Cinema: "Unbroken", la recensione

unbrokenNAPOLI- “Unbroken”, il terzo film diretto da Angelina Jolie, era sulla carta un progetto molto interessante che però alla fine non è riuscito a rendere giustizia a questa storia fatta di coraggio e resistenza.
Questo lungometraggio racconta la vera storia Louis Zamperini, interpretato da Jack O’Connell, che era un atleta italo-americano che durante la seconda guerra mondiale venne reclutato nell’esercito come bombardiere nella zona dell’Oceano Pacifico. Durante una missione di recupero il suo aereo si schianterà nell’oceano e trascorrerà 47 giorni insieme a due compagni sopravvissuti su dei gommoni in mare aperto, prima di essere salvato dai nemici giapponesi. In seguito verrà trasferito in un campo di prigionia in Giappone, dove il suo spirito ed il suo fisico verranno messi a dura prova dalle terribili ed interminabili torture di un sadico sergente.
Il film, che dura ben 137 minuti, mostra molte delle sue scene migliori e più convincenti nella prima ora. In questa prima parte il racconto si concentra sull’esperienza di Louis nell’esercito Usa che viene alternato a dei flashback in cui ci viene mostrato come nasce la sua passione per la corsa. Nonostante da piccolo il fatto che da ragazzo si cacciava sempre nei guai e che si considerava una nullità, suo fratello maggiore Pete invece ha sempre pensato che Louis potesse valere molto di più. Sarà proprio Pete che spronerà il fratello minore a cimentarsi nella disciplina atletica della corsa che da adulto gli consentirà di partecipare alla gara dei 5000 metri ai Giochi olimpici svoltisi a Berlino nel 1936. Tornando al racconto della sua esperienza militare, le scene di sparatoria in cielo e lo schianto dell’aereo sono molto realistiche e ben curate. Anche il periodo di sopravvivenza in mare aperto è stato ben girato per il modo in cui vengono mostrati i diversi pericoli che i personaggi saranno costretti ad affrontare. In questa situazione il personaggio di Zamperini dimostra di avere davvero “una calma olimpica” per il modo in cui non si perde mai d’animo, nonostante la loro disperata situazione, e di come riesce a distrarre talvolta i suoi compagni dal pensiero della morte parlando delle cose belle e semplici della vita.
La maggior parte dei pregi di questo film purtroppo si fermano qui, poiché dal momento in cui Louis viene recuperato in mare e trasferito nel campo di prigionia c’è un abbassamento di qualità.
In questa seconda parte si tende perciò a privilegiare troppo le feroci scene di tortura nei confronti di Louis, a discapito di una maggiore introspezione psicologica sui pensieri e le motivazioni che spingono sia sul protagonista che gli altri personaggi a comportarsi in un certo modo. Il film così prosegue con una storia priva di grossa originalità e con pochi, ma anche scontati, colpi di scena. In questo modo “Unbroken” non riesce a distaccarsi e a distinguersi da altri lungometraggi che già in passato hanno trattato il tema della prigionia. Per fare un esempio: in “12 anni schiavo” la storia non era concentrata solo sul protagonista, ma anche sugli altri personaggi con cui creava dei rapporti e viveva delle situazioni, come ad esempio le torture, che sullo schermo sembravano più reali e coinvolgenti. In “Unbroken”, invece, le continue scene di violenza su Louis assumono talvolta un carattere quasi grottesco. Non basta quindi mostrare semplicemente delle scene di tortura o avere come protagonista un personaggio che il pubblico apprezzerà sicuramente molto per la sua capacità di sopportazione del dolore fisico e per l’amore che mostra verso il suo Paese per elevare la qualità di un film, se poi non è stato fatto un ottimo lavoro dietro alla caratterizzazione dei personaggi. I rapporti del protagonista con gli altri personaggi, che sono molto bidimensionali, infatti sono stati poco esplorati e per questo motivo risultano poco convincenti. Anche il sergente Watanabe, interpretato dal cantante giapponese Takamasa Ishihara, è stato poco caratterizzato e così questo personaggio sembra troppo la classica macchietta di un antagonista che ha soltanto sentimenti malvagi. Nel film si sarebbe dovuto esplorare maggiormente il suo passato o dei momenti più intimi che forse avrebbero permesso di dare maggiore credibilità al suo personaggio.
Questa sceneggiatura scritta da Ethan e Joel Cohen, che è stata adattata dal libro “Sono ancora un uomo. Una storia epica di resistenza e coraggio”, non riesce perciò a cogliere appieno il vero spirito e la forza del suo protagonista.
Voto: 7-

Sabato Gianmarco De Cicco