Il crollo di Villa d'Elboeuf tra incuria e colpe storiche

il crolloPORTICI – Il crollo di una piccola parte della facciata esterna della Villa d’Elboeuf sui binari della rete ferroviaria Napoli-Torre Annunziata dello scorso 5 febbraio è di sicuro un disastro annunciato data l’incuria in cui versa ormai da decenni la settecentesca villa borbonica.
Si tratta d’un crollo di piccola entità: una facciata di metri 4×4 d’un terrazzo all’estremità dell’ala sud che affaccia proprio sui binari della ferrovia in prossimità del passaggio a livello che da oltre due mesi ha generato un notevole disagio ai collegamenti ferroviari di tutta la rete ferroviaria del litorale, attualmente bloccata, e che avrebbe potuto avere conseguenze ancor più gravi se malauguratamente il crollo fosse avvenuto proprio durante il passaggio d’un treno.
La causa di questo disastro annunciato è indubbiamente dovuta allo stato di fatiscenza in cui versa la storica villa da circa un ventennio nella più totale incuria da parte delle Istituzioni. Il degrado attuale è cominciato circa mezzo secolo fa, quando la commercializzazione dell’antica villa e la speculazione edilizia ne hanno modificato la facciata originaria elevandola di altri due piani al di sopra dei due livelli originari.
Nelle illustrazioni d’epoca è possibile notare l’immagine originale della villa che si ergeva su due livelli, invece che degli attuali quattro livelli, passando attraverso l’abusivismo degli anni Ottanta,  fino ad arrivare al totale stato d’abbandono con frequenti crolli interni, atti di sciacallaggio e vandalismo, incendi e sventure varie, culminando poi in quest’ultimo episodio del parziale crollo esterno sui binari della ferrovia a causa delle corpose precipitazioni dei giorni scorsi.
Questo episodio segna un nuovo capitolo nella triste storia delle ville vesuviane trascurate dagli enti locali: basti ricordare il crollo di parte della Villa Lancellotti di corso Garibaldi pochi anni fa.
Le “primordiali colpe” vanno ricercate nel remoto passato, già al tempo dei Borbone, poiché è cosa risaputa che è stata proprio la rete ferroviaria Napoli-Portici, la prima d’Italia inaugurata in epoca borbonica nel 1839, dare il via al lento e progressivo declino dell’anticavilla del Granatello.
Quest’antico palazzo fu fatto costruire nel 1711 dal nobile francese Emanuele Maurizio di Lorena duca d’Elboeuf dall’architetto Ferdinando Salfelice e terminato nel 1716. Si ergeva su due piani, e presentava due ampie ali che si estendevano parallele sul mare fungendo da scalo marittimo per le imbarcazioni.
All’interno della villa vi erano numerose piante esotiche fatte trapiantare dal duca d’Elboeuf e diverse sculture e manufatti antichi provenienti dai vicini scavi archeologici di Ercolano.
A seguito del rientro in Francia del duca d’Elboeuf la villa venne ceduta al duca di Cannalonga che nel 1738 ebbe occasione di ospitare Carlo di Borbone (successivamente nominato Carlo III di Borbone) che s’innamorò letteralmente di quei luoghi al punto da decidere di far costruire proprio a Portici la sua residenza estiva (la storica Reggia di Portici che diverrà in seguito sede della facoltà agraria dell’Università Federico II).
Successivamente Carlo di Borbone acquisì la Villa d’Elboeuf che entrò a far parte del complesso residenziale estivo dei sovrani di Napoli, comprensivo della Reggia e dei reali boschi borbonici di tutta l’area circostante.
L’interesse del sovrano del Regno delle Due Sicilie per questi luoghi sancì il progressivo prestigio della città di Portici e dei vicini comuni del litorale che videro proliferare le costruzioni delle numerose ville vesuviane che ora compongono il patrimonio storico-culturale del Miglio d’Oro.
Ma il declino della Villa d’Elboeuf cominciò proprio nel 1839 con la costruzione del tratto ferroviario Napoli-Portici, primo d’una rete che successivamente avrebbe collegato Napoli ai comuni di Nocera e Castellamare, sotto il regno di Ferdinando II di Borbone.
La prima ferrovia d’Italia rappresentò di sicuro motivo di vanto per la dinastia borbonica e per tutto il regno partenopeo, che vide successivamente la costruzione del cantiere ferroviario di Pietrarsa, uno dei primi grandi complessi industriali d’Italia che s’aggiunse al già prestigioso cantiere navale di Castellamare di Stabia.
Ma la ferrovia “tagliò” completamente la comunicazione tra l’antica Villa d’Elboeuf e tutto il parco retrostante, rompendo l’armonia architettonica dell’intero complesso.
La stessa ferrovia non solo è “colpevole” d’aver guastato l’armonia, ma anche d’aver rovinato l’intero litorale del Miglio d’Oro deturpandone il paesaggio: infatti percorrendo il lungomare tra la zona da Croce del Lagno al Granatello sono ancora ben visibili alcuni resti di antiche ville vesuviane del lido dorato oramai ridotte a tristi ruderi di quelle che un tempo erano le discese a mare delle antiche residenze nobiliari.
Non vi è dubbio che sotto il regime di Re Ferdinando II di Borbone il Regno delle Due Sicilie nella prima metà dell’Ottocento ebbe il suo massimo livello di prestigio economico e industriale, ma commise forse un grossolano errore nel permettere la costruzione della ferrovia proprio sul litorale partenopeo mostrando un notevole disinteresse per l’intero complesso della Reggia di Portici: così facendo non solo deturpò la maestosa Villa d’Elboeuf che s’è vista letteralmente “tagliare la schiena” dalla ferrovia ma è colpevole anche d’aver interrotto il rapporto con il mare dei cittadini porticesi e degli altri vicini comuni del Miglio d’Oro, come la città di Ercolano che non possiede nessun lungomare nè scalo portuale.
Successivamente, a causa dell’Unità d’Italia, tutti gli immobili e beni borbonici, compresa Villa d’Elboeuf, andarono a far parte del patrimonio della famiglia reale dei Savoia, e in seguito, nel più totale disinteresse per i siti partenopei, la storica villa fu venduta alla famiglia Bruno.
Le successive deprivazioni e privatizzazioni dell’antica villa, il susseguente abusivismo edilizio della seconda metà del Novecento e l’attuale stato d’abbandono, hanno reso la storica Villa d’Elboeuf un triste rudere pericolante.
Al suo interno sono crollati interi solai, e non vi è più alcuna traccia dell’antico patrimonio culturale che possedeva.
Inoltre il grave stato di fatiscenza in cui versa la rendono notevolmente pericolosa per la sicurezza della comunicazione ferroviaria del tratto Napoli – Torre Annunziata – Castellamare, come ha dimostrato quest’ultimo episodio che ha compromesso l’integrità della struttura che evidentemente non riesce più a reggere le forti vibrazioni causate dal passaggio dei moderni treni ad alta velocità. Sullo stesso tratto transitano infatti anche gli intercity della linea Napoli-Reggio Calabria.
Anche se da diversi anni si sono susseguiti numerosi dibattiti sul destino della villa e sulla soluzione ideale per salvare l’antica struttura cresce però sempre di più l’amara consapevolezza che sia oramai troppo tardi.

Francesco Bartiromo