1799: la battaglia di Portici

battaglia di PorticiEra il 1 settembre 1983; a Portici, in via Libertà, in casa del barone Florindo Maria di Iorio di San Barbato, di origine campobassana, venne fondato dallo storico Michele di Iorio il sodalizio culturale Cenacolo Phoenix Napoli, un centro di studi rosicruciani. Qui fu ospitato il primo nucleo della donazione del Fondo e della Biblioteca Giustiniano Lebano. Nel 1994 il sodalizio culturale e latomistico fu trasferito a Napoli, sede definitiva del gruppo teosofico italiano regolare.
Nell’ambito di studi antecedenti, il 9 agosto 1978 era stata presentata una relazione storica sulla battaglia di Portici del 13 giugno 1799, a cura di Michele di Iorio, che in seguito venne approfondita e riproposta dall’autore all’inaugurazione del Centro studi storici, filosofici ed ermetici iniziatici di Napoli della ricercatrice Laura Miriello, quale documento prezioso della storia di Portici, dedicando lo scritto tutto all’amico e studioso Pietro Gargano.
Ecco una doverosa premessa storica dei fatti che portarono allo scontro dei giacobini con le truppe sanfediste del cardinale Fabrizio Ruffo.
Ferdinando IV di Borbone, intimorito dalle truppe francesi del generale Championnet in marcia vittoriosa da Roma verso Napoli, fuggì dal porto del Granatello per palermo, dove giunse con la Real famiglia e la corte il 22 dicembre 1798.
Dopo tre giorni di strenua difesa popolare, i francesi entrarono in Napoli il 23 gennaio 1799; due giorni dopo fu proclamata la Repubblica Napoletana.
L’amministrazione civile repubblicana il 14 febbraio si insediò in tutti i comuni dell’Italia meridionale; il 14 marzo la repubblica era dotata di un esercito raccogliticcio, ripartito in 8 legioni di linea, per un totale di 20mila soldati, tra cui la legione calabrese, forte di 5050 militari, la legione Schipani di 1800 uomini e la legione napoletana di 1000 uomini.
Già il 5 febbraio il governo borbonico inviò da Palermo a Pizzo Calabro il cardinale Fabrizio Ruffo; arrivatovi con soli in tre giorni raccolse intorno a sé 350 armigeri feudali dei principi Ruffo, 120 contadini armati e 42 guardie urbane di Reggio Calabria.
Iniziò così l’inarrestabile marcia dell’esercito della Santa Fede; primo scontro avvenne a Catanzaro, dove la guarnigione repubblicana si arrese senza combattere.
Intanto, 500 cacciatori ex regi e 200 lancieri di linea, della nuova legione calabrese repubblicana passarono all’esercito sandefista, insieme a 100 armigeri dei principi Ruffo.
In un mese Ruffo riconquistò la Calabria, anche con l’aiuto di 3mila militari della legione repubblicana che a Cosenza passarono sotto le bandiere monarchiche.
Una settimana dopo cadde anche la Basilicata grazie alla rivolta filomonarchica e la fuga di 700 cavalleggeri della legione calabrese repubblicana del generale Palomba a Salerno.
Ai a primi di aprile il cardinale riunì il suo esercito ad Ariano Irpino e Bovino in Puglia ricevendo un rinforzo di 400 soldati russi,150 granatieri borbonici dalla Sicilia e 143 soldati turchi.
Contemporaneamente erano insorte contro i giacobini le popolazioni dell’Abruzzo e Molise, mettendo sotto assedio a Pescara la legione repubblicana di Ettore Carafa e dell’alfiere ex regio Vito Nunziante.
Riunendo popolani, montanari e 200 soldati regi sbandati per un totale di 450 suoi armati Ruffo occupò la zona dell’agro salernitano fino a Pontecagnano; il 2 giugno entrò ad Avellino, spostandosi poi ad Avella.
Il 5 le avanguardie sanfediste arrivarono a Casalnuovo ; l’11 giugno la legione  repubblicana Wirz vennee sconfitta a Nola. Le campane della città suonarono a festa per l’ingresso  del cardinale Ruffo, mentre le sue avanguardie ottennero senza combattere la resa di un battaglione in fuga della legione Wirz a Somma Vesuviana
Invece il generale repubblicano Federici, ministro della Guerra, si arrese con 1000 soldati a Marigliano.
Il 12 giugno la III divisione sandefista da Salerno sbarcò in avanguardia a San Giovanni a Teduccio e occupò Resìna, l’attuale Ercolano, dietro la resa di una compagnia repubblicana, e il fortino del Granatello a Portici.
Di qui la compagnia di 500 dalmati di fanteria di linea ex regi fuggì verso Torre Annunziata al comando del maggiore Leone di Iorio di San Barbato, per ricongiungersi con la legione del generale Schipani attestata a Castellammare di Stabia.
Un giovane messo calabrese dal Maschio Angioino arrivò a nuoto dal generale Schipani il 12 pomeriggio con un messaggio segreto del governo che sollecitava  il suo intervento per rovesciare la situazione bellica a Portici.
Il 13 giugno a Portici era di stanza dal 18 marzo alla Reggia una compagnia di 80 guardie civiche ex soldati regi calabresi al comando del capitano Antonio Spinelli da Cariati; a questa si congiunse la legione del generale Schipani, forte di 1250 soldati, 3 maggiori, 16 capitani, 24 tenenti,17 alfieri.
A Portici, la batteria di cannoni a Pietrarsa con un cannone da 33 era stata riconquistata da insorgenti locali guidati dal capopolo Almeida, che avevano eretto barricate dal Ponte della Maddalena, mentre la banda di  Giorgio Punzo di San Giorgio a Cremano cercava di dar man forte ai ribelli filo monarchici di Barra, mentre l’avanguardia di Vito Nunziante con 450 calabresi sandefisti bloccava il Ponte di Casanova già dall’1 giugno .
L’avanguardia sandefista da San Giovanni a Teduccio marciava su Portici, il 12 giugno al comando del colonnello De Luca, forte di 3 cannoni da campagna e 3600 armati, di cui una parte era formata dagli uomini luogotenente generale Vincenzo Durante.
Le truppe lealiste occuparono senza combattere Resìna, Torre del Greco, la batteria di Pietrarsa e la Reggia di Portici. Intanto lo Schipani avanzava per la strada costiera.
Un’avanguardia sandefista di 3 compagnie di cacciatori calabresi al comando di Francesco Rapini di Reggio Calabria, si lanciò all’assalto del fortino di Vigliena, prima di scontrarsi con la legione dello Schipani, che fu respinta due volte; il bilancio fu di 200 tra feriti e morti, di cui 90 tra i repubblicani.
Fine prima parte