Francesco I Papa e i suoi méntori

Francesco, quello detto “Santo” dalla Chiesa Cattolica di Roma, si trovò, improvvisamente, e senza alcun preavviso di alcun genere, nei corridoi del Palazzo Apostolico principale, presso San Pietro, dove era lo Studio da dove il Papa si affacciava per l’Angelus.
Non era spaventato – ci voleva ben altro per colui che aveva affrontato mari in tempesta, montagne innevate, invalicabili e torridi deserti e, soprattutto, uomini dalla fama di ferocia sanguinaria-  ma sconcertato, quello sì.
Però si era abituato agli “strani” deliberata del suo … diciamo così … Principale.
Prima stava lì, fermo a godere calore e gioia in un presente senza tempo e senza fine; poi c’era qualcosa da fare, da “qualche parte”: quindi, andava; e poi, e nemmeno era detto che glielo si comunicava, doveva capire da solo, che cosa e come fare.
Ah, proprio un bel Capo, Colui-Che- È.
Comunque, Francesco di Pietro di Bernardone, eccolo che sia aggira per i corridoi di cui conosce, nella sua pre-scienza, la disposizione  (e non perché l’abbia vista su Google Map).
Invisibile agli Umani, comprende subito il perché della sua venuta: è stato fortemente “evocato”.
Qualcuno, da solo o in strettissima congiunzione con diverse persone , si è assai fortemente concentrato sul suo Nome, desiderando la sua assistenza, e il Capo “l’ha concessa”: e solo a lui spetta la decisione che è univoca e non oggetto di trattativa e di condivisione.
Tutto il contrario di come “quaggiù” oramai era prassi di fare: condivisione, trasparenza, quella che, in questo presente storico, chiamano democrazia, si disse, mentre si avvicinava al gruppetto di persone, tra cui subito notò quella per cui era venuto: il nuovo papa; anzi: el nuevo Papa, perché così continuava  dire a se stesso, ancora incredulo: «Yosoyelnuevo papa, yosoy … »
San Francesco non poté che sorridere e pensare che era meglio per lui che ci si abituasse alla svelta, tali e tante erano le rogne dei conflitti che solo lì in quell’angusto spazio sentiva che aleggiavano e si rincorrevano come Spiritelli maligni, sottili, intriganti e malvagi, come dei Marit dell’antica Mesopotamia, qui resuscitati, perfino nelle stanze di colui che sarebbe dovuto essere il centro della rappresentazione personificata della santità.
Ma Francesco, il Poverello, sapeva benissimo come andavano queste cose, e se pur se ne scandalizzava con vigore e sofferenza dentro di sé, sapeva come affrontarle: sia come aveva fatto in vita, e come anche ora nella versione eternal soul (aveva anche lui dovuto apprendere l’inglese e lasciare l’amato francese …).
Preso da queste considerazioni, quasi non si accorse che lo fissava intensamente un’altra “presenza” come la sua.
Non c’era bisogno che si presentassero: «Dive Francisci» (Santo Francesco), «Dive Ignati» (Santo Ignazio), si apostrofarono nel pensiero, ovviamente in latino, movendo leggermente la testa l’uno verso l’altro, in segno di ossequio reciproco (anche nell’Aldilà, esistono le buone maniere …)
«Anche lei qua … Anche lei è stato convocato», dice il Santo spagnolo (in realtà basco), indicando con un leggero movimento del capo l’alto.
«Bene – continua il fondatore della Compagnia di Gesù (Sant’Ignazio di Loyola) – anzi proprio assai bene…Vuol dire che questo Papa ha intenzioni nuove … ».
«Si, concordo pienamente. Si vede che vuole dare un indirizzo diverso: il fatto che si vuol attribuire il mio nome, per la prima volta nella storia dell’intera Chiesa, ha un valore enorme. Non so perché, ma il nome mio ha sempre fatto paura. Cioè, lo so benissimo: perché questa storia del rapporto con la Povertà incuteva timore ai chiatti e chiotti Cardinaloni con strascichi di seta lunghissimi. Che dico? Terror panico, come se io fossi stato come il da loro odiato e temuto Fra’ Dolcino, l’eretico: ma quello i Cardinaloni e i Vescovoni li ammazzava …Volevo invece che Sora Povertà trovasse pienamente casa tra le Mura Benedette …»
«E non solo – incalza Sant’Ignazio – il fatto che il Papa sia un Gesuita, e che si voglia dare il nome di Francesco, supera ogni conflitto che talvolta sottotraccia e talvolta palesemente si era manifestato nella storia plurisecolare della Chiesa,  tra le due grandi Famiglie: quella dei Frati Minori (i Francescani) e della Compagnia di Gesù».
«E allora – interloquisce Francesco, cui non era mai mancato il senso dell’umorismo – aveva ragione Dante che profeticamente  nel Paradiso mette insieme i due grandi Ordini Mendicanti, che allora si contrapponevano, spesso drammaticamente, i Domenicani e i Francescani … Così questo Papa fa far pace a due Ordini che prima s’ignoravano …»
«Ma forse – riprende il primo “Papa Nero” (il Preposito Generale della Compagnia) – si è dato questo nome anche per ridare lustro e forza a due fondamentali organismi tradizionali, mentre ce ne stanno altri, più moderni, ma più rappresentati nelle alte sfere, a detrimento della stessa trasparenza nei rapporti di potere», fa con un sorriso da comandante in capo, che coglie e sa leggere i fatti.
Forse riferendosi ai nuovi Ordinamenti come l’Opus Dei, Comunione e Liberazione, la Comunità di Sant’Egidio, che obiettivamente sono in grado di togliere spazio sia ai Gesuiti che ai Francescani.
«Per intanto – continua – le nostre Presenze accompagnano, vigilano e confortano questo nuovo Pontefice.  Ma i tempi maturano e le scelte incalzeranno».
(Foto: web)

Francesco “Ciccio” Capozzi