Indios Guaranì, lo sterminio di un popolo

Un indios Guaranì

Il Mato Grosso è il terzo stato più grande del Brasile; la maggior parte del suo territorio è occupato dall’Amazzonia.
Mato Grosso significa foresta fitta, ma gli alberi diminuiscono, bruciati, tagliati per far posto a piantagioni, nonostante che la foresta pluviale amazzonica sia un ecosistema di fondamentale importanza per il futuro del clima planetario.
È il polmone verde del mondo, ma la sua conservazione viene quotidianamente minacciata dalla deforestazione indiscriminata.
La foresta, soprattutto, è il territorio cui appartengono gli indios Guaranì.
I Guaranì sono gli abitanti originari di gran parte del sud-est del Sudamerica; nella loro lingua, il tupì, la parola guaraní significa guerriero.
I Guaranì parlano una lingua derivata dall’antico tupian e da influenze spagnole e portoghesi, una miscela chiamata tupí o Guaraní-Jopará ( jopará significa, appunto, miscela) ed è onomatopeica: molti dei suoi fonemi imitano i suoni naturali della foresta e degli animali.
Gli indios Guaraní sono orgogliosi della loro cultura e della loro lingua, della propria tradizione agricola.
I prodotti della terra sono il loro principale sostentamento, insieme a quelli della pesca e della caccia.
Ai Guaranì, nel corso dei secoli, è stata sottratta sempre più terra, sono stati privati forzatamente dalla loro foresta, per fare spazio a coltivazioni o strade, confinati in piccole riserve sovraffollate.
Nelle comunità Guaranì il tasso di suicidi è tra i più alti al mondo: secondo statistiche ufficiali, negli ultimi dieci anni, la media è di un suicidio Guaranì ogni settimana, tra adulti, ragazzi e, persino, bambini, che spesso soffrono di gravi forme di malnutrizione.
L’alcolismo, inoltre, fa il resto.
Da qualche anno gruppi di indios Guaranì hanno deciso di ritornare a vivere nei luoghi ancestrali, rioccupando le loro terre, stanchi di aspettare che le autorità facciano qualcosa, con un’azione che chiamano retomada, subendo violenze inaudite da chi vuole cacciarli.
Per i Guaranì non è facile, oggi, vivere nella foresta: circondati e assediati da uomini armati che vogliono mandarli via, incontrano enormi difficoltà per procurarsi cibo e acqua potabile, con la conseguenza che la loro salute si deteriora progressivamente.
Organi federali come FUNAI (Fundação Nacional do Índio), SPI (Serviço de Proteçao aos Índios) e FUNASA (Fundação Naiconal de Saude), ONG come ISA (Instituto Sócio-Ambiental), stanno lavorando per fissare, delimitare e preservare il territorio dei Guaranì, ma in modo estremamente lento, e, ormai, il tempo stringe.
I Guaranì sono ben decisi a non andare via dalla foresta pluviale.
Dopo l’ennesimo sfratto decretato da un giudice, per commentare la sentenza hanno scritto una lettera di denuncia, dichiarando:
« …Questa sentenza fa parte dello sterminio storico delle popolazioni indigene del Brasile.
Abbiamo perso la speranza di sopravvivere con dignità, e senza violenza, sulla nostra terra ancestrale … Noi tutti moriremo presto.
Vogliamo morire ed essere sepolti con i nostri antenati proprio qui, quindi chiediamo al governo e al sistema giudiziario di non ordinare il nostro sfratto.
Piuttosto, è meglio ordinare la nostra morte collettiva e la nostra sepoltura, ma qui.
Chiediamo, una volta per tutte, di ordinare il nostro definitivo massacro, e di mandare i trattori a scavare una grande fossa per i nostri corpi.
Abbiamo deciso, tutti insieme, di non lasciare questo posto, vivi o morti»
I Guaranì non voglio denaro, non chiedono aiuti governativi ne’ assistenza.
Tutto quello che vogliono è la loro terra, per sopravvivere o per morire.
(Fonte foto: web)

Tonia Ferraro