Donne in cerca

«Embé, che mi ha detto don Luigi, che non debbo andarci? E che ne sa lui? Che ne sa? Che ne sa dello sguardo che sento su di me da mio marito, che mi guarda con quell’aria di sofferenza, ma anche di delusione? Ma comme? A trentatré anni, da quattr’anni sposata, non esci incinta? Quando tutte e due le tue sorelle, sposate dopo di te già hanno chi due chi un figlio? È lo stesso discorso muto che mi fanno i suoceri … Per carità, carini … evitano in ogni modo di solo toccare il discorso o un accenno che lo  possa richiamare …
Ma  so che è così da come mi guardano, da come impacciati li scopro in un improvviso silenzio mentre stavano parlando con mio marito … »
«Ma non è che ti stai fissando –  fa la sua amica del cuore – stai facendo montare in te contro te stessa la rabbia per questa impotenza?… »
Lisa la fissa per un momento muta, mentre si asciuga gli occhi per quello sfogo di prima; e continua: «Si. Ma fa lo stesso … »
Riprende Angelica: «Scusa, ma ti sei chiesta, perché il tuo Confessore, padre Luigi, non vuole che tu ci vada? »
«E che ne so? Forse per lui sono superstizioni: dice che non sono legate a richieste fatte in nome della Fede, ma solo della disperazione, che si attacca a tutto pur di tacitare le proprie ansie e debolezze…Mi sembra di sentire lo psicologo che ho consultato … »
«Perché? sei andata pure da un medico della testa?»
«Si, l’ho fatto perché mio marito ha detto che il mio equilibrio ne risentiva … che non ero più io … Tutto sta andando a rotoli: ogni cosa mi sembra che porti occasioni di un rinfaccio. Spesso me l’immagino io: perché sono troppo presa da questo pensiero. Ma non posso farci nulla…Allora che fai, mi ci accompagni? », conclude speranzosa, ma piena di incertezze, Lisa, con le lagrime agli occhi.
Angelica, la guarda fissamente, avverte l’intensa sofferenza della sua migliore amica, sente che non solo il loro rapporto non avrebbe resistito ad un rifiuto; ma che Lisa ha un bisogno disperato di qualcuno che l’accetti, che le sia vicina, senza porre condizioni , per puro affetto e comprensione.
«Ok. – fa con una disinvolta serenità e un convincimento maggiori di quelli che in effetti prova realmente – Certo che ti accompagno … Che faccio, ti lascio da sola, quando nemmeno tuo marito ha detto di volerlo fare? »
Lo splendore del sorriso che invase il viso della sua amica fu più eloquente di ogni altra parola.
Il sei del mese successivo, le due amiche si trovarono a Napoli, ai piedi della scala del civico 13 di Via dei Tre Re a Toledo,  tra Vico Lungo Gelso e Via Speranzella, alle spalle della centralissima Via Toledo.
Lisa si era prenotata al Convento, e la comunicazione le era venuta via mail: ma le era stato detto di venire molto presto, alle 6, perché la fila era numerosa e folta, ma ben ordinata, silenziosa  e concentrata.
Fatta di donne per lo più mature, accompagnate da coetanee: sorelle, amiche; non mancavano donne giovani, ma insieme a loro per lo più s’intuivano esserci le madri.
Su tutte una maschera in volto di ansia e di angoscia, coma un velo che intristiva i volti, li ingrigiva: li spegneva .
Pochissimi i maschi, e quei pochi avevano facce come imbarazzate.
Era una giornata nebbiosa: ma era da poco uscito un pallido sole; e mano mano che diventava più nitido, anche l’atmosfera nella fila si scioglieva. E ognuna diventava curiosa dell’altra. Erano storie simili: dolorosamente simili.
Nello snodarsi della fila, c’era lo snodarsi dell’angoscia di ognuna, che sentiva nell’altra l’eco della propria.
Ma emergeva anche una speranza: «Sì … è o’vero, -diceva una quarantenne – la mia amica appena si sedette sulla seggia della Beata, ebbe come una scossa dentro … e qualche giorno dopo uscì incinta. ‘Nu miracolo».
Lisa si sentiva come rinvigorita da queste storie; palesemente meno entusiasta la sua amica Angelica.
«Ma perché non ci credi? », si rivolgeva quasi stizzita Lisa.
«Non è che non voglia crederci, ma sono tante le situazioni, le variabili, le cose dette, pensate … Non riesco a dare realtà alle parole della signora: tranne che al suo dolore. Quello si, è vero come la sua frustrazione …»
«Cioè anche io sono frustrata e magari pazza?… »
Accortasi dell’indelicata affermazione e della situazione che si era venuta  a creare, cercava di calmare la sua amica …
Poi finalmente salgono per le scale, e l’ultimo tratto è stretto, e vi passa una persona alla volta. Si accede al piccolo appartamento dove abitava e morì la Beata Maria Francesca delle Cinque Piaghe, il 6 ottobre del 1791; e in quella stanza angusta c’è la sedia dove abitualmente Suor Francesca riceveva gente che si confidava e che lei consigliava con saggezza e senso profetico, in odore di santità già nell’ultima fase della sua vita.
E lì da anni c’è Suor Giuliana, donna anziana, ma dagli occhi e dalle movenze lucide e controllate, dello stesso Convento dove era stata ospitata la Santa, che accoglie con la stessa partecipe attenzione le sofferenze di tante donne desiderose, ma impossibilitate a procreare.
Lisa piangeva nel dare forma alle sue sofferenze: era un pianto liberatorio, mentre la Suora, l’accarezzava lentamente sulla schiena, la rincuorava, con poche ma concise parole.
Angelica, sulla soglia della stanza, guardava e partecipava a questo rito: sentiva che tra le due donne, così diverse, si riversava una corrente di solidarietà e di compassione, che valeva più di fiumi di parole. E anche lei si sentì commossa, e parte di quel colloquio.
Dopo aver parlato, la Suora fa sedere Lisa su quella stessa seggiola dove era spirata la Santa, la benedice con delle Reliquie benedette di Francesca delle Cinque Piaghe.
Dopo un breve attimo di silenziosa preghiera, la Suora fa alzare Lisa e l’accompagna alla porta, facendo entrare un’altra.
Le due amiche in strada, sulla via del ritorno, non parlano, tanto sono ancora prese dall’atmosfera di profonda e potente emotività, che si era creata in quella stanza.
Ognuna, presa dai propri pensieri, lascia quasi senza salutare l’altra.
Dopo qualche giorno, Angelica si rese conto di essere incinta e non se lo aspettava; Lisa, che invece sembrava esserlo, ebbe una forma di aborto spontaneo .
Nel frattempo, Angelica portò a termine tranquillamente la sua gravidanza: e chiamò Lisa la sua bambina: ma Lisa non ne fu né commossa né colpita, e lentamente si allontanò dall’amica.
Sembrò non pensare più alla gravidanza: come se avessero accettato, lei e suo marito, lo stato di senza figli, e né pensò più a quell’esperienza dalla Santa.
Ma dopo due anni, quando meno se l’aspettava, rimase incinta: la sua bambina si chiamò Angelica, in onore di quell’amica, che nel frattempo ha ripreso a frequentare.
E ora è in attesa di nuovo: e sarà un maschio.
(Foto: web)

Francesco “Ciccio” Capozzi