"Big Hero 6", la recensione

big heroNAPOLI – Se ci fosse stato bisogno di un’ulteriore conferma, il film d’animazione “Big Hero 6”, fa comprendere ancora una volta che questo periodo verrà ricordato in futuro come l’epoca d’oro dei supereroi. Il primo film di questo genere che la Disney distribuì, in collaborazione con la Pixar, fu “Gli Incredibili” del 2004. Bisogna specificare, però, che stavolta la casa di produzione non è la Pixar. Entrambi i film hanno in comune, come produttore esecutivo, la geniale mente di John Lasseter, uno dei membri fondatori della Pixar. Basterebbe soltanto questa piccola premessa per far capire l’alto potenziale di questo film, che infatti non ha deluso per niente le mie aspettative.
LA STORIA – È ambientata nella metropoli futuristica di San Fransokyo, dove il protagonista Hiro Hamada è un piccolo genio 14enne della robotica che si diverte a costruire piccoli robot per partecipare ai bot-duelli clandestini. Il fratello maggiore di Hiro, Tadashi, è naturalmente preoccupato per il modo in cui il suo fratellino sta impiegando il suo talento e gli piacerebbe che lo utilizzasse per dei fini migliori. Per questo motivo, con una scusa, lo porta in visita nella sua Università, la San Fransokyo Institute of Technology, per convincerlo ad iscriversi ai corsi. Qui Hiro farà la conoscenza dei quattro colleghi del fratello e conoscerà l’invenzione che ha ideato quest’ultimo: Baymax. Questo robot infermiere ricorda per il suo aspetto un omino della Michelin (oppure l’omino bianco dei Marshmellow per i nostalgici di “Ghostbusters”), mentre per la sua versatilità Doraemon. È molto chiaro a tal proposito l’intento di voler fondere tra loro, non solo per Baymax, alcuni aspetti delle culture occidentali ed orientali. Tornando alla storia, il sogno di Tadashi è quello di produrre in serie questo robot per poter garantire assistenza medica e sanitaria alle persone nelle loro stesse case. Hiro rimane sorpreso molto positivamente dalle cose che vede in questa Università e fa anche la conoscenza di una persona che stima molto: il professor Robert Callaghan. Quest’ultimo lo spinge a creare un progetto per un evento utile che serve per ammettere nuovi iscritti all’Università. Quando Hiro torna a casa, dove vive insieme al fratello con la zia Cass (la loro tutrice, poiché i genitori di Hiro sono morti entrambi quando lui aveva appena tre anni) inizia a lavorare notte e giorno al suo progetto: Quando arriva il giorno della presentazione riesce a sbalordire tutti grazie alla sua invenzione: i microbot! Hiro spiega al pubblico presente in sala che questi minuscoli robot sono controllati mentalmente, attraverso un trasmettitore neurale che può essere indossato in testa, e possono assumere tutte le forme desiderate dal loro utilizzatore per gli usi più svariati. Dopo la presentazione Hiro rifiuta la generosa offerta da parte Alistair Krei che vorrebbe acquistare la sua invenzione, anche perché quest’ultimo non sembra un personaggio molto rassicurante, e così viene ammesso nell’Università. Quando il protagonista esce dall’istituto con il fratello per festeggiare, ad un certo punto scoppia un incendio. Tadashi orna all’interno per cercare di salvare il professor Callaghan, ma muore durante una forte esplosione. In seguito alla morte del fratello, Hiro perde interesse per qualsiasi cosa, abbandona l’Università e si isola da tutti. Un giorno attiva in maniera involontaria Baymax (il robot si accende in maniera automatica quando sente dei versi di dolore come “ahi”) e grazie al suo aiuto, con il tempo, uscirà dal suo isolamento ed inizierà a fare delle ricerche per scoprire la verità sulla notte dell’incendio. In questo modo scoprirà che dietro a quell’incendio c’è un tizio misterioso che indossa una maschera Kabuki sul volto. In questa avventura Hiro riceverà anche l’aiuto dei quattro colleghi del suo defunto fratello che si sono subito affezionati a lui.
Uno dei punti di forza di questo film sono gli insegnamenti di vita che il protagonista Hiro apprende durante la sua avventura grazie anche all’aiuto di Baymax, che in questo caso rappresenta per lui una importante eredità della memoria del suo defunto fratello. L’insegnamento più presente è quello relativo al come affrontare il dolore per la perdita di una persona cara. Non bisogna mai isolarsi dal mondo circostante e nemmeno cercare vendetta verso la persona che si pensa abbia causato il proprio dolore. La soluzione migliore è sempre quella di parlare con i propri amici e con le persone care, condividere con qualcuno il proprio dolore e cercare di andare avanti nella vita facendo le cose in cui si è più bravi per non pensare troppo alla perdita. A tal proposito emerge  l’insegnamento che lo stesso Tadashi cerca di far comprendere ad Hiro: non bisogna mai sprecare il proprio talento e, al contrario, bisogna sempre cercare di usarlo per un fine superiore. In questo insegnamento si può trovare, volendo, un riferimento anche alla frase simbolo della prima trilogia di Spiderman: “da un grande potere derivano grandi responsabilità”.
La maggior parte dei momenti divertenti di questo lungometraggio sono affidate al personaggio di Baymax che, a detta del suo stesso creatore, ha un aspetto “rassicurante” e “coccoloso”. Grazie alla sua ingenuità da robot e ai suoi buffi e simpatici modi di fare, riuscirà a conquistare l’affetto del piccolo Hiro e migliorerà “il suo stato emotivo”. Quando però riceverà un “upgrade” da parte dello stesso Hiro il suo aspetto cambierà quasi drasticamente: diventerà un robot da battaglia con più di una somiglianza con il supereroe Iron Man. Persino quando atterra, dopo aver volato, assume la stessa posa di questo personaggio della Marvel. Visto che stiamo parlando di un film che si ispira ad un fumetto della Marvel, non poteva mancare il cammeo di Stan Lee. Per chi non lo sapesse, è uno dei padri-creatori di tanti supereroi della stessa Marvel. Oltre a comparire brevemente in una inquadratura del film stesso, farà anche una simpatica apparizione in una scena dopo i titoli di coda. Questa cosa richiama un po’ alla mente le scene post crediti presenti nei film dei supereroi targati Marvel, anche se in questo caso non c’è nessun collegamento tra questi due universi cinematografici.
L’aspetto della città di San Fransokyo è un chiaro mix tra le città di San Francisco e Tokyo. Si passa perciò spesso dai tranquilli quartieri di San Francisco con le sue tipiche strade fatte di sali e scendi a delle zone in cui sono presenti dei super grattacieli e tantissime luci colorate. Questo mix funziona abbastanza bene sullo schermo e in una scena in cui Hiro e Baymax volano insieme possiamo ammirare, oltre allo splendida computer grafica usata per questo film, tutta la bellezza ed il fascino di questa città. Questa scelta dimostra chiaramente l’intento di voler collegare gli elementi occidentali a quelli orientali. Un altro esempio è l’aspetto sia orientale che occidentale di Hiro e Tadashi.
Anche se questo lungometraggio si distacca molto dal fumetto originale, il risultato finale è comunque molto convincente sia per la caratterizzazione dei personaggi che per le scene di azione. In conclusione: il film è un prodotto  consigliabile (come tanti altri lungometraggi targati Disney) per tutta la famiglia.
Voto: 8,5

Sabato Gianmarco De Cicco