Il silenzio uccide

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10689568_843353325706979_2338022400555686946_nPORTICI –  In occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne, martedì 25 novembre al Teatro “I De Filippo”, ex Cinema Capitol, di corso Umberto I, si è  svolto il convegno “Il silenzio uccide” promosso e organizzato dal Forum dei Giovani di Portici, rappresentato dal presidente Nicolas Esposito.

Lo scopo primario dell’iniziativa è stato quello di issare le fondamenta basilari per l’istituzione di una rete coordinata a sostegno delle vittime degli abusi, attraverso interventi di psicologici, avvocati ed esperti del settore. La manifestazione si è svolta nell’ambito del “Progetto Mimosa: Ho sbattuto contro la porta”.

La sensibilizzazione della comunità e la diffusione di informazioni per la prevenzione degli esercizi di violenza a scapito di soggetti più deboli divengono così armi da impugnare per combattere una battaglia decisiva contro i carnefici, rappresentati non solo dagli uomini che in primo luogo si macchiano di un reato contro la persona fisica e la dignità individuale della donna, ma anche contro l’omertà e il silenzio che aleggiano intorno a tali episodi di violenza.

A tale scopo, il titolo dell’incontro “Il silenzio uccide” è quanto mai sintomatico di una reale necessità di apertura e di condivisione delle situazioni particolari di ciascuna donna che, traumatizzata nel profondo, a volte sente mancare persino la forza ed il coraggio per denunciare apertamente il suo aggressore, con cui non di rado condivide anche lo stesso domicilio.

Il Forum dei Giovani di Portici non è nuovo a questo tipo di eventi, che cerchino di contrastare la dilagante infamia degli abusi di genere. Già l’anno scorso il Forum ha pianificato e curato un convegno sulla suddetta tematica.

La discussione, moderata da Carla Cataldo, giornalista di “Roma” è stata inaugurata dall’intervento dell’onorevole Angela Cortese, che ha posto l’accento sulla disparità di genere che storicamente lede la figura femminile. L’assessore della Regione si è fatta interprete della necessità di mobilitare un cambiamento sociale, partendo dal nostro territorio, attraverso una proposta di legge regionale sulla violenza di genere nel 2011, che ha ricevuto un consenso unanime.

Ha inoltre reso nota ai presenti l’iniziativa che ha coinvolto l’Amministrazione comunale di appuntare un fiocco bianco sulle proprie giacche per aderire ad una campagna promossa dai paesi scandinavi che testimonia la lotta contro la violenza contro le donne.

Il Progetto Mimosa è stato ideato dall’associazione “Farmaciste insieme” rappresentato, in occasione della conferenza, dalla vicepresidente Angela Margiotta.

Istituita in Campania circa tre anni fa dalla volontà di un gruppo di farmaciste di scendere in campo attivamente al fianco delle donne, l’associazione offre aiuto ed assistenza in completo anonimato. Le farmaciste che hanno scelto di aderire all’iniziativa hanno  realizzato delle brochure sulle quali sono stati riportati i numeri telefonici di esperti qualificati disposti ad offrire assistenza gratuita, che loro stesse hanno poi disposto, con opportuna discrezione, in appositi spazi all’interno delle loro farmacie, affinchè ogni donna, eventualmente interessata, potesse prelevarli con assoluta segretezza.

L’iniziativa ha riscosso un buon esito. Molte sono state le donne che hanno compiuto un primo ma importante passo verso una propria rivalutazione personale, per uscire dal buio di tormentate quanto insane relazioni.

In ambito regionale, il referente del progetto Mimosa è Antonio Bibiano, il quale, nel suo intervento, ha chiarito il programma e le aspettative della manifestazione, ricordando con commozione Teresa Buonocore, la mamma coraggio porticese, uccisa per aver testimoniato contro il molestatore di sua figlia.

Anche il sindaco di Portici Nicola Marrone ha accolto con entusiasmo il progetto ed è intervenuto per comunicare il suo sostegno: «Quello della violenza sulle donne è un tema sul quale non bisogna mai abbassare la guardia. Condivido in pieno il titolo dell’iniziativa. Sono il silenzio, la disattenzione a far sì che questi problemi si incancreniscano e non si riescano a trovare vie di risoluzione. È un problema che ci attanaglia e ci convolge tutti. Le categorie maschio/femmina appartengono alla genetica, ma non devono in nessun modo appartenere al sentire sociale. Sono qui a testimoniare l’interesse dell’Ente per questo tipo di iniziative, immaginate e gestite dal Forum dei Giovani. Sono convinto e auspico che i giovani mutino la parte migliore del fare politica. in ultimo vorrei sottolineare quanto è forte la sensibilità del nostro modo di fare amministrazione verso i problemi sociali».

Non poteva mancare l’intervento dell’assessore alle Politiche Giovanili Valentina Maisto che ha sommariamente illustrato episodi di violenza, che avvengono soprattutto in contesti di prossimità, e che ogni anno tragicamente colpiscono sempre più donne.

Nello specifico, il progetto Mimosa ha potuto contare sulle risposte di altre associazioni territoriali che hanno attivamente sostenuto la sensibile causa. Primo tra tutti il Collegamento Campano contro le camorre, intitolato a Claudio Taglialatela e Teresa Buonocore e rappresentato dal referente Leandro Limoccia con un significativo e toccante discorso.

Il convegno è proseguito con l’intervento dell’avvocato Maria Rosaria Cugia che ha esposto con coscienza di causa, avvalorata da circa 29 anni di carriera forense, le dinamiche giuridiche in grado di offire assistenza e protezione alle vittime di abusi e violenza da parte di uomini.

In conclusione la psicologa Antonietta Nocerino ha indagato la fenomenologia del rapporto di perversione e dipendenza che si istaura, nella maggior parte dei casi, tra la donna che subisce reiterati maltrattamenti ed il suo persecutore.

Il convegno ha offerto molteplici spunti di riflessione. «L’amore è libertà, non possesso», ha chiarito l’avvocato Cugia, e questo è un concetto che non dovrebbe essere messo in duscussione. Resta da comprendere come mai alcuni uomini siano ancora convinti di poter esercitare la loro forza fisica sulle donne perchè le considerano oggetti di loro proprietà.

Dal momento che i dati statistici danno il fenomeno come sempre e maggiormente dilagante, questa situazione non è destinata a cambiare a meno che non si punti sull’acquisizione di una forte consapevolezza da parte di chi subisce atti di forza e abusi, sia fisici che psicologici.

È importante che la donna prenda coscienza del proprio ruolo, che non deve essere in alcun modo subordinato a quello maschile. Anche un piccolo gesto può essere la spia di un atteggiamento maschile violento destinato a degenerare con il tempo.

Un’adeguata capacità di riconoscere ed osservare i dettagli che potrebbero tradire un potenziale criminale è un passo importante per la risoluzione del problema, ed è auspicabile un opportuno intervento professionale quando il dramma non si è ancora consumato.

Denunciare in questo caso è una forma di affermazione personale, una presa di coscienza essenziale della propria dignitosa identità. Chi ama non può in alcun modo costituire un ostacolo alla felicità dell’altro, ed è per questo che non esiste amore violento, che è da sè stesso un ossimoro.

Iniziative come questa, anche se svolte in ambito territoriale e per questo circoscritto, dovrebbero essere seguite da una sempre maggiore attenzione da parte degli organi di competenza, per far sì che la nozione stessa di  uguaglianza di genere possa entrare a far parte del dna identitario del singolo individuo. Un individuo che, nella sua dinamica rete di relazioni sociali, è immerso in un sistema che prevede reciproco rispetto e garanzia di rinoscimento. Una comunità è anche tale perchè fornisce dei servizi che possano essere utili alla tutela del cittadino.

In un’epoca di pari opportunità, è addirittura anacronistico che vengano compiute evidenti lesioni alla figura femminile, ma la diffusione di una corretta informazione è quanto mai necessaria per rispondere in modo efficace alla necessità di contrastare questo tipo di abusi.

Le donne devono sapere che esistono delle idonee figure professionali, in grado di seguirle durante il tortuoso iter verso la riabilitazione personale e che possano garantire che siano tutelate in ogni momento e secondo l’esigenza, perchè la felicità è un diritto inalienabile, che nessun uomo, per quanto violento, è in grado di abrogare.

Francesca Mancini