Il film: Io e lei

io-e-lei - CopiaFederica e Marina sono due affascinanti e mature lesbiche che vivono da 5 anni un ménage matrimoniale tranquillo. Anche se tra le due Federica è la meno propensa ad accettare la sua natura, nonostante il rapporto felice.
Maria Sole Tognazzi è la regista e sceneggiatrice, insieme ai bravi e sperimentati Francesca Marciano e Ivan Cotroneo (quest’ultimo anche regista in proprio), di questo film (ITA, ‘15).
La prima impressione è che la Tognazzi abbia saputo padroneggiare un meccanismo di commedia basato su rapporti e sfumature di sentimenti, più che su battute e situazioni esteriori comiche.
Già questo, di per sé e a mio avviso, è una nota altamente positiva. Infatti, uno dei limiti in cui incorre il nostro cinema, diciamo così medio quanto a impegno produttivo, è che si vuol far “ridere” ad ogni costo, basandosi quasi esclusivamente su attori già di successo tv a vocazione comica, su cui vengono cucite gag a volte riuscite e più spesso no. Ed è questa piatta  e suicida fissa, cui si somma, ma ne è anche una cortocircuitale causa-effetto, una vera e propria asfissia creativa, che sta portando in grave debolezza al botteghino l’intero cinema italiano.
La scelta della regista è stata più simile a quella del cinema americano: cioè di saper puntare su quella che chiamiamo la commedia sofisticata, genere che in Italia è pochissimo frequentato. In questo va dato atto ai produttori – F. Cima, N. Giuliano, A. Occhipinti – di aver avuto lungimiranza. Del resto i pubblici italiani avevano gradito il precedente “Viaggio sola” (‘13), che, inaspettatamente, ebbe un discreto successo anche al box office.
La sophisticated comedy per poter “prendere” ha bisogno di una situazione di partenza che sia psicologicamente forte e umanamente e socialmente credibile. Ma anche di attori che ne sappiano rendere le varie e spesso complesse sfumature comportamentali, e le loro conseguenze emotive, indagate con chiarezza e attenzione. E qui il casting è stato perfetto.
Margherita Buy si trova ad essere un po’ la santina infilzata della commedia d’autore italiana, perché pare che obbedisca a ruoli sempre simili – pur essendo donna e attrice versatile e spiritosa – ma ha trovato la giusta alchimia con  Sabrina Ferilli.
A costei la “carnanza” della sua fisicità trova una cifra di vivace e varia espressività, mai sopra le righe. E che sa esplorare anche tonalità concentrate e sofferte. La Buy è ovviamente Federica: il suo aplomb borghese è reso con chiara – e non moralistica – ed elegante, talvolta algida semplicità. Ma anche le sue irresolutezze e fragilità.
Però il percorso di vita che lei ha iniziato con consapevole ricerca è avviato ineludibilmente grazie all’incontro con Marina: e questo “gira” dentro di lei. E benché abbia cercato alternative, s’impone con la chiarezza di quelle evidenze sentimentali che rendono l’universo femminile più radioso e stabile.
Marina è donna forte che viene dal popolo: ma anche questa definizione non è resa con oppressivo schematismo. Il suo intelligente porsi rispetto alla vita è stata oggetto di analisi impietose, ma vere: ad esempio sul suo limitato talento d’attrice.
Ma questo le permette un approccio alla sfera sentimentale più intenso, lucido, coinvolto e sicuro. Perciò il suo darsi a Federica è pieno di vitale desiderio, delicate sfumature, di saggia e non paternalistica indulgenza: perché sa andare nel profondo.
E, bisogna dire, la Ferilli gestisce questo tipo di gestualità con sereno e totale controllo: lo stesso che ha dato al suo personaggio di Ramona in “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino (‘13) lo spessore di un’intensa, sensuale quanto sottesa drammaticità.
Ma le due, per quanto brave, avrebbero girato a vuoto se non fossero state condotte da una sceneggiatura perfetta, attenta a cogliere le sfumature, in dialoghi mai autoreferenziali, ma sempre accortamente connessi alle tonalità gestuali. Ad esempio: quando la Buy è sorpresa nell’appartamento matrimoniale, dopo che se n’era andata con lo charmant  dentista, lo scambio di battute è leggero, e lascia lo spazio ai silenzi, segno di incertezze e di ricerca entro se stessa.
La foto è di Arnaldo Catinari, uno dei più bravi e versatili direttori della fotografia italiana, che accompagna con gusto e luminosità il vivere di queste due splendide persone.

Francesco “Ciccio” Capozzi