tante cose belle, pezzi importantissimi,  ma il materiale non è ancora esposto perché siamo in attesa delle bacheche».
Lo Speaker non può dire se e quando arriveranno le bacheche, se verrà finalmente valorizzato un tale patrimonio,  purtroppo poco conosciuto. Può sottolineare però l’importanza delle visite guidate che certamente hanno portato luce sulla grande storia e sulla profonda cultura del Convento di Sant’Antonio e della Cappella Reale.
(Foto by Tiziana Muselli)

 Tiziana Muselli