Enzo Romagnoli, il cantante di giacca

45 giri di Povero guappo e Brinneso (1)
Interprete elegantissimo, dai capelli lunghi e ondulati, dotato di una voce duttile e pastosa, Enzo Romagnoli debuttò nel 1929 al Teatro Trianon di Napoli; si cimentò nel capolavoro di Enzo Fusco, musicato da Rodolfo Falvo, Dicitencello vuje!…
In quella importante occasione erano presenti molte celebrità della musa canora partenopea: furono testimoni come compagni di palcoscenico Elvira Donnarumma, Salvatore Papaccio, Vittorio Parisi e Nicola Maldacea.
Anno 1934: Enzo Romagnoli partecipò alla sua prima Piedigrotta; la kermesse settembrina allora venne promossa dalla casa editrice musicale Autori Associati e si svolse presso il Cine-Teatro Santa Lucia. Il cantante interpretò ‘A ricetta ‘e Napule, bella canzone di Ciro Parente e Pasquale Frustaci.
Una curiosità: Il primo nome assunto dal cantante, qualche anno prima, fu “Romagnolo” e solo successivamente l’artista scelse di presentarsi alle platee col suo vero nome.
Eccellente protagonista di un repertorio variegato che andava dalla canzone sospirata passando per  la macchietta comica fino ad approdare al repertorio canoro che più lo contraddistinguerà durante la sua lunga carriera artistica: la canzone drammatica o di giacca.
Il suo riferimento canoro ed interpretativo fu il già citato Gennaro Pasquariello.
Il cantante portò al successo innumerevoli canzoni raccogliendo consensi e raggiungendo una buona notorietà; alcuni titoli: ‘O meglio amico! (1928); Zappatore (1929); Priggiuniero ‘e guerra (1933); Sacrileggio! (1935);  Povera santa (1936); Povera sposa mia! (1937); Sienteme, figlio!… (1939);  E me si frato tu?… (1939); Surdato analfabeta (1941). L’elenco potrebbe continuare: nella sua carriera incise oltre 300 canzoni.
Una ineluttabile conseguenza, legata ai suoi indiscussi successi artistici, fu motivo della rifioritura di un genere: il fenomeno della sceneggiata. Nato almeno un ventennio prima, destinato all’oblio più assoluto anche a causa del suo essere un viscerale prodotto dialettale, quindi non proprio gradito alle autorità nazionaliste dell’epoca, quello della sceneggiata fu un tipo di spettacolo  ad esclusivo uso e consumo dei ceti più popolari di Napoli e del nostro Mezzogiorno d’Italia.
È doveroso da parte nostra citare i nomi di alcuni dei padri del genere teatrale al quale abbiamo fatto riferimento. ci limiteremo alla sola epoca d’oro (1916-1930):Enzo Lucio Murolo, Roberto Ciaramella, Mimì Maggio, Armando Gill, Raffaele Chiurazzi, Salvatore Cafiero, Eugenio Fumo, Giuseppe Pisano e Giuseppe Milano.
Enzo Romagnoli ci teneva molto ad una sobria e corretta forma estetica e interpretativa; mai le sue performance, seppur di un genere come quello della canzone drammatica che aveva spesso epiloghi tragici,  tralasciarono di tenere in considerazione l’auditorium al quale questo particolare tipo di spettacolo era diretto.
È noto che in teatro sovente imperava la battuta volgare e salace, il lazzo condito da espliciti atteggiamenti scenici smaccatamente legati al doppio senso: Enzo Romagnoli non si fece mai prendere la mano, da fine cesellatore qual’era e vero signore, sia nella vita che sulla scena.
Abbiamo più volte usato il termine canzone di giacca: qualche precisazione in merito è d’obbligo. La canzone di giacca nacque e si diffuse a Napoli verso gli ultimi anni dell’800, trattava fatti di cronaca nera o di malavita; era consuetudine che il cantante si presentasse in scena indossando un giacca, quasi sempre con un fazzoletto colorato annodato alla gola.
Lo spettacolo offerto  contemplava  scene fatte di quadretti comici, amori contrastati, assolo e/o duetti canori, con epilogo tragico. Gli autori più noti che ebbero alcune loro produzioni canore trasformate in lavori sceneggiati furono Libero Bovio, E.A.Mario e Francesco Fiore.
Un “ritorno di fiamma” verso questo tipo di rappresentazione artistica popolare si ebbe agli inizi degli anni ‘ 70, quando rifiorirono molteplici Compagnie di sceneggiata; erano infarcite di nomi di ottimi attori, noti caratteristi e quant’altro, quasi tutti provenienti da spettacoli di rivista o dal classico teatro dialettale.
I puù importanti capi compagnia di quegli anni furono Mario Merola, Mario Da Vinci e Pino Mauro: riuscivano sempre a riempire i teatri popolari cittadini, in primis il Cine-Teatro 2000,vero regno di questo genere.
Enzo Romagnoli nacque a Napoli nella zona di Sant’Anna alle Paludi, il 29 gennaio 1914; due suoi fratelli, gestori di un’affermata falegnameria di via Pica nella zona della Ferrovia, cercarono d’indirizzare il loro congiunto più giovane ad esercitare l’arte del legno e poter divenire in futuro un ottimo ebanista, ma tutto ciò non accadde: il suo destino era già segnato!…
La scintilla scoppiò quando un altro fratello, il maggiore, discreto suonatore di violino, che soleva esibirsi  alle varie feste patronali o partecipare alle cosiddette “periodiche”, che erano vere occasioni del battesimo del fuoco per i giovani che ambivano alla carriera artistica.
Accadde che una sera, presso la casa paterna, durante le prove per un futuro spettacolo, i numerosi musici presenti scoprirono con meraviglia le qualità canore del piccolo Vincenzino.
Un cronista dell’epoca racconta che lla buona occasione per il giovane Romagnoli,  si verificò durante una festa battesimale a casa di un loro vicino: l’esibizione canora l’artista in erba riscosse un tale successo che persino la giovane puerpera affermò paradossalmente che ben volentieri avrebbe messo al mondo un altro figlio pur di riascoltare la voce del fanciullo; al che intervenne la comare del neonato che esclamò «Chistu guaglione è nato pe’ cantà!… »
La trentennale, fulgida carriera di Enzo Romagnoli lo portò ad esibirsi nei maggiori teatri italiani ed incidere numerosissimi  dischi sia per la casa discografica partenopea  “Phonotype”che per l’etichetta “Odeon” di Milano.
Verso la fine della sua vicenda artistica il cantante restò immobilizzato per una precoce e grave artrosi  ben sette anni. Nonostante il lunghissimo ma per fortuna temporaneo problema fisico, la forza di volontà e la voglia di ripresa di Enzo Romagnoli fu tale che negli  ultimi anni di vita artistica ritornò in sala d’incisione pubblicando dischi di successo con le case discografiche Junghans, Amalfi, Fonola, T & T e Kristallo.
Dopo una gloriosa carriera, in ultimo il destino si accanì particolarmente nei suoi confronti: conobbe la disoccupazione, il lavoro precario – s’arrangiava a fare l’elettricista al cimitero – e lo sfratto per morosità.
La morte lo “liberò” da queste terrene vicissitudini: il 6 maggio 1974 Enzo  Romagnoli passò a miglior vita lasciando grande rimpianto tra estimatori e colleghi.

Ciro Daniele