Giustizia è fatta: Villella torna a Motta Santa Lucia

Finalmente terminata la querelle col museo Lombroso sul cranio del “brigante” Giuseppe Villella, nato a Motta Santa Lucia (CZ) nel 1803 e morto in carcere a Pavia nel 1872.
Si tratta di uno dei reperti che avevano perso anche la dignità di resti umani su cui lo scienziato torinese fondava la sua originale teoria sulla “fossetta occipitale mediana, spazio occupato ordinariamente dalla cresta occipitale”, secondo la quale i comportamenti criminali erano strettamente collegati alla forma anatomica dei crani.
Cesare Lombroso praticamente sosteneva che criminali lo si era per nascita.
Da qui a dire che nel meridione d’Italia si delinque perché la popolazione è “geneticamente inferiore” e “pericolosa” il passo è stato breve.
Il sindaco Amedeo Colacino, tra l’altro pronipote del “brigante” per parte di madre, e tutta la cittadinanza di Motta Santa Lucia, hanno richiesto a gran voce attraverso canali istituzionali la restituzione dei resti di Giuseppe Vilella e finalmente la loro istanza è stata accolta.
Infatti ha scritto Emanuela Minucci sul quotidiano torinese La Stampa del 15 gennaio 2013 : «Ciò che importa però è che siano bastati sedici voti favorevoli perché passasse un documento unico nel suo genere che impegna La Città a promuovere ogni iniziativa affinché si giunga alla sepoltura dei resti, anche attraverso la restituzione delle spoglie ai discendenti o alle amministrazioni comunali, trattenute nel museo di Antropologia Criminale Cesare Lombroso di Torino.
Lo scheletro nell’armadio.
Ci ha messo talmente tanta passione il calabrese Mimmo Mangone (si è presentato orgogliosamente così lui, ieri in Consiglio sottolineando l’importanza di quelle radici) presentando la sua mozione, – e ci hanno messo del loro pure un migliaio di cittadini che hanno spedito altrettante mail ai consiglieri comunali di Torino – che poco hanno potuto le parole dell’assessore alla Cultura Maurizio Braccialarghe ( … Il Museo è dell’Università, e visto che c’è una contesa giudiziaria in piedi il Comune aspetterà che si pronunci il tribunale): la Sala Rossa, dopo aver più volte premesso: … ci sono problemi più urgenti in questa città …alla fine ha lasciato che la mozione passasse. Ora starà alla giunta vedere come muoversi.
La storia.
Il museo, in via Pietro Giuria, di proprietà dell’Università riaprì i battenti il 27 novembre 2009. Contiene 904 crani, scheletri, cervelli e maschere in cera e trae origine dalla collezione privata che Cesare Lombroso allestì in seguito a interventi su individui ritenuti criminali, malati di mente, omosessuali e prostitute con lo scopo di dimostrare la relazione tra comportamento e misure di parti del cranio e del corpo. Proprio sul cadavere di Villella, che aveva avuto trascorsi da brigante, Lombroso fece il suo primo esperimento, nel 1872. Nell’ottobre dello scorso anno, una sentenza del Tribunale di Lamezia Terme, stabiliva con un’ordinanza la restituzione, da parte dell’Università, delle spoglie di Giuseppe Villella al suo paese natale, Motta Santa Lucia (Catanzaro). Mentre due giorni fa la Corte d’Appello ha accolto il ricorso del Museo Lombroso senza però entrare nel merito.
Un cranio da brigante.
Individuando un’anomalia nella struttura cranica, la cosiddetta fossetta occipitale, Lombroso giunse alla conclusione che tale conformazione non fosse presente negli individui «normali» ma solo nel cranio di criminali e pazzi. Ed è proprio su questo punto che l’avvocato Mangone ha dato il meglio della sua arringa finale: Tralasciando l’aspetto razzistico della questione, sono qui a battermi perché si dia degna sepoltura ad un cranio che è appartenuto a un brigante che ha rubato per fame e ha tuttora discendenti che lo reclamano. E ha aggiunto: La mia mozione prevede che le spoglie restituite, se utili a finalità didattiche, siano sostituite con calchi o rappresentazioni multimediali.
L’assessore alla Cultura.
Di fronte al sì dell’aula l’assessore alla Cultura ha commentato: … manderemo una lettera al Museo per evidenziare quanto emerso dall’aula: sorta di avviso di sfratto non tanto per il museo, ma per alcuni suoi preziosi reperti.
Va però detto che sia Braccialarghe sia parecchi suoi colleghi di giunta hanno spiegato che i reperti esposti al Museo Lombroso sono da considerare al pari di altre opere d’arte. Come le mummie esposte all’Egizio di cui il Cairo non ha mai preteso la restituzione».
L’articolo della Minucci ha riportato efficacemente stralci della seduta all’aula consiliare del Comune di Torino, l’appassionata perorazione di Mangone e le fredde considerazioni di Braccialarghe.
Soprattutto ha evidenziato che ancora in molti non vogliono o non riescono a capire cosa è stato fatto al Sud dal 1860 in poi.
(Fonte foto: web)