I mithos di Parthenope

ParthenopeNAPOLI – La città abbraccia il mare distendendosi flessuosa sul suo manto blu. È dal mare che nascono le sue origini e la sua storia intrecciandosi con miti incantati senza tempo.
Tra questi, diversi e suggestivi sono quelli che riguardano la sirena Parthenope, leggendaria fondatrice della città. Il suo culto fu diffuso dagli antichi coloni Greci che crearono un insediamento di Palepolis (città antica) sull’isolotto di Megharis – dove ora sorge il Castel dell’Ovo – e il monte Echia. Solo in seguito si sviluppò la città nuova denominata Neapolis.
Lo storico Strabone indica che il tempio di Parthenope si ergeva a Neapolis, dove gli abitanti celebravano giochi ginnici in suo onore.
Le sirene, secondo la mitologia greca, erano rappresentate come divinità vergini dal bellissimo volto di donna e dal corpo di uccello, assumendo poi le fattezze di donna dal corpo di pesce dalla cintola in giù. Risiedevano sugli scogli denominati “Sirenusse”, localizzati di fronte all’attuale Positano dal nome odierno di “Li Galli” ed ammaliavano con il loro melodioso canto i marinai facendo perdere loro il controllo delle imbarcazioni.
L’Odissea racconta che Ulisse per difendersi dal loro canto incantatore si fece legare all’albero maestro e otturare le orecchie con la cera: ciò permise alla sua nave di riuscire a passare indenne per quel luogo.
Una delle versioni del mito racconta che Parthenope – nata dal dio-fiume Acheloo e dalla madre-terra Persefone – fallendo nel suo tentativo di sedurre l’eroe e sentendosi respinta, per il dolore si uccise gettandosi da un’alta rupe. Le correnti trasportarono il suo corpo sulle sponde dell’isolotto di Megaride, dove gli abitanti la ritrovarono con gli occhi chiusi, il bel volto bianco e i lunghi capelli che ondeggiavano nell’acqua. Fu dunque posta in un sepolcro.
Parthenope diede il nome al villaggio e, divenendo la protettrice del luogo, fu venerata dal popolo con sacrifici e fiaccolate sul mare.
Non si conosce la giusta ubicazione della sua presunta tomba: forse sulla collina di Sant’Aniello a Caponapoli, sotto le fondamenta della chiesa di Santa Lucia, costruita sul tempio a lei dedicato sull’isolotto di Megaride o nei sotterranei di Castel dell’Ovo.
Un’altra suggestiva leggenda narra che, il corpo privo di vita di Parthenope si sia dissolto nell’approdare a Megaride per dar vita alla città di Napoli: « … distesa lungo tutto l’arco del golfo, con il “capo” poggiato a oriente nell’altura di Capodimonte, il “corpo” delimitato dalle mura urbane ed il “piede” (o coda) ad occidente, immerso nel mare ed affiorante nel promontorio collinare di Posillipo».
Un’altra storia, ricordata anche da Matilde Serao nel suo volume “Leggende”, racconta che Parthenope era una bellissima principessa greca innamorata e ricambiata dal giovane Cimone. Il padre contrariava quest’amore, perché aveva promesso in sposa la figlia ad un altro pretendente, Eumeo. I due innamorati decisero, quindi, di fuggire e sbarcarono su una terra dalla natura meravigliosa – Megaride – dove vissero felicemente il loro amore. Molti popoli, venuti a conoscenza di questo luogo ameno, vi si stabilirono dando vita ad una città.
Un racconto più realistico, invece, parla di una regione greca tormentata da una grave carestia il cui re, nel tentativo disperato di salvare da un truce destino il suo popolo, imbarcò un gruppo di giovani verso la Magna Grecia: consuetudine vera e abbastanza diffusa in Grecia in simili circostanze.
Sull’imbarcazione vi erano anche tre principesse reali, tra cui Phartenope che morì, forse a causa di stenti, proprio quando la nave giunse a destinazione. I giovani celebrarono la struggente liturgia funebre per l’infelice principessa, dando poi vita ad un nuovo insediamento urbano.

 Alle Sirene giungerai da prima,

Che affascinan chiunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca.”

(Omero, Odissea XII, 52-54)

Tiziana Muselli