Armando Gill, il papà dei cantautori

 

«Armando Gill nel suo mondo è tutto: poeta, musico, interprete, improvvisatore, conferenziere, donna, uomo, anfibio, eteroclito, paradossale, lepido, sentimentale: sempre artista, però, specializzato in un genere, unico nel suo genere! Egli può essere quello che più vuole e meglio gli talenta: può cantare cu’ ‘nu felillo ‘e voce stornelli amorosi, ed essere incantevole; può accennare stornelli scherzosi ed essere irresistibile. Può creare un tipo impossibile ed improbabile di macchietta, e farlo accettare come un tipo vero, può infilzar freddure eterogenee l’una dietro l’altra, e far ridere di un riso irrefrenabile! Egli conosce tutti i segreti della burla e del motteggio; ha l’occhio del cuffiatore, la grimace del ripassatore, tutte le risorse;  e dice le cose più enormi con un’ingenuità, con una eleganza, con un’aria d’innocenza, con un’aureola di candore, che lo rendono desiderato alle platee, e – quel ch’è peggio per il pubblico maschile – al pubblico femminile! Non v’è donna, infatti, che non lo adori; ed egli si lascia adorare, con l’occhio un po’ socchiuso, col sorrisetto un po’ blasè, con la vocina un po’ fioca, col ciuffo nero un po’ scompigliato: Egli è insomma, per dirla con qualche freddura a modo suo, un Armando d’ogni più invincibile qualità per piacere: un Gill …ch’è un rasoio Gillette di prim’ordine, perché sfiora ogni pelle un po’ delicata, come una seta! Gill può dire tutto, può improvvisare tutto, può accennare tutto…e può anche non cantare affatto! Il pubblico lo applaudirà sempre!»
«… Armando Gill canta ed interpreta la canzonetta napoletana con una grazia tale, rivela in lui il musicista, il poeta e l’interprete fusi in un tipo solo, e fa supremamente gustare le più riposte intenzioni del poeta, le più carezzevoli sfumature del musicista».
Sono parole scritte dal poeta Ferdinando Russo in “Piedigrotta Polyphon” nel 1913.
Vero nome Michele Testa, Armando Gill nacque a Napoli il 3 luglio 1877, terzo di sei figli, di Pasquale Testa Piccolomini, proprietario di una distilleria di liquori in via Foria a Napoli e di Concetta Saracino, che lo lasciò orfano in giovanissima età; il padre fu costretto a mettere in collegio il piccolo Armando, aveva appena nove anni.
Il debutto nel dorato mondo della canzone avvenne nel 1896; la canzone, musicata da Vincenzo De Crescenzo, in arte Lehrer; la composizione si chiamava Fenesta ‘nchiusa, venne pubblicata dalla casa editrice diretta da Peppino Santojanni.
Nel 1899, il nostro Gill lanciò una canzone dal titolo  ‘O surdato, sempre con musica del De Crescenzo; la canzone vinse il primo premio al concorso canoro indetto dalla rivista artistico-musicale “La Tavola Rotonda” ,edita dalla gloriosa casa editrice musicale Ferdinando Bideri.
Per la cronaca: al secondo posto di quell’anno si piazzò l’incantevole I’ te vurria vasà!.. firmata dal mitico binomio Vincenzo Russo-Eduardo Di Capua.
Dopo la notorietà dovuta alla vittoria al citato canoro, Armando Gill decise  – per non creare ulteriori imbarazzi alla su famiglia, essendo questa di ceto borghese, non proprio contenta dell’attività artistica del congiunto – di  scegliersi, a quel punto, un nome d’arte; la scelta cadde su Armando Gill, nome assunto in onore di un famoso personaggio di un celebre romanzo dell’epoca: lo spadaccino Gillo.
Una piccola curiosità a riguardo:quando il regime fascista decretò che tutti i termini stranieri fossero “italianizzati”, il nostro si trasformò in Armando Gilli. 
Compiuti gli studi liceali, Armando si scrisse alla Facoltà di Giurisprudenza, per poi abbandonare definitivamente pandette e codici per dedicarsi completamente al Varietà.
Elegantissimo, Gill vestiva quasi sempre in abito scuro; solitamente indossava il frac,  il papillon e una immancabile gardenia bianca all’occhiello.
Un particolare che lo caratterizzava, nel pur variegato mondo dello spettacolo fu l’uso del monocolo, portato per necessità dall’artista per problemi di vista legati al suo strabismo.
All’apice della sua carriera, veniva considerato il  maggior rivale  del grande artista romano Ettore Petrolini; si presentava al pubblico con un frase divenuta celebre: «Versi di Armando, musica di Gill, cantati da Armando Gill».
Esilarante improvvisatore, fu protagonista e interprete di numerosi successi; ci piace ricordarne qualcuno: Bel soldatin (1910) , musicata da Agostino Magliani; Stornelli montagnoli e campagnoli (1909), musica del mastro Alfredo Mazzucchi e le sue Nun so’ geluso!.. (1917);  ‘E quatto ‘e maggio  (1918); ” e la notissima  ‘O zampugnaro ‘nnammurato ( 1918).
Gill si dedicò anche a spettacoli di rivista e con la collaborazione del maestro Guido Di Napoli; scrisse: Calendario, 4 & 4 = 8 e la sua rivista più nota Gill affondato.
La sua carriera non fu tutta rose e fiori: una parte di critica lo accusava d’oltrepassare i limiti delle buone maniere durante le sue divertenti improvvisazioni artistiche.
Gill si dedicò anche a quello che oggi è definito marketing: infatti  è rimasto famoso un suo escamotage pubblicitario.
Era  l’anno 1918: Armando fece tappezzare i muri della Città con grandi manifesti anonimi con sopra raffigurato un grosso ombrello, per poi annunciare successivamente la nuova canzone da lanciare. Si trattava della celebre, ancora oggi molto interpretata Come pioveva…
Giunto all’età di 48 anni, decise di prender moglie, impalmando la giovanissima Irma Fricchione; il matrimonio fu un’ulteriore fonte ispiratrice dell’artista; vennero fuori dalla sua vena feconda canzoni che ebbero un notevole successo, come  Palomma(1926); E allora?… (1926)  e La donna al volante (1927).
Nel 1943 Armando Gill cedette alle onnipresenti edizioni musicale Bideri  tutta la sua produzione.
Due anni dopo il papà dei cantautori lasciava questo mondo. Era il   2 gennaio 1945
L’artista volle che sul marmo della sua lapide fossero scolpiti i versi: Core, fatte curaggio, ‘sta vita è nu passaggio/ facimmencello chistu quatto ‘e maggio,/ che nce penzammo a ffa, si ‘o munno accussì va?
Arrivati alla conclusione della biografia di Armando Gill, citiamo un episodio che riesce a mettere in chiaro il forte carisma, l’originalità e la capacità d’improvvisare del grande artista: «Gill, l’aggraziato chansonnier napoletano dal ciuffo nero,il monocolo, la marsina irreprensibile, e la voce esile ma incantevole, si esibiva, una sera, in un teatrino – una baracca di legno, veramente – d’un paesello rivierasco del salernitano. Aveva attaccato la sua canzone Nun so’ geluso!.. allorché si sentì venire dall’esterno  il potente ragliare d’un asino. Gill fermò il suo canto e attese, ma poiché il ragliare del ciuco non finiva, calmò con un gesto della mano gli schiamazzi  del pubblico, improvvisando questi versi: Non posso continuar, questo per me è un corruccio,/ llà fore canta ‘o ciuccio e io nun saccio arraglià! »
Fu la celebre Matilde Serao a raccontare quest’episodio, descrivendolo perfettamente.

Ciro Daniele