Il fascino della cultura napoletana

Antonio BeccadelliLa bella Napoli dopo le dominazioni dei Normanni, degli Svevi e degli Angioini , fu governata dalla dinastia spagnola degli Aragona.
Incantevole capitale, Napoli divenne epicentro culturale e artistico. Racchiusa tra mura e porte cittadine, tra vicoli e piazze grondanti storia e storie, grandiosi palazzi, un porto attivissimo, ben difesa dai suoi forti costieri, in quel tempo contava oltre 200mila abitanti, compresa la classe nobiliare; era una città unica, affollata da avvocati, religiosi, letterati, tra cui Antonio Beccadelli detto il Panormita.
Della nobile famiglia dei Beccadelli si hanno notizie dal 1153; ebbe origine nella provincia di Bologna. Un ramo si trapiantò nel 1325 a Palermo, dove ebbero titoli e incarichi prestigiosi.
Arrigo Beccadelli, marchese dal 1395 e Pretore di Giustizia dal 1396, fu il padre del letterato Antonio (1394-1471), che studiò a Palermo alla scuola dei monaci Fatenebenefratelli con gran profitto, distinguendosi al ginnasio e al liceo classico.
Nel 1419 andò all’Università di Siena, ove studiò Giurisprudenza con il celebre maestro  Nicola Tudisco da Catania, laureandosi in Diritto Civile e Canonico.
Nel 1425 passò all’Università di Bologna, dove frequentò la facoltà di Lettere e Filosofia, passando poi a studiare a Firenze e a Roma.
Nel 1429 andò a Genova per perfezionare i suoi studi giuridici specializzandosi in Diritto Commerciale; completò gli studi superiori di Giurisprudenza e Avvocatura all’Università di Pavia.
Nel 1425 aveva cominciato a pubblicare poesie, poemi, romanze e romanzi; la sua opera più famosa fu l’Hermaphroditus, una raccolta di epigrammi amorosi che suscitò grandi consensi, nonostante qualche critica di licenziosità.
Si propose come poeta di corte a Cosimo de’ Medici e poi a Giacomino Teobalducci, ma senza successo, finché nel 1429 fu preso a cuore dal duca Visconti di Milano, che lo nominò Poeta Aulico, titolo che gli valse la corona d’alloro; nel 1430 insegnò all’Università di Pavia.
A corte inizialmente percepiva uno stipendio mensile di 400 fiorini, ma il duca Visconti;  nel 1434 lo ridusse a soli 30 al mese; Beccadelli, indispettito, si licenziò e visse tra Parma, Modena, Genova e Firenze offrendo i suoi servigi ai potenti locali sia come avvocato che come poeta di corte o di professore universitario di discipline giuridiche o umanistiche.
Antonio Beccadelli rientrò nella natìa Palermo nel 1443, forte della piena stima di re Alfonso d’Aragona, che lo nominò poeta di corte, portandolo con sé a Napoli al Maschio Angioino.
Nel 1446 fu inviato come ambasciatore prima presso il granduca di Firenze e poi dal papa a Roma; l’anno seguente di nuovo a Firenze, poi nel 1449 a Ferrara alla corte estense e l’anno seguente a Bologna.
Il Panormita si sposò due volte: la prima con donna Filippa di Milano, morta di parto nel 1443. Poi con donna Laura Arcelli di Napoli nel 1445.
Panormita palazzoIn quell’anno, patrizio al seggio di Nilo, fece costruire il palazzo Beccadelli all’inizio del vico Bisi, vicino al Largo del Corpo di Napoli o del Sebeto, tra Spaccanapoli e Piazza San Domenico Maggiore.
Antonio Beccadelli in questo edificio fondò l’Accademia Culturale Antoniana, che poi sarebbe diventata Pontoniana; firmando i suoi cominciò ad usare lo pseudonimo di Panormita perché originario di Panhormus, antico nome di Palermo.lapide Beccadelli
In una città pregna di cultura, fervevano dunque le dissertazioni dotte con amici e allievi nella sede universitaria napoletana o nel chiostro di San Domenico o nei cortili di Palazzo Capuano o al Maschio Angioino, ovunque vi fosse uno spazio di aggregazione.
Il Panormita studiava e insegnava lettere, storia, umanistica, retorica, grammatica, eloquenza, latino, greco, poesia; dedicò agli Aragona la sua nuova opera l in 4 tomi De dictis et factis Alphonsi regis Aragonum, dove espresse tutta la sua capacità di anneddotica.
Nel gennaio 1451 fu inviato da re Alfonso come ambasciatore a Venezia con il giovane allievo Giovanni Pontano.
Antonio Beccadelli il Panormita, carico di allori e premi morì nel 1471 e venne seppellito nella chiesa di San Domenico Maggiore; la tomba fu distrutta nel rifacimento della pavimentazione della chiesa nel 1732.
Il palazzo napoletano Beccadelli di via Bisi fu ceduto ai nobili Capece Galeota: al tempo della morte di Antonio i suoi parenti vivevano per lo più in Sicilia.
Tra i discendenti di Antonio ricordiamo il figlio primogenito Bartolomeo, pretore di Palermo; il secondogenito Giovanni, ufficiale del Real Esercito Aragonese, che nel 1450 ottenne il privilegio per sé per i suoi discendenti maschili e femminili di nobile di Messina e patrizio di Palermo, il privilegio feudale in Sicilia e il privilegio di inquartare lo scudo di famiglia con le armi sveve e aragonesi.
Giovan Giacomo, marchese di Sambuca, dottore in legge e reggente della Cancelleria aragonese, che nel 1552 vide confermati i suoi privilegi.
La famiglia Beccadelli, oltre al marchesato di Sambuca, nel 1665 ebbe il titolo e feudo di principe di Camporeale e nel 1667 di marchese di Altamura.
Altri Beccadelli ricoprirono cariche importanti sotto la dinastia Borbone Due Sicilie, furono Cavalieri, ambasciatori e ufficiali.
Domenico, ultimo discendente della nobile famiglia, fu cadetto della Nunziatella e poi alfiere dei Dragoni di linea a Palermo; arrivò ai più alti gradi militari.
Il 1 febbraio 1832 fu testimone di corte reale per la morte di Maria Cristina di Savoia, madre di re Francesco II di Borbone.
Con lui si estinse il casato di Antonio Beccadelli detto il Panormita.

Michele Di Iorio