Il soggiorno napoletano di Giosuè Carducci


Il nostro Poeta d’Italia nacque nell’etrusca città di Volterra in terra toscana il 27 luglio 1835 da genitori noti patrioti carbonari e massoni sotto il Granducato; visse tra Pisa e Firenze e studiò alla Normale, la prestigiosa università pisana, laureandosi brillantemente nel 1856 in Lettere e Filosofia.
Carducci insegnò retorica a San Miniato al Tedesco; nel 1855 iniziò a pubblicare le sue poesie, lettere, romanzi, articoli giornalistici.
Nel 1859 fu docente di Letteratura italiana e latina al liceo di Pistoia; nel 1860 ottenne la cattedra di Eloquenza all’Università di Bologna.
Giosuè Carducci era legato alla Giovane Italia mazziniana e simpatizzante di Garibaldi; nel 1862 entrò a far parte della massoneria bolognese della Loggia Severa.
L’anno successivo pubblicò la poesia Dopo Aspromonte in omaggio a Garibaldi ferito e catturato dai Savoia non riconoscenti dei suoi servigi militari resi, dove inveiva anche contro l’imperatore di Francia e il papa Pio XI.
Nel 1866 venne nominato alto dignitario della Loggia massonica Felsinea; anticlericale e antipapista, nel 1863 pubblicò Inno a Satana, che incitava alla liberazione dai dogmi tradizionali.
Dopo il Concilio ecumenico del 1869 sull’infallibilità dei pontefici, la massoneria napoletana aveva subito risposto con un grande congresso detto Anticoncilio massonico, diretto dai deputati italiani e massoni Giuseppe Ferrigno, Giuseppe Ricciardi, Gennaro Carafa e Domenico Anghera, un garibaldino calabrese residente a Napoli, Gran Maestro del Grande Oriente Egizio Massonico di Misraim napoletano e presidente del Gran Capitolo Rosacroce della Loggia Sebezia di Napoli.
Carducci ne venne a conoscenza e inviò ai vertici dell’Anticoncilio lettere di plauso e di incoraggiamento pubblicate sul giornale Il popolo di Bologna.
Le carducciane Odi barbare pubblicate nel 1877 allargarono la sua fama di Poeta d’Italia.
Durante la visita ufficiale dei Savoia nel 1877 a Bologna, incontrò la regina Margherita, che divenne sua ammiratrice e lo fece insignire del titolo accademico di Vate d’Italia e della Croce dell’Ordine Equestre Civile savoiardo.
Carducci iniziò in massoneria un altro grande poeta italiano, Giovanni Pascoli, che affiliò nella loggia bolognese Rizzoli il 22 settembre 1882,
Ottenne poi la cattedra universitaria di Filologia all’Università degli studi di Bologna nel 1886 e due anni dopo, il 21 gennaio 1888, arrivò ai massimi vertici massonici internazionali con il 33esimo grado del Rito Scozzese d’Italia.
Carducci conobbe a Bologna nel 1889 la scrittrice inglese Annie Vivant; tra i due iniziò una relazione amorosa. Lui aveva 55 anni e lei 20; insieme visitarono Genova, La Spezia e Milano, dove incontrano Giuseppe Verdi. Poi si rifugiano nella villeggiatura estiva sul lago di Varese a Villa Modestino fino al 1891; qui ebbero un’udienza privata con la regina Margherita.
Intanto il poeta venne nominato ispettore generale di Pubblica Istruzione dei licei del Regno e quindi visitò molte scuole; a Roma tra 1891 e 1892, venne rapito dal fascino della Città Eterna e del monumento a Giordano Bruno elevato dai massoni romani.
Nella capitale diventò amico del ministro Crispi, garibaldino e massone, e del Gran Maestro della massoneria italiana scozzese Adriano Lemmi; le logge massoniche Rienzo e Universo offrirono al poeta un sontuoso ricevimento in suo onore, dove Carducci tenne una memorabile conferenza al tempio massonico.
Da Roma giunse dunque a Napoli, come aveva fortemente desiderato fare da tempo.
Nella Napoli del 1892, fervente di attività culturali e massoniche, di grandi progetti edilizi, di eventi musicali e salotti letterari, visitata da tanti turisti, Giosuè Carducci incontrò il giovane dignitario della massoneria vomerse Pasquale Del Pezzo, docente universitario e preside della facoltà di Matematica, accademico, nonché senatore del Regno e consigliere e assessore; tramite questi venne ricevuto con tutti gli onori dalle autorità civili e massoniche.
Visitò il Museo Nazionale, i siti archeologici, il Museo del Duca di Martina e la Floridiana; in una di queste escursioni incontrò l’avvocato Giustiniano Lebano.
Lebano e Carducci diventarono amici inseparabili; s’intrattenevano spesso al Caffè Gambrinus, alla pasticcerie Caflish e Pintauro, o in Galleria; fecero diverse visite in costiera sorrentina e su tutto il litorale campano, anche a Portici, dove si recarono a casa di Kremmerz per vedere dove mori il grande Izar. Visitarono inoltre le Ville Vesuviane; in particolare Carducci fu commosso dalla villa leopardiana Le ginestre.
Si recarono anche al lago d’Averno, al Fusaro, ai Campi Flegrei e al Vesuvio; visitarono in particolare la casina da pesca ferdinandea e i primi scavi dell’antica Cuma.
Lebano nel 1892 offrì a Carducci la nomina di 33.95 dell’Ordine Egizio honoris causa.
Carducci ripartì per il nord carico di emozioni: si era perdutamente innamorato dei napoletani e del sud; uomo saggio e sapiente, compianse le traversie del cosiddetto brigantaggio, la miseria, l’emigrazione dei disperati. Partì con Napoli negli occhi e nel cuore le sue tradizioni, le canzoni, il cibo, la tarantella gli scugnizzi e tutti i napoletani.
Carducci incontrò ancora nel 1904 con il suo grande amico Lebano: a Lizzano si riabbracciarono profondamente commossi e proseguirono insieme per il lago di Lemano in Svizzera.
Carducci fece in quell’occasione le sue condoglianze a Lebano per la morte di sorella Leila, il nome iniziatico della moglie Virginia Bocchini, che, malata di depressione, si suicidò nel 1885.
I due amici incontrarono all’Hotel du Issat le bains i capi catari albigesi francesi, i rosicruciani del lectorium locale, il medico teosofo e massone tedesco Franz Hartmann e Anne Besant.
Poi si spostarono in Francia per la Provenza, l’Occitania e la Linguadoca per visitare le terre sacre dei Catari e del Santo Graal. Inoltre si recarono ad Albi, Marsiglia, Carcassonne, Rennes le Chateu, dove incontrarono il parroco Bérenger Saunière e si soffermarono nelle grotte di Langrave e di Ornolac.
I due amici si rividero l’anno successivo; questa volta visitarono, nell’agosto 1905, Genova, Torino, La Spezia, Novara, Ginevra, Lugano.
Le frequenti “rimpatriate” di Lebano e Carducci non si ripeterono più: dopo un lunga malattia che l’aveva semiparalizzato, il Poeta morì di broncopolmonite a Bologna il 16 febbraio 1907. Grandi furono gli onori che gli vennero tributati: funerali di Stato e di massoneria in toni solenni con la sciarpa dei 33 e sul corpo la bandiera tricolore italiana.
Poco prima di morire, nel 1906, Carducci era stato insignito del Premio Nobel per la letteratura.
Le sue sofferenze durante la lunga degenza erano state alleviate dalle visite dei suoi ex alunni universitari e degli amici, tra cui Giustiniano Lebano.
La camera ardente venne allestita nella sua biblioteca privata ricca di 40 mila volumi  e 2 mila manoscritti rari, abiti rituali di 33 della massoneria; una moltitudine di persone gli resero omaggio, tra cui giornalisti e autorità italiane e straniere.
Non poteva mancare l’amico fraterno Lebano giunto in treno da Napoli affranto per i funerali.
Lebano, adempiuta la pietosa missione, tornò a Napoli con la foto delle esequie; la conservò gelosamente nel Fondo Lebano (Collezione Michele Di Iorio, ndr).
Nel 1910 morì un altro amico e allievo di Lebano, il medico tedesco rosacruciano e teosofo Franz Hartmann; poco dopo, il 23 novembre, anche Giustiniano Lebano passò a miglior vita nella sua villa di Trecase.
Anche a lui vennero riservate esequie solenni; venne seppellito nella confraternita dei nobili al cimitero di Torre Annunziata. Erano presenti i Consiglieri provinciali di Napoli, il Prefetto, le Forze dell’Ordine locali, tutti i Sindaci dei paesi limitrofi, i vertici del Comando militare e della Massoneria, il Consiglio comunale di Napoli, moltissime associazioni e tanti esponenti della nobiltà provenienti da tutta la Campania.
Il corteo sfilò davanti al Picchetto d’Onore del Reale Esercito Italiano.
Alla triste celebrazione non mancarono migliaia di contadini i popolani che Lebano aveva sempre generosamente beneficato.
L’unica figlia superstite Silvia poggiò sulla bara di Lebano, coperta da una bandiera templare, una poesia di Carducci; faceva parte della raccolta Odi barbare ed era stata dedicata nel 1892 all’amico napoletano e a tutta Napoli, adorata da entrambi …

Michele Di Iorio