Conversazione con Adolfo Sassi, lo scrittore col sorriso

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Napoli, storicamente è stata sempre una importante fucina culturale, dal sapore internazionale. Grandi pensieri sono nati all’ombra della montagna di fuoco e sul bordo del golfo più famoso del mondo.  Uno di questi è il pensiero di Adolfo Sassi.
Già ho avuto modo di presentare su queste pagine il professore Adolfo Sassi, autore di tanti libri su Papa Woytjla,  il  più importante tra questi è Il Vento di Cracovia (ed. Aracne), tradotto in varie lingue.
In quell’articolo  ho  parlato del nostro incontro,  avvenuto nella mia galleria qualche anno fa, e della profonda e sentita amicizia che è nata tra me e lui.
Sassi conosce alla perfezione le tecniche della metodologia della ricerca storica, ma è al tempo stesso un appassionato filosofo che dà alla filosofia e al sapere filosofico internazionale un contributo importante e significativo, in particolare nell’ambiente culturale e spirituale cattolico.
Dopo mesi che non lo vedevo, mi viene a trovare. Come al solito varca la soglia della mia galleria, sempre col suo meraviglioso sorriso e con queste testuali parole di saluto: «Buongiorno caro amico, come sta? Prendiamo un caffè?»
I suoi occhi brillano di gioia, tra le mani ha un libricino: già so che è per me.
Sfoglio il libricino mentre lui mi parla con un tono languido, da poeta,  spiegandomi  il perché di quello scritto.
In questo libricino mette in ordine le traduzioni, fatte da lui stesso e da vari studiosi di varie nazionalità, di un brano del Vento di Cracovia.
Sono traduzioni dello stesso brano  in varie lingue, anche classiche, svolte con impareggiabile maestria, dove Sassi , che ha curato la traduzione in greco, si rivela glottologo e anche filologo.
Mentre sorseggiamo, lentamente, il caffè,  inizio a fargli alcune domande.
Professore sono felice che mi sia venuto a trovare con questo suo ultimo lavoro, ho visto che fa riferimento alla sua più famosa opera Il Vento di CracoviaQuel libro sembra essere per lei una inesauribile fonte di ispirazione. Ma a cosa si è ispirato quando lo ha pensato e poi scritto quel suo libro?
Mio caro amico, la ringrazio sempre della sua ospitalità, lei sa che io qua mi sento un po’ come se fossi a casa mia. Sì, lei ha ragione: Il Vento di Cracovia è stato da quando l’ho scritto una fonte di ispirazione  inesauribile per me. Vede, io per quel libro mi sono ispirato alla cultura classica e cattolica,  come esempio di cultura cardine del Mediterraneo che ha avuto il sopravvento sulla cultura degli Egizi, sulla cultura mesopotanica, su quella persiana e quella di Cartagine.
È stata una cultura che ha attinto alla grandezza della grecità e della latinità. Persino i popoli barbari, entrando in contatto con la Chiesa delle origini e con quel tipo di cultura sono stati attratti non solo dal mondo cattolico e da quella fede, ma anche attraverso essa dai testi sacri di Israele, dalla filosofia di Socrate, di Platone, di Aristotele e dei Plotino, fino al rinnovamento dell’intelletto e dell’amore, del sapere filologico e filosofico contemporaneo.
Quindi la cultura cattolica è secondo lei in stretta relazione con la cultura classica prima greca e poi latina, ma Il Vento di Cracovia è principalmente un libro su Giovanni Paolo II: in che modo viene letta, secondo lei, l’opera di Wojtyla, inteso come uomo di cultura cattolica, come fondamentale contributo alla cultura classica ? 
Innanzitutto, bisogna considerare che il genio cracoviense si è espresso non solo nella cultura ma nel lavoro nelle miniere delle fabbriche Solvaj, nella sofferenza, come anche il caso dell’apertura della Porta Santa:  ad essa si riflette nell’umanità senza limite del calvario come occasione del ritorno al Padre e del richiamo della sua Santità. Poi facendo riferimento alla cultura classica, in particolare alla grecità.
La grecità è  una fonte incommensurabile di cultura che va dal teatro, alla letteratura, alla filosofia, alla scultura, dal diritto alla poesia, fino a giungere alle scienze con l’esperienza di Lisia, di Archimede, di Pitagora, fin quando questa cultura non si è integrata con quella latina.
Quindi l’abbraccio di questa cultura con quella della latinità e poi successivamente con la grande cultura filologica, filosofica moderna, come quella che ha portato pachidermicamente alla santità Edhit Stein è una cultura che è frutto dei cervelli e degli angeli.
Quindi per lei la lingua greca ha una importanza  fondamentale, nella cultura occidentale e in particolare cattolica ? 
Il greco è una lingua che ha la suntuosità scenica delle sue immagini, è potente nelle sue parole, nella grammatica, nei suoi periodi ipotetici, nelle lettere che compongono l’alfabeto. È una lingua ieratica, ricca di mistero.
Perciò ho voluto tradurre in greco alcuni passaggi del mio libro Il Vento di Cracovia, perché  avvicina a Dio con la complessità tematica con cui ho articolato il libro. Ho tradotto in greco  un  brano del libro, che Lei può trovare in questo libricino dove ho raccolto le traduzioni dello stesso brano in varie lingue, perché proietta in greco la complessità sistemica di tutta l’opera di profonda cultura cattolica; e ne sono convinto, perché il greco fa parte dell’apostolato ideale e filosofico, del mito glottologico, cattolico come il latino e l’ebraico.
Professore, quindi Woytjla, secondo lei, è un perfetto interprete della relazione storica esistente tra la cultura classica, greca e l’espressione cristiana nel mondo occidentale? 
Ovviamente le variazioni dell’uso del duale, il differente greco della Macedonia e della Magna Grecia, la differenza fra il greco classico, paleocristiano e poi bizantino, offrono all’esperienza cristiana, insieme al latino e poi a tutta la filologia moderna, tra le quali svetta il sapere cracoviense woytjliano, la piattaforma culturale e letterario filosofica ma anche filologica dell’ethos e della spiritualità cattolica in genere.
Con queste caratteristiche culturali e linguistiche papa Woytjla carezza il sogno universale che è il sogno, quindi, anche cattolico nel senso più alto. In tal senso tutto si combina: cultura umanistica e cultura filosofica politica e cultura politologica con la somma socratico-aristotelica-platonica e con le grandi intuizioni precristiane di Socrate, di Platone e di Aristotele con le stesse intuizioni paleocristiane di Plotino, fino a giungere al discorso, purtroppo non compreso, di Paolo all’Areopago di Athene e mille insegnamenti in lingua greca, anche di traduzione della Bibbia dall’ebraico, della grecità nella Chiesa cattolica d’Occidente fino a quella cattolica bizantina d’Oriente.
Grazie Professore, mi rendo conto che sono tematiche che aprono innumerevoli porte, dietro alle quali ci sarebbe tanto da raccontare. Sono sicuro che i nostri incontri continueranno e che insieme ne apriremo tante, di quelle porte.
Il nostro incontro termina, proprio quando finisce l’ultimo sorso di caffè. Nel volto del professore Adolfo Sassi il sorriso è ancora più aperto di quando è entrato stamattina, e anche sul mio sento aperto uno spontaneo e felice sorriso.
Di questo incontro, la cosa che mi è rimasta impressa è che il professore Sassi, quando parla del Papa polacco, difficilmente lo chiama Giovanni Paolo II, quasi sempre usa il suo nome di battesimo Karol Woytjla, quasi a voler sottolineare che il suo interesse maggiore è non tanto per la figura istituzionale della Chiesa,  ma  per l’Uomo che ha ricoperto quella maggiore carica, forse voluto da Dio.
(Foto by Mario Scippa)

 Mario Scippa