17 gennaio: la festa di Sant’Antonio Abate

santantonioabateSant’Antonio Abate era un ricco nobile egiziano nato a Coma di Eraclea nel 251. Convertitosi al cristianesimo, donò i suoi beni ai poveri e si fece eremita nel deserto di Tiberiade conducendo vita ascetica.
La ricorrenza della sua festa si celebra il 17 gennaio.
A Napoli è detta festa di Sant’Antuono per distinguerla da quella di Sant’Antonio di Padova. Per i partenopei rappresenta anche l’inizio del Carnevale, anche se non è assolutamente legato al Santo.
La ricorrenza coincide con un altro importante evento: nel 1308 52 Cavalieri Templari di Napoli, Capua, Maddaloni, Casalnuovo e del castello di Cicciano per sfuggire alla persecuzione innescata dall’avido sovrano di Francia, si riunirono in segreto a San Vitaliano e poi si diressero al castello di caccia dei marchesi Caracciolo di San Sebastiano al Vesuvio, nel casale di Volla per nascondersi.
Successivamente si costituirono a Roberto d’Angiò, che fece loro grazia della vita. I Cavalieri, saggi ed esperti medici e veterinari, entrarono nella regola dei monaci di Sant’Antonio Abate, come avevano già fatto molti loro altri Templari in Spagna e Catalogna.
Nel 1310 i cavalieri crociati costruirono grazie alle donazioni di re Roberto la piccola chiesa di Sant’Antonio Abate, all’attuale via Foria. Il loro ex Commendatore prese il nome di abate Antonio, barbuto veterinario con bastone di comando. La chiesa, che diede origine al borgo omonimo, col tempo divenne famosa per le cure che i monaci ex Templari dispensavano agli animali, in particolare i maiali, ma anche alle persone affette dall’herpes zoster, il cosiddetto fuoco di Sant’Antonio, l’infiammazione della cute di origine virale.
Ogni anno il 17 gennaio si radunavano davanti la chiesa i malati e gli allevatori di animali che venivano benedetti, battezzati e curati in nome di Cristo. Poi si accendevano fuochi per bruciare simbolicamente il male, il vecchio e ogni cosa andata a male, ma anche le streghe …
Nel 1700 gli animali agghindati sfilavano per via Foria e l’Albergo dei Poveri. Si allestiva una festa con banchetti e si sparavano tricche-tracche e fuochi d’artificio mettendoli sotto i falò, ‘e fucarune ‘e Sant’Antuono, in tutti i vicoli per la gioia di tutti, non solo ragazzi e scugnizzi.
La chiesa di Sant’Antonio Abate fu restaurata da Giovanna I e di ospedale proprio.
L’edificio sacro, ad unica navata, fu nuovamente restaurato nel 1447 da fra’ Bernardo Roberto e nel 1699 dal cardinale Cantelmo.
Nel 1769 lo stile gotico fu trasformato in barocco dal cardinale Antonio Sersale. I lavori furono eseguiti dall’archietto Tomaso Senese. Nel 1825 subì ulteriori restauri realizzati da fra’ Giovanni Della Porta.
La chiesa di via Foria venne ancora restaurata nel 1888 ed inaugurata alla presenza del popolarissimo sindaco Gennaro Sambiase Sanseverino, duca di San Donato, detto con simpatia Sindaco Pappone per la sua mole abbondante.
Facciata_chiesa_SantAntonioAbateNella chiesa, che vide un ultimo restauro dopo il 1943, ancora oggi continua la tradizione della cerimonia per gli animali del 17 gennaio e della distribuzione del pane benedetto e della figurina del Santo.
I monaci di Sant’Antonio Abate sono uno scrigno di antichi usi e scienza empirica dispensati nel nome del Signore. Tanti gli episodi ad essi legati. Ne citerò uno tratto da un giornale dell’epoca.
Il 17 gennaio del 1870 fra’ Cinque, priore della chiesa di Sant’Antonio Abate di Napoli, accompagnato dal popolo in festa e dagli animali, prelevò dal tesoro del Duomo la statua d’argento del Santo e si recò in chiesa al borgo tra bengala e mortaretti scoppiettanti, tra ali di banchetti colmi di ogni ben di Dio, soffritto, zuppa forte, salsicce e friarelli, vino di Gragnano  e gli immancabili  cipp’e Sant’Antuono.

 Michele Di Iorio