I Cavalieri templari


Letti tutti gli interessanti articoli e le fiumane di libri sugli antichi Cavalieri templari dal 1970 fino ad oggi, in varie lingue e di diversi scrittori, spinto dalle stimolanti narrazioni documentate dei regesta angioini salvati dalle distruzione belliche dei nazisti del 1943, e conservate nella Biblioteca Nazionale “Vittorio Emanuele III”, mi sono messo alla ricerca dell’ubicazione reale dell’antica Commenda Templare di Napoli e sulle vicende che accompagnarono il salvataggio dell’archivio italiano del 1308.
Tra i tantissimi documenti che comprovano l’effettiva presenza storica dei Templari in Italia e in specie nel Reame di Napoli e di Sicilia tra il 1156 e il 1308 vi è la testimonianza di tante Commende, castelli, porti affidati ai Cavalieri prima della persecuzione in Puglia, Basilicata, Abruzzi, Molise, Sicilia e Calabria.
Le mie ricerche storiche spaziano anche in Campania fino al 1990, con la riscoperta degli antichi siti di Capua, Maddaloni, Scafati, il Castello di Cicciano e in modo imprecisato Napoli; ancora una fattoria a Cuma, e possedimenti a Casalnuovo.
Inoltre, sebbene nell’ottobre 1307 fosse stato dato in Francia l’ordine di cattura generale dei Templari, non vi furono arresti in Piemonte perché gli allora conti di Savoia erano legati ai cavalieri del Tempio; fino al 1312 i Templari in Piemonte, Val d’Aosta e Liguria vissero indisturbati.
Solo nel 1312 i loro beni passarono ai Cavalieri di Malta , al demanio sabaudo e a ordini monastici locali. I templari rimasero comunque in loco mantenendo le stesse funzioni amministrative.
Invece nel Regno di Napoli, angioino e quindi legato al Regno di Francia, venne subito adottato l’ordine generale di arresto dei Templari locali, il sequestro dei loro beni e archivi; vi furono processi e torture a Messina sui pochi Cavalieri trovati in Sicilia.
Nel 1308 i loro beni furono confiscati dal Regio Demanio e man mano concessi nel 1311, 1312, 1324 ai Cavalieri di Malta, ai Cavalieri Teutonici, a nobili locali e a monasteri delle varie regioni del sud.
Si apprende da documenti vicereali dei regesta degli archivi angioini e dalle cronache giudiziarie dei vari Giustizierati nel sud Italia che al momento dell’ordine dell’arresto dei Templari in Francia vi fu contemporaneamente un arresto a Cipro, sei a Messina con processo locale, sei a Barletta con processo e torture; non si trovarono altri Templari italiani nel meridione.
Si sa anche che tra i Templari italiani convenuti in Francia nell’ottobre 1307 non vi furono arrestati, dal momento la delegazione italiana non si era presentata a Parigi dal Gran Maestro Jacques de Molay ma si era invece imbarcata sulla flotta delle 25 navi templari nel porto francese di La Rochelle; inoltre il grosso delle fila templari già veleggiava per la Scozia e per il Portogallo.
Approdarono dunque nel porto amico di Genova, sbarcandovi gli archivi e i principali dignitari italiani insieme con il gran precettore templare italiano Jacopo de Montecucco, che fu ospitato tranquillamente fino alla sua morte nel 1362 tra i monaci della Pieve di Alessandria in Piemonte.
I Cavalieri Templari, travestiti da monaci benedettini, partirono poi da Genova, evitando Cipro e Sicilia, e sbarcarono a Barletta in Puglia, mentre la loro nave riprendeva il largo per l’Albania sfuggendo alla polizia vicereale angioina.
Quattro dei nove Templari furono subito arrestati, tradotti in carcere nell’ex monastero benedettino di Torremaggiore e torturati; gli altri cinque nel marzo del 1308 cavalcarono in salvo per Bovino, Ariano Irpino, la campagna di Avellino e le gole di Monteforte, per le campagne di Avella e di Tufino evitando Nola e Marigliano.
Arrivando in aprile ad accamparsi sfiniti nelle campagne di San Vitaliano e di Marigliano, a 18 km da Napoli, dove si riunirono con i pochi Templari fuggiti da Cicciano e da Casalnuovo, rimanendo nascosti in case di nobili e di monasteri vicini.
I Templari di Capua e di Maddaloni erano fuggiti a cavallo una settimana prima di notte verso il paese montano di Roccamonfina, nascondendosi tra le popolazioni amiche del posto; a San Vitaliano abbandonarono mantelli, vesti e armi e fuggirono travestiti da contadini e da monaci verso Casalnuovo, come appurò la polizia vicereale che recuperò gran parte delle armi dei Cavalieri in fuga.
Notizie apprese dei contadini del posto confermarono che circa una quarantina di Templari in fuga verso Casalnuovo si erano rifugiati presso i nobili Caracciolo marchesi di San Sebastiano al Vesuvio, nella loro tenuta campestre di Volla, a 10 km da Napoli, e nel loro castello di caccia a Monteoliveto di Volla, edificato nel 1090.
Qui i Templari nascosero armi, tesoro e documenti nel pozzo grande in disuso – detto del Cavallo Bianco – del cortile del castello e nei quattro passaggi segreti sotterranei; una pattuglia di polizia vicereale mandata da Casalnuovo a Volla trovò però il castello deserto da tempo …
Una trentina di Cavalieri si diedero alla macchia nei pressi di Napoli; si costituirono poi nel 1310 e il re diede loro la possibilità di passare tranquillamente nel nuovo ordine dei  monaci di Sant’Antonio Abate in Napoli, famosi come veterinari.
Pochi giorni dopo ci fu un certo allarme nel porto di Napoli: nell’agosto 1310 un mercantile francese di Marsiglia lasciò nottetempo la Città con a bordo 12 monaci giovani, facendo tappe di scalo brevissime a Civitavecchia, a Viareggio, a Livorno e poi a Genova e sbarcando i monaci a Marsiglia … che poi sparirono, secondo spie della polizia francese, nelle catacombe a Parigi … un mese dopo……
Per quanto riguarda la Commenda Templare di Napoli si sa dai regesta angioini che doveva esistere fin dal 1270 e che nel 1282 aveva ospitato Templari sfuggiti dalla Commenda di Messina durante i disordini dei Vespri siciliani contro gli Angiò; i Cavalieri, nelle vesti di operai, erano poi partiti su una nave templare per Castellamare di Stabia, per portare vettovaglie da Napoli ai lavoratori della costruenda Abbazia di Real Valle presso Scafati dei monaci Cistercensi amici dei Templari.
Sempre nel 1282 un Templare venne trasferito per cure via mare dalla fattoria di Cuma all’ospedale crociato di Napoli.
Inoltre si apprende dai documenti che i Templari di Napoli ripararono il Ponte di Casanova nel 1305 e l’anno seguente anche il Ponte della Maddalena sul fiume Sebeto, accesso alla loro domus secondaria di Poggioreale, che poi nel 1308 venne donata dal Demanio di Napoli ad un principe regio, figlio del sovrano angioino.
Si sa che vi era a Napoli un ospedale crociato, che però apparteneva ai Cavalieri di Malta.
Era ubicato nella loro chiesa di San Giovanni a mare, operante da quell’epoca fino al 1860 nella zona vicino il mercato portuale, mentre un secondo ospedale crociato per napoletani e pellegrini esteri era nel quartiere Porto fin dal 1270: si tratta di quello della chiesa di Sant’Eligio, antico tempio adiacente al mercato, fatto costruire da tre cavalieri francesi venuti a Napoli nel 1266 con il re Carlo I d’Angiò come gentiluomini di corte.
Edificato con l’aiuto degli scultori e delle maestranze francesi che lavoravano al monastero di Santa Chiara di Napoli, al suo interno i gentiluomini avevano fondato una congregazione laico-cavalleresca che amministrava i beni della chiesa.
Era praticamente autosufficiente: tra le sue mura vi si trovavano fabbri, mercanti, sellai, maniscalchi, macellai, veterinari, fornai, tavernieri; aveva dunque un panificio, un forno, un pozzo pubblico, una stalla, una fontana.
Nel 1274 avevano il privilegio di seppellire i loro morti nelle cripte della chiesa di Sant’Eligio; nel 1279 l’arcivescovo di Napoli diede a tre cavalieri francesi che la richiedevano l’autorizzazione a scolpire i nomi dei defunti sul pilastro dell’arco d’ingresso della chiesa in un’iscrizione in latino che riportava l’anno di fondazione dell’edificio sacro.
Nel 1787 la scritta in latino su marmo della fondazione fu trasferita nella sala d’amministrazione dell’ospedale di Sant’Eligio,che poi venne chiuso definitivamente nel 1806.
I tre cavalieri passarono poi nel 1310 tra i monaci antoniani di Sant’Antonio Abate in Napoli col permesso del re di Napoli, mentre la congregazione laica fu amministrata dalla Corporazione di Arti e Mestieri.
Intanto, quasi per una commemorazione, nel 1782 il generale borbonico Diego Naselli Aragona fece benedire nella chiesa di Sant’Eligio il nascente ordine dei Templari di stretta osservanza di Napoli: 40 iscritti di cui lui stesso era Gran Maestro nazionale fino alla sua autochiusura del 23 novembre 1789.
Bisognerà poi aspettare qualche anno perché un discepolo veneto di stratta osservanza in risvegli il sopito Ordine Templare.
Ne 1867 a Venezia si tenne un congresso dell’Ordine Templare o Neotemplare, una riunione nazionale di Cavalieri italiani, cui parteciparono venti delegati di varie regioni.
Ultimo Gran Maestro dei Cavalieri Templari fu il famoso conte Giovanbattista Ventura da Venezia, ammiraglio, giornalista, scrittore e storico, morto nel 1981.
(Foto: web)

Michele Di Iorio