In viaggio con Wim Wenders


NAPOLI – «Quando si viaggia molto, e quando si ama semplicemente vagare e perdersi, si può finire nei luoghi più bizzarri».
Wim Wenders definisce così la natura del suo errare. Nei suoi viaggi immortala momenti sottratti alla storia, al tempo e allo spazio, ridefinisce visioni e plasma ricordi consegnando alla memoria collettiva la sua esperienza.
Regista, sceneggiatore, produttore, fotografo per passione e per mestiere, Wim Wenders è uno dei grandi esponenti del Nuovo Cinema Tedesco degli anni ’70. Nella sua ricerca cinematografica, elegante ed instancabile, ha trasportato l’America in Europa e trascinato l’Europa in America, contaminando il suo cinema con la passione per la musica rock, per la letteratura e la fotografia realizzando film memorabili come l’indimenticato “Il cielo sopra Berlino” del 1987 o il recente documentario “Pina”  realizzato come tributo alla coreografa tedesca Pina Bausch.
Appassionato viaggiatore, artefice di quella che viene definita “trilogia del viaggio” costituita da “Alice nelle città” (1973),” Falso movimento” (1974) e “Nel corso del tempo” (1975 ), ha dato vita ad una personale commistione di dinamismo e staticità, attenzione per la storia, cultura tedesca e sogno americano.
Nel 1985 ha diretto il documentario Tokyo-Ga ,sintesi audiovisiva di un altro viaggio, anche questo fisico ed interiore, nella capitale giapponese per rintracciare le linee guida, i luoghi e i simboli presenti nei film diYasujiroOzu, regista giapponese da lui molto amato.
È un iter psichedelico e frastornante, quello che si profila agli occhi del visitatore, nelle luci di una Tokyo in cui opera la ricerca ossessiva di ricordi che gli riconsegnino fisicamente e simbolicamente tutto il cinema di Ozu.
Ma il cinema di Ozu è tradizione e pacatezza, acqua di un ruscello della cittadina di Onomichi, genitori che vivono il dramma della separazione dei figli dal nucleo familiare, natura e treni di passaggio alla stazione e l’odierna Tokyo, frenetica e moderna, che si staglia all’orizzonte visivo di Wenders gli appare irrimediabilmente diversa.Tuttavia qualcosa permane nella traiettoria zigzagante delle palline nelle sale pachinko, nel modo tipicamente giapponese di praticare il golf, nelle riproduzioni artificiali e perfette di generi alimentari che luccicano nelle vetrine dei ristoranti per attirare i clienti.
Tokyo costituisce la seconda tappa del percorso delineato nella mostra  “Appunti di viaggio. Armenia Giappone Germania” aperta al pubblicodallo scorso 21 Settembre 2013 fino al 17 Novembre 2013 alla Casa della Fotografia, sul retro di Villa Pignatelli.
L’esposizione comprende 20 fotografie di diverso formato ed è stata promossa dalla Soprintendenza speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Napoli.
Nella Recherche Marcel Proust ha scritto «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi».
Non è necessario osservare con attenzione le fotografie di Wenders per essere trascinati all’interno dei luoghi da lui stesso visitati, e nemmeno emularlo acquistando costosi biglietti per visitare i medesimi luoghi: basta una rapida occhiata a dare avvio ad un processo catartico, totalizzante ed immeditato.
Le immagini che rivendicano il sapore dell’autenticità ancora rintracciabile nella fotografia analogica, non sono caratterizzate da una ricerca di perfezione stilistica, non sono artificiose o ritoccate ma crude e spoglie, come una ruota panoramica abbandonata in una landa desolata in Armenia o un volante di una macchina solitario in un bosco.
A volte portano i segni della guerra, come un negozio di souvenir su cui è possibile vedere ancora i colpi di proiettile risalenti alla seconda guerra mondiale o un muro su cui è stata cancellata una scritta anticapitalista nella Germania dell’Est che è ancora possibile leggere.
Sembra che tutte le fotografie siano accomunate dai segni di una devastazione umana, storica e catastrofica, minacciati dal tempo e dal senso della vacuità.
La sua Germania porta i segni di un conflitto mai scontato, l’Armenia appare un luogo dimenticato e ostile, il Giappone vittima di una massificazione e di un’ omologazione che zittisce la riflessione sulla causticità della storia e l’incomprensibile agire umano.
Il regista sarà a Villa Pignatelli il 24 ottobre, in un evento ad ingresso libero, dove converserà con la curatrice della mostra Adriana Rispoli.
(Foto by Francesca Mancini)

Francesca Mancini