Il giudice dei Misteri Osiridei napoletani

Geronta SebeziaDomenico Bocchini nacque nell’anno 1775 a Salerno da un’antica famiglia di giureconsulti, notari, avvocati, ove studiò al Real Liceo Classico, dal 1793 passò alla Real Università degli Studi di Napoli che all’epoca aveva sede nel famoso ex palazzo dei Gesuiti del Salvatore.
Venne introdotto negli ambienti ermetici iniziatici partenopei dal nobile erudito Francesco Antonio Grimaldi, membro del cenacolo di intellettuali napoletani che si teneva nella villa tra Mergellina e Posillipo che apparteneva alla nobile famiglia di giureconsulti napoletani De Gennaro, di cui l’avvocato Antonio, patrizio e duca di Belforte e suo fratello Domenico, insigne economista, figli del principe Francesco Andrea principe di San Martino e della principessa donna Marianna Brancaccio.
I De Gennaro studiavano le teorie di Giambattista Vico, Tommaso Campanella, Gaetano Filangieri, Giordano Bruno, ammiravano la storia degli antichi cavalieri templari e dei rosacroce, gli studi alchemici DEL barone Tschudy, morto a Parigi nel 1769, degli illuministi e degli enciclopedisti di Francia, di Luigi d’Aquino ,maestro di Cagliostro, e di Raimondo de Sangro.
I fratelli De Gennaro erano affiliati alla loggia Perfetta Unione – fondata nel 1763 da Vincenzo de Sangro, amico di Cagliostro, che morì in circostanze misteriose come il padre Raimondo nel 1790 – e membri della loggia La Renaissance fondata dal 1788, dove fecero amicizia con l’avvocato e massone lucano Mario Pagano,che esercitava avvocatura dal 1775 in Napoli e operava come avvocato dei poveri presso il tribunale dell’Ammiragliato.
Pagano fu anche docente universitario di Diritto criminale e giudice del tribunale dell’Ammiragliato, venne arrestato per la congiura massonica nel 1793, poi come sospetto nel 1796, perdendo toga e cattedra, seppur in seguito assolto e liberato per mancanza di prove; fu professore del Bocchini dal 1793 al 1796.
Domenico Bocchini ebbe come insegnante anche e poi del giudice il barone Michele de Iorio, e si laureò a pieni voti in Diritto civile nel 1796 potendosi così iscrivere all’albo dei Procuratori legali, dopodiché trasferì nella natia Salerno.
Non rimase coinvolto nei torbidi giorni di lotta per la repubblica giacobina napoletana nel 1799, né a Napoli nè a Salerno, dove la flotta inglese il 25 aprile costrinse alla resa la municipalità repubblicana della Città, che poi il mese successivo venne occupata dalle truppe monarchiche del cardinale Ruffo.
Bocchini continuò ad esercitare l’avvocatura e divenne segretario della Real Camera del Tribunale di Lecce nel 1802; aderì poi al regime napoleonico del Murat guadagnandosi la nomina di Commissario di Polizia all’isola di Ponza nel 1809.
L’anno seguente gli fu dato il grado di tenente del I reggimento di linea dei Fucilieri napoleonici, con i quali andò a combattere in Spagna contro gli insorti locali. Nel 1814 venne promosso capitano e una volta congedato fu nominato Giudice Regio di Vallo della Lucania; vide confermati i suoi altri incarichi di Giudice regio.
Dai napoleonici si passò nuovamente al regime, questa volta costituzionale, dei Borbone; nel 1822 venne trasferito in aspettativa a Salerno per sospette simpatie o appartenenze a vendite carbonare o logge massoniche del salernitano, ma non fu provata nessuna accusa.
Nel 1828, dopo la repressione della congiura del Cilento dei carbonari filadelfi, il Bocchini fu trasferito dalla polizia politica a Napoli come avvocato, dove abitò sempre nel suo appartamento in fitto di via Sant’Agostino della Zecca numero 12, proprio accanto la chiesa, nel quartiere di Portanova a confine con San Lorenzo e Vicaria e il Mercato, dove aveva sede la Real Zecca.
Domenico Bocchini frequentò il salotto letterario di via Toledo del defunto marchese Berio, morto nel 1828, e tenuto dall’impresario teatrale del San Carlo Domenico Barbaia di Milano; fu assiduo anche del caffè dei liberali, il Caffè Buono di via Toledo, ma non fece mai propriamente parte di gruppi massonici e carbonari partenopei, sebbene venisse accusato di ciò dal giornale La Gazzetta della voce della Verità di Modena, come si apprende da un articolo di sabato 13 agosto 1836. Il Bocchini smentì la notizia dalle pagine del suo giornale letterario Geronta Sebezio che aveva fondato nel 1835, il 27 agosto 1836.
Dopo la scomparsa di sua moglie, morta di parto nel 1836 insieme alla figlioletta, condusse sempre una vita molto riservata e solitaria.
Bocchini pubblicò sul suo giornale, con lo pseudonimo di Mamo Rosar Amru, tanti saggi, articoli letterati e classici, storici archeologici. S’interessò all’esoterismo napoletano approfondendo gli studi su Cagliostro, sugli Aquino e sul de Sangro.
Nel 1828 incontrò lo scrittore inglese Lytton nel corso della visita alle Catacombe di San Gennaro a Capodimonte e ne divenne amico.
Nel 1836 si trasferì definitivamente a Caserta continuando ad esercitare sempre l’avvocatura civile; ivi scomparve il 14 maggio 1840.
Lasciò la sua ricca biblioteca alla nipote, sulla quale si formò la bellissima Virginia Bocchini, che poi andò in sposa all’avvocato Giustiniano Lebano.

Michele Di Iorio