Adolfo Sassi, il Poeta trasportato dal Vento

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Adolfo Sassi, scrittore,  grande credente, wojtylologo, autore di numerosi studi e libri su Wojtyla, Il più famoso Il vento di Cracovia (Aracne ed.), venduto in tutto il mondo.
Ho avuto modo di conoscerlo personalmente, Aldolfo Sassi; alcuni anni fa entrò per caso una sera di novembre nella mia galleria e da allora siamo diventati ottimi amici.
Ci siamo raccontati come due buoni, vecchi compagni che normalmente si raccontano.
Quel nostro incontro è diventato anche l’incipit per una storia, un romanzo che ho pubblicato qualche anno fa, dal titolo L’antiquario e il professore.
Adolfo Sassi è una persona umile, gentile, di straordinaria sensibilità tale da coinvolgere chi gli sta vicino in viaggi appassionati e sempre diversi e ricchi di stimoli  nel mondo del suo sapere, che sembra essere infinito.
Una persona che è satura di amore per la sua famiglia, per una donna, la cui immagine ha riempito le sue solitarie notti. Per i suoi genitori, ormai morti, per quel Papa venuto dall’Est, che lui lo associa al Vento, a quel vento caldo di cui ci parlano le Sacre Scritture, per l’amore incondizionato verso i pochi veri amici che ha avuto nella vita.
Volevo scrivere una recensione del suo libro, ma invece sfrutto questa occasione per rivolgermi direttamente alla persona e non allo scrittore Adolfo Sassi.
Egregio Professore,
ho avuto la fortuna di conoscerla personalmente, dividere con lei momenti che non dimenticherò  mai. Ho avuto la fortuna di far muovere le mie dita al suono della sua voce, veder nascere una poesia, apparentemente, dal niente.
Lei fa poesia anche quando scrive di fatti storici, quando parla, si relaziona con gli altri. Lei è fondamentalmente un poeta. Il suo mondo, vissuto e sognato, è poesia. Come è poesia il mondo da  lei rappresentato.
Le sue parole esprimono prima di tutto la sua bontà, l’onestà, la sensibilità e la sua immaginifica realtà. La poesia della sua vita, insieme alla sua presenza fisica, hanno portato nel mio negozio un’atmosfera particolare: una sottile e ovattata sensazione di poesia che ha saturato lo spazio del mio quotidiano  lavoro, fatto di rumori, di troppe parole.
Quella mattina lei disse: «Oggi siamo nel freddo glaciale dei sentimenti, viviamo negli iceberg più che al polo Nord ed il nostro prorompere sul mondo, pieni della sofferenza della vita, è in contrasto con l’eleganza flemmatica, quasi austera, nella loro impagabile bellezza, dei pinguini del polo Sud».
Con dolcezza, una candida e pulita metafora, lei mise a confronto la purezza, l’innocenza e l’eleganza di un animale, il pinguino, che vive veramente nel freddo glaciale, con la necessità di riscaldare la nostra esistenza con ciò che alimenta veramente il calore e che da un po’ di tempo sembra abbandonare sempre di più l’essere umano: il sentimento.
Le sue parole, il silenzio, gli occhi suoi, azzurri come il cielo, incantati davanti ad un oggetto tradotto nella sua mente in straordinarie immagini, sono diventati stimoli importanti per mettere a fuoco alcune mie sensazioni, immagini, sogni ed emozioni, soffocate dalle contingenze della vita quotidiana.
Come accattivanti link in una pagina web, appena la loro luce scintillante catturava la mia attenzione, facevano aprire altre pagine nella mia memoria. Stimoli per farmi riflettere su alcuni argomenti che mi sono da sempre appartenuti e che si stavano inesorabilmente perdendo nel tempo.
In quelle mie personali pagine della memoria ho ritrovato dei preziosi frammenti di ricordi. Come direbbe Yourcenar, antiche sculture ritrovate nel fondo del mare, erose e consumate dall’acqua e dal tempo, sono riemerse dall’abisso della mia memoria.
Li ho ritrovati mutati, come inevitabilmente il tempo ci muta, consumati, pieni di terribili o meravigliose incrostazioni, avvolte da uno strato sottile e vellutato di verdi alghe, con una magnifica patina che le faceva vedere ai miei occhi ancor più affascinanti di quando le scolpivo nella mia mente.
Come frammenti del passato, ripulite del superfluo, apparivano a me come forme leggibili e allo stesso tempo fragili, delicate.
Con naturalezza e, allo stesso tempo con una estrema fatica, ho tentato di ricostruirli, metterli insieme, sperando in una nuova forma e, come tasselli di un  improbabile mosaico, mettendoli insieme ho voluto raccontare il nostro incontro che ha avuto per  me il sapore di una poesia.
Grazie Professore, grazie per la sua amicizia e per la fiducia che ha riposto in me.
Mario Scippa