Buongusto e tradizione a Napoli

LO-SCOGLIO-DI-FRISIOA Napoli la vita sociale ha sempre avuto un posto speciale. Il ritrovarsi nei caffè, nei ristoranti era una delle particolarità che attirava viaggiatori stranieri e non a soggiornare in città.
La sensibilità dei palati raffinati trovava a Napoli una vasta scelta nel panorama  della ristorazione. Già in pieno ‘800 vi erano tre grandi dinastie di cuochi proprietarie di famose trattorie, i Micera o Pallino di via Tasso al Vomero dal 1840 al 1907, i Musella al ristorante Lo Scoglio di Frisio e i Polissano a Posillipo.
Inoltre va menzionata la famiglia Piccolo  con a loro trattoria alla Rotonda di Maria a Portico, ritrovo dei nostalgici borbonici …
Sorta nel 1844 con il capostipite Francesco, figlio a sua volta figlio di don Pasquale, famoso cuoco delle migliori famiglie nobili napoletane. Francesco invece fu cuoco di ambasciate a Roma, in Francia, in Gran Bretagna, e nella Russia zarista tra il 1820 e il 1843. Aperta poi la trattoria  detta di don Francesco, praticamente fu lui ad inaugurare il servizio dell’attuale catering, inviando succulenti pranzi o pizze a ora di pranzo e di cena nelle case aristocratiche e alto-borghesi.
La trattoria rimase aperta fino al 1853. Il figlio Luigi non seguì la tradizione della famiglia Piccolo ma s’imbarcò a 16 anni sul transatlantico statunitense Cumberland con la mansione di aiuto cuoco e girò tutto il mondo. Nel 1859 e si trasferì a San Pietroburgo in Russia dove divenne chef di un nobile russo Ciambellano alla corte degli Zar.
Vent’anni dopo partito per Parigi aprì un ristorante di cucina napoletana e internazionale in avenue Wagram, primo esercizio italiano nella capitale francese. Sposò una polacca, Clara, ed ebbe una figlia, Françoise. Preso però dalla nostalgia di Napoli rientrò nel 1895 e aprì un ristorante di alta classe alla Rotonda a largo di Possillipo verso Mergellina e Palazzo Donn’Anna. Con una grande terrazza che si affacciava sul golfo, mense impeccabili raffinate ed eleganti con cristalli, porcellane e argenti magnifici, in un ambiente che però volutamente richiamava un che di rustico napoletano, era rivolto ad una selezionatissima clientela e frequentato da borghesi, diplomatici, e nobili viaggiatori di passaggio.
A Napoli fiorivano anche tanti caffè, ritrovi di intellettuali e letterati, come il Caffè Nocera di via Chiaia e il Caffè Europa fondato nel 1848 dal francese monsieur Revange a via  Toledo, con marmi, specchi, stucchi e dorature e le ampie vetrice che esponevano dolci, liquori e le specialità a disposizione nel locale.
Erano il punto di ritrovo dei filoborbonici, che dopo il 1861 il abbandonarono l’abituale Caffè delle Due Sicilie perché frequentato da liberali. Infatti il locale prese poi il nome di Caffè d’Italia.
I nobili filogaribaldini e devoti ai Savoia usavano invece ritrovarsi alla Birreria Pilsen in piazza Municipio da Pintauro o da Caflish.
L’11 aprile 1864 iniziarono i lavori sotto la Prefettura a piazza San Ferdinando di Palazzo per un nuovo caffè pubblico che venne inagurato poi solo il 10 novembre, il prestigioso  Gambrinus. Ma questa è un’altra storia …

Michele Di Iorio