La battaglia di Velletri

Trionfo di Carlo di Borbone alla battaglia di Velletri, Francesco Solimena, 1744, Reggia di Caserta.
Nel 1734 Carlo III di Borbone, Infante Reale di Spagna, mosse dal Ducato di Parma con un grosso esercito ispagnolo, ricco di mercenari esteri, tra cui albanesi, valloni, irlandesi, corsi, francesi,tedeschi, svizzeri, italiani vari alla conquista del regno di Napoli e di Sicilia, combattendo contro le truppe austriache vicereali.
Vinse facilmente ed entrato a Napoli organizzò da subito un Regno, ridando l’indipendenza al Sud; con l’aiuto del toscano Benardo Tanucci, ministro di Grazia e Giustizia, Affari interni, Casa reale, Poste reali ed in seguito Primo ministro, attuò una politica di riforme illuminate, soprattutto contrastando gli abusi ecclesiastici e feudali, promovendo costruzioni edili pubbliche e private di primaria necessità, riforme giuridiche, incremento della Difesa costiera, favorendo la rinascita manifatturiera e industriale, ampliando gli scavi archeologici.
Inoltre fece rifiorire degli studi universitari, snellì il sistema fiscale e giurisprudenziale, protesse scienziati , letterati e filosofi tra cui il famoso Raimondo de Sangro.
Intanto l’Europa si muoveva nel quadro di una guerra di successione sl trono di Polonia, con le sue prime tre battaglie sui vari fonti di guerra dal 1743 al 1744, a Dettingen, Campo Santo, l’assedio di Cuneo e Battaglia dell’Olmo nel 1744, l’invasione del ducato di Modena, alleato dei franchi-spagnoli contro austro-inglesi-piemontesi,e una Prussia che tra 1741 e 1743 aveva militarmente annesso la Slesia sottraendola gli austriaci.
Carlo III aveva avviato una radicale riforma della flotta militare dopo l’onta del 1742 ad opera degli inglesi nel porto di Napoli e il 23 novembre 1743 aveva emanato un editto reale di costituzione del Reale Esercito Napolitano.
La compagine militare borbonica era composta da 32 reggimenti di fanteria di linea, di cui 6 di veterani spagnoli che avevano seguito Carlo sin dal 1731 in poi, 7 del Real Corso, 8 della Real Macedone, 4 reggimenti di veterani valloni, i reggimenti Hainaut, Namaour, Anversa, Borbogna, 4 reggimenti svizzeri al comando del colonnello Tschudy, zio del barone Henry, amico del principe di Sansevero, il Wirz, il Jaunch, il Besler,il reggimento albanese Corona, cui aggiunse i reggimenti provinciali del Regno con elementi nati in quello di Napoli e in quello di Sicilia.
A questi si unirono anche 16 reggimenti di fanteria indigena, esattamente il 17esimo Real Palermo,il 18esimo di Val di Mazzara, siciliano, al comando del colonnello principe di Calvaruso, altro amico del de Sangro, il 19 di Val di Noto – che dal 1763 prendera il nome di Siracusa, il 20esimo di Terra di Lavoro, i 21esimo di Capitana di Foggia, al comando del colonnello Raimondo de Sangro di Sansevero, il 22esimo del principato Citra il 25esimo di Abruzzo Ultra,il 26esimo di Abruzzo Citra,il 27esimo di Basilicata, il 28esimo di Otranto, il 29esimo di Bari, il 30esimo di Calabria Citra, il 31esimo di Calabria Ultra, il 32esimo di Fucilieri di montagna.
La cavalleria in particolare constava di 6000 Cavalleggeri: Dragoni, Lancieri, Ussari, Cacciatori a cavallo tra Linea e Guardia al comando del maresciallo di campo e ispettore della Cavalleria don Francesco Eboli duca di Castropignano.
Il reggimento Dragoni Borbone, era stato costituito a Parma con dragoni spagnoli e poi ricostituito a Napoli con elementi parte spagnoli e gran parte indigeni; il reggimento Ussari del Re venne invece formato nel 1735 e comandato dal colonnello Grimau, il reggimento Rossiglione, tutto di militari indigeni, di Stanza a Secondigliano, comandato dal colonnello Gabriele Carrascosa.
Nell’ambito della guerra per la successione d’Austria Carlo III dovette affrontare l’esercito imperiale austriaco, che constava di 35mila soldati, di cui 20 mila fanti di linea e 6mila cavalieri, 2mila dragoni a cavallo ungheresi, e centurie sciolte di Traci, Silvani, Illirici e 6mila Croati, al comando de generale principe Johann Georg Christian von Lobkowitz, che, partiti da Milano e da Mantova, si riunirono a Parma e da lì marciarono su Firenze Granducale, sebbene fosse neutrale, per poi ritrovarsi in campo trincerato a Civitacastellana nel Lazio pontificio; dunque mossero in due ondate, di cui una minore, con i duemila dragoni ungheresi verso L’Aquila e l’atra attraversando Roma si mosse verso Albano laziale e Viterbo, accampandosi a Velletri nel luglio del 1744.
L’esercito napoletano al comando dello stesso re Carlo e del Capitan generale spagnolo, il conte di Gages schierò 30mila soldati in Campania, di cui undici reggimenti tra spagnoli, valloni, svizzeri, albanesi, 500 dragoni spagnoli e 3000guardie del duca di Modena, ospite e alleato di Napoli,20 mila soldati esteri e in più 22 reggimenti di fanteria di linea e 5 squadroni di cavalleria napoletana di linea, e altri 19 mila soldati indigeni; altri reparti dal 1742 presidiavano le frontiere degli Abruzzi.
Le truppe napoletane in allarme si erano adunate a Sessa Aurunca e trincerate a Gaeta e da li avevano varcato di notte lo storico fiume Garigliano e per San Germano, Cassino, Pontecorvo avevano raggiunto Albano laziale nel luglio del 1744, accampandosi davanti a Velletri di fronte al nemico.
Il 10 agosto i reggimenti napoletani Corona e i Macedone, formati da mercenari albanesi e irlandesi, corsi e greci, avevano portato un rapido e improvviso attacco serale alle posizioni avanzate austriache di Velletri sul monte Gennaro; gli imperiali accusarono il colpo, ma il giorno dopo di notte rilanciarono attaccando a sorpresa l’accampamento dell’esercito napoletano.
Gli austriaci tentarono di catturare il re che dormiva con il duca di Modena in casa Ginetti, al centro di Velletri, mentre attaccavano a fondo il reggimento Corona, il Macedone e il Capitanata, uccidendo in battaglia il colonnello Mcdonald che tentava di dirigere la scorta verso il re, che intanto era stato avvisato da una vecchia contadina locale e fuggì seminudo a cavallo con il duca di Modena riparandosi in salvo tra il grosso dell’esercito napoletano.
Da fuori Velletri. il principe di Sansevero, sebbene febbricitante, diresse il suo reggimento Capitana per contrastare gli austriaci che avevano già occupato la cittadina e saccheggiavano le case.
Sebbene gli austriaci contrattaccassero in forze, le truppe napoletane reagirono duramente dai sobborghi con il generale Beaufort comandante della Brigata Vallone e don Francesco Saverio Statella principe di Mongialino, aiutante del re.
Costretti ad arretrare i nemici, i borbonici lasciarono di guardia due cannoni e i soldati di Fiandra con la loro cavalleria al comando del colonnello don Placido de Sangro.
I napoletani pur perdendo tra morti e feriti 1400 militari ebbero la meglio e occuparono Velletri; gli austriaci persero 2600 uomini tra caduti e feriti e 2000 ungheresi vennero fatti prigionieri, per poi passare subito al servizio di re Carlo III.
Gli austriaci chiesero e ottennero una tregua per seppellire i caduti e recuperare i feriti, approfittandone però per fuggire e riparare a Viterbo; inseguiti dalle truppe napoletane, passarono per Ponte Milvio a Roma e di li si rifugiarono a Monteriggioni in Toscana.
Re distribuì generosamente gradi, onorificenze, premi in denaro a ufficiali, sottoufficiali e soldati; inoltre elevò il conte di Gages a duca. Sciolse il reggimento Corona e fece ricostituire con volontari pugliesi il Capitanata del principe di Sansevero, copertosi di gloria ma decimato in battaglia.
Il giorno successivo l’esercito napoletano fu rinforzato da 6mila soldati spagnoli sbarcati a Terracina con l’infante reale don Filippo fratello del re di Napoli e Sicilia, sposato a Margherita de’ Medici di Firenze, dove Carlo III fu ospite mentre il suo esercito inseguiva gli austriaci sempre in ritirata verso Parma; si scontrò nel giugno del 1746 a Piacenza, dove tra i soldati napoletani vi furono 4mila caduti, mentre vi furono 8mila tra morti e feriti per gli imperiali, oltre a 2mila prigionieri. Occuparono poi la Città il 26 giugno 1746.
Il 22 dicembre arrivarono a Genova, dove la popolazione era insorta contro gli austriaci; intanto il principe reale don Filippo fu proclamato duca di Parma , Piacenza e Guastalla.
Il reggimento Capitanata del colonnello Sansevero fu mandato di guarnigione e ricostituzione a Gaeta.
Con il trattato di Aquisgrana del 1748 gli austriaci dovettero riconoscere indipendente il Regno di Napoli e Sicilia sin dal 1734 e ratificare il principe Filippo legittimo duca di Parma, dove questi entrò solennemente il 9 gennaio 1749 accompagnato dagli ambasciatori di Spagna, Francia e Napoli.
Il 23 novembre di 290 anni fa nasceva il Real Esercito Borbonico; nel suo primo cimento bellico fu vincitore, ma fu solo la prima vittoria di una lunga serie.
A Velletri rimasero a testimonianza del valore borbonico molti segni, soprattutto nelle opere militari e civili, come le strade scavate dal Genio militare napoletano sul monte Artemisi
(Foto di copertina: “Trionfo di Carlo di Borbone alla battaglia di Velletri”, opera di Francesco Solimena, 1744, Reggia di Caserta)

Michele Di Iorio