Cuciniamo nell’era dell’Expo

DCIM100MEDIAQuesta rubrica di cucina, che mi accingo a tenere non vuole essere solo una serie  di ricette, ma qualcosa di più, spero, e senza presunzione. Vorrei condividere con voi, care amiche ed amici eventuali cuochi, perché no, questa passione. La passione per la cucina mi é stata tramandata, penserete tutti, dalla mamma. O dalla nonna? No, no, da una signora inglese, zia Guendalina Partington.
Tanti anni fa Guendalina era a Sorrento per una breve vacanza estiva, una sorta di Grand Tour d’Italie, come si usava allora, e li incontrò quello che sarebbe diventato l’amore della sua vita, zio Vincenzino, appunto, fratello di mammà. Se lo sposò in fretta e furia, senza indugio alcuno, la zia albionica, e non andò più via dal golfo di Napoli.
Oggi, ormai ottantacinquenne, vive sulla collina di Posillipo, davanti alla cartolina dell’imponente bellezza del Vesuvio del quale spesso decantava uno dei suoi migliori prodotti, che da tempo immemorabile cresce alle sue falde. Un rosso fuoco, così intenso, la lava incandescente, un profumo inconfondibile di terra e di storia di uomini e donne che hanno saputo strappare questi pochi lembi di terra al vulcano, ‘nu pizzo piccerillo, ‘a pummarulella d‘o piennolo, altrimenti chiamato spunciglio.
A zia Guendy non bastava gustarne il sapore ma si documentava, vuleva sapè, voleva scoprire le sue proprietà. Io, all’epoca, non capivo. Ero piccina, sì e no arrivavo con la testa all’altezza del tavolo per vedere come preparava i pranzetti al suo amore, Vincenzino, ma ero incantata dal suo accento britannico, dal suo modo di parlare.
Solo dopo, crescendo, ho capito che aveva ragione.Tutti noi gustiamo il cibo, ma non tutti ci chiediamo, nel frenetico vivere quotidiano, della provenienza degli ingredienti che compongono una pietanza e quanto lavoro e dedizione si debba infondere nella preparazione. Comprendere la storia di una ricetta, dei suoi componenti, le loro qualità e gli effetti benefici che apportano al nostro organismo.
Per cominciare, quindi, ritengo giusto parlare, in primis, di uno dei più importanti e basici ingredienti, senza il quale  i sapori non verrebbero esaltati. Parlo del sale. Sembrerebbe banale, ma non lo è: chi cucina lo sa bene.
Le origini dell’utilizzo del sale sono antichissime. È nel Neolitico che le popolazioni che abitavano lungo le coste cominciarono a produrre modeste quantità di sale,  bollendo l’acqua del mare, per evaporazione. Ed è così che i cristalli di sale entrarono a far parte dell’alimentazione. All’inizio usato solo come conservante  per le carni ed il pesce, in epoca successiva si rese indispensabile nella cucina come esaltatore di sapore.
Nel primo secolo dopo Cristo il sale era ormai diventato parte della cultura romana. Plinio affermava che non era possibile concepire una vita civilizzata senza. I romani capirono quindi che il sale era una fonte di potere e ricchezza.
Infatti i siti di produzione salina più importanti erano situati tutti nella provincia di Roma tra Fiumicino e Ostia e noti nell’antichità con il nome di campi salinarum romanarum. E quante variabili!…
Di sale, non c’è solo quello bianco che usiamo normalmente in cucina ma tante qualità e colori, caratteristiche e provenienze diverse.
Il sale rosa ad esempio, originario dell’ Himalaya. Un sale purissimo, non raffinato, con  ben 85 componenti minerali e ricco di oligoelementi. Il particolare colore rosa è dato dall’alta concentrazione di ferro. Povero di potassio, è indicato nell’alimentazione degli ipertesi.
Il sale nero di Cipro, poi, viene arricchito con carbone vegetale ottenuto dalla combustione delle cortecce di legno dolce, quali tiglio, betulla e salice che gli conferiscono il tipico colore. È indicato nei disturbi intestinali.
Quello rosso delle Hawaii prende questo colore da un’argilla di origine vulcanica chiamata alaea. Ha un retrogusto ferroso, dato dall’alta concentrazione di questo minerale.
Infine quello blu della Persia è un salgemma molto raro e la sua colorazione viene data dalla silvilite, minerale che si presenta giallo o rosa e solo in pochissimi casi blu, perciò così raro. Ha un sapore speziato  ed è indicato  per arrosti di carne e pesce.
E adesso è venuto il momento darvi una ricetta semplice, “La spigola al sale“.
Ingredienti: una spigola da 1 kg e 500 g di sale grosso. Disponete sulla placca del forno un foglio di carta da forno o di alluminio. Spargete metà dose del sale e posizionate la spigola non squamata. Coprite con il resto del sale la parte dorsale del pesce e riponete la teglia nel forno già caldo a 250°,  per 15 minuti al massimo. Spegnete quindi il forno e lasciate che la spigola continui la cottura almeno per altri 15 minuti. Togliete e servite in bella vista.
Per oggi è tutto, buon appetito e alla prossima. Baci da Zia Guendy.

Caterina Mazzola