L’ era glaciale secondo Danilo Maestosi


SALERNOAlla Pinacoteca provinciale nell’ambito degli eventi d’arte contemporanea in dialogo con il passato giovedì 14 novembre alle 18 si terrà il vernissage della personale di Danilo Maestosi L’era glaciale. Innesti,  a cura di Alfio Borghese ed Erminia Pellecchia.
Organizzata dall’associazione “Amici dei Musei”, presieduta da Vincenzo Monda, la mostra è stata realizzata con il patrocinio della Provincia di Salerno-Assessorato ai beni culturali e al patrimonio e la disponibilità della direzione dei musei e biblioteche provinciali. L’esposizione  proseguirà fino all’8 dicembre.
Danilo Maestosi, classe 1944, romano. Giornalista (Tempo, Paese Sera, Ansa, Rai, Messaggero con cui continua a lavorare come critico d’arte) e pittore. 
Alle spalle numerose esposizioni e collettive, presenta a Salerno L’era glaciale. Innesti: venticinque dipinti recenti, sulla scia della mostra presentata la scorsa estate al Palazzo delle Arti di Frosinone. Notizia in anteprima, parteciperà inoltre all’allestimento del Vittoriano di Roma della prossima primavera.
Maestosi lavora sul bianco, «… un colore – spiega l’artista romano – di gestazione, il colore dell’era glaciale lo chiamava Kandinsky, padre fondatore dell’arte contemporanea».
«Altre possibili coltivazioni, creare un ponte tra ciò che esiste e ciò che ancora non esiste attraverso l’innesto, perché diventi invisibile la linea di cesura», sottolineano Borghese e Pellecchia nel testo del catalogo delle opere di Danilo Maestosi, “Il giardino dell’utopia” dell’esposizione salernitana.
Il pittore si interroga sul presente, «… su questo infinito deserto di un tempo senza luogo e di una desolazione senza poi», scavando nel passato, quasi archeologo dell’anima, e portandolo alla luce per innestare le possibili, autentiche direttrici del divenire.
«Quasi volesse ricordare le nostre origini contadine, la possibilità di trasformare la pianta, di restituire vita al tronco morente – osservano ancora i curatori della mostra – Maestosi, nell’oscillazione ariosa di geometria e astrazione lirica, in quei segni e colori che si sviluppano in continua metamorfosi, sembra consegnare e restituire allo spettatore-attore una speranza per il futuro».
«I botanici – sottolinea l’artista – ricavano nuovi sapori e nuovi frutti o riportano a galla essenze ormai estinte incrociando specie vegetali attraverso sovrapposizioni, incisioni e ferite. Fare arte oggi non è molto diverso. La pittura come grido di stupore e silenzio. Vita che spunta sotto una coltre di ghiaccio. Maneggiamola con cautela: è molto fragile».